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User:Lupo rosso

From Anarchopedia
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SOLIDARIETA' PER I COMPAGNI ANARCHICI DI GRECIA

Lupo rosso

Bandiera degli Arditi del Popolo

''A NOI''!!

Manifesto che ricorda il ruolo degli anarchici partendo dagli Arditi del Popolo arrivando alla Resistenza ed oltre

..... girate girate per per le strade di Livorno, ma nei rioni non potete andare vi son gli Arditi che vi stanno attorno e gli Ardenzini vogliono vendicare ..... ( strofa della canzone del Fronte Unito Arditi del Popolo di Livorno dedicato agli squadristi fascisti )


MORTE AL FASCISMO ! MORTE ALLA MORTE ! MORTE AL DOLOR!

Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le case del popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d'Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi

Dichiarazione del compagno tenente Argo Secondari,pluridecotato prima guerra mondiale, all'assemblea degli Arditi del Popolo del 27 giugno 1921, riportata da «Umanità Nova», Roma, 29 giugno 1921

...Ben lontani dal patriottardo pescicanismo,fieri del nostro orgoglio di razza,consci che la nostra Patria e' ovunque siano popoli oppressi: Operai Masse Lavoratrici Arditi d'Italia A NOI! sintesi documento questura Roma 1922 fornito dal solito ed inevitabile spione)


per maggiori informazioni :


Lupo Rosso


sito personale



Emilio Lussu scriveva che gli .....ex combattenti erano tutti dei socialisti potenziali: avevano maturato una concezione internazionalista in trincea… Per capire la contraddittorietà, ma anche la sincerità di quelle tensioni ideali, pensa alle simpatie che la rivoluzione Russa riscuote tra molti legionari Fiumani!… Si tratta di una pagina di storia che poi è stata “accomodata” e nascosta, ma fa pensare… Perché per il fascismo era importante appropriarsi anche dell’esperienza Fiumana? E’ semplice: perché il fascismo non aveva la storia del partito socialista, non aveva dietro di sé la cultura cattolica del partito popolare, non aveva neppure le vecchie tradizioni risorgimentali dei liberali; si trattava di un movimento nuovo, che si muoveva solo nella logica della presa del potere, privo di solide radici ideologiche o simboliche, che cercava di “mettere il cappello” ad un’ampia fetta di popolazione in cui era percepibile un disagio istintivo… Il fascismo aveva, insomma, l’esigenza di appropriarsi di una “storia” altrui, non avendone una propria… da intervista di Ivan Tagiaferri autore di morte alla morte, libro, fra gli altri dell'autore, sulla storia degli Arditi del Popolo


intervista ad Abel Paz Cocciano – Frascati (Roma), 15 novembre 2006

Tu hai scritto che la società perfetta non esisterà mai. Cosa pensi dell’utopia? La perfezione è solo degli artisti [non son d'accordo NdR] , la realtà è tutt’altra cosa. L’unica legge reale che c’è al mondo è la dialettica. Non la dialettica marxista, la dialettica in sé! Perché due forze che si urtano generano un’eco, ma non potrai mai sapere se l’eco è causata dall’una o dall’altra forza, perché è data dalla loro interazione.


L’anarchia è utopia?

Sì. Perché se ci fosse uno Stato Anarchico, gli anarchici sarebbero contro questo stato, per creare una Società Anarchica. Ma se si arrivasse a una Società Anarchica, gli anarchici sarebbero contro questa società, per andare più avanti, più lontano

Perché essere utopici nel 2006, col mondo che va dalla parte opposta? Che senso ha essere anarchici ora?

Perché io sono sempre per lottare, la vita è lotta, se non lotti sei morto. Quindi bisogna andare sempre: più lontano, e più lontano negli ideali ci sono altri ideali. Pietro Gori diceva questo, e anche Errico Malatesta. Tutta la storia dell’anarchismo lo dice. Gli anarchici sono i poeti della storia e il sale della vita; se togli la poesia e il sale, hai ucciso la storia.

intervista ad Abel Paz Cocciano – Frascati (Roma), 15 novembre 2006 [[Immagine:Parma1922.JPG|thumb|right|250px|Una scultura che ricorda la sommossa antifascista di Parma 1922 guidata da Cieri e Picelli]]

Pagine con materiale da consultazione

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[[1]] ( Arditi del Popolo e BOZZE NUOVI SCRITTI)

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  • [[25]reduci_antifascisti_nella_legione_straniera]
  • [[26]partigiani_ed_antifascisti]


[[27]La_Ritirada_consultare_Pietro_Ramella] [[28]aspettisculturamichelangelo]

  • [[29]relazioni_mafia_fascismo_servizi_sulcaso_TRESCA_segreti]
  • [[30]caso_Tresca]

FRA LE DUE GUERRE MONDIALI

  • [[31]relazioni_mafia_fascismo_servizi_segreticaso_Mori]
  • [[32]partigiani_ed_antifascisti]
  • [[33]partigiani_ed_antifascistieziotaddei]
  • [[34]]
  • [[35]]
  • [[36]]
  • [[37]]
  • [[38]]
  • [[39]mafia_fascismo_agenti_americani_congresso_di_Palermo]
  • [[40]Brigate_Bruzzi_Malatesta]
  • [[41]]
  • [[42]informazioni_mandatemi_da_Pietro_Ramella]
  • [[43]antefatti_delle_foibe]
  • [[44]Resistenza_da_rimpinguare]
  • [[45]sulla_pieta'_Rondanini]
  • [[46]famiglie_di_antifascisti]
  • [[47]Gruppi_Anarchici_di_Azione_Proletaria]
  • [[48]LA_RESISTENZA_PRIMA_DELLA_RESISTENZA]
  • antefatti_delle_foibe

per bibliografie varie

da fare

Francesco Ginnasi il conte anarchico compagno di Errico Malatesta


Portella della Ginestra



Giovanni Mariga , vicecomandante presso la formazione Elio Wockievic , gli venne assegnata medaglia d'oro al VM , rifiutata per correttezza nei confronti dell'ideologia anarchica, nella Brigata Partigiana militava anche Belgrado Pedrini.DA FARE TUTTI


Riccardo Siliprandi miliaziano degli Arditi del Popolo


"Nel 61° anniversario della liberazione dal nazifascismo la F A I reggiana, la F.I.A.P. e l'A.N.P.I. di Reggio Emilia e l'archivio famiglia Berneri hanno voluto rendere omaggio a Riccardo Siliprandi detto Arié, bracciante, sindacalista, anarchico, assassinato da una squadraccia il 5 maggio del 1921, come ritorsione per le sua attività di resistenza alle violenze del fascismo agrario. Nella piazza di Luzzara, a poca distanza dal luogo dove cadde sotto i colpi dei sicari in camicia nera, una nutrita folla di antifascisti ha ricordato Siliprandi attraverso gli interventi di Luigi Rigazzi, segretario provinciale della F.I.A.P. di Reggio Emilia e di Massimo Franzoni della commissione di corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana. Particolare commozione ha poi suscitato la lettura dei versi dedicati al martire antifascista luzzarese dall'illustre concittadino Cesare Zavattini, "Ricordo di Riccardo Siliprandi


Antonio GramsciBIOGRAFIA SINTETICA


Giuseppe dI Vittoriofilm e miltanza negli Arditi del Popolo e il periodo anarchicoCON LO SGUARDO AL DI LA' DEL FRONTE



anarchici di Castelbolognese

Primo Bassi (1892-1972)

-Antonio Borghesi (1853-1936)

-Armando Borghi (1882-1968)

-Giovanni Capra (1865-1897)

-Arnaldo Cavallazzi (1878-1946)

-Raffaele Cavallazzi (1852-1934)

-Ribelle Cavallazzi (1885-1919)

-Pietro Costa (1900-1982)

-Giovanni Forbicini (1874-1955)

-Nello Garavini (1899-1985)

-Pietro Garavini (1869-1933)

-Giuseppe Guidi (1881-1931)

-Paolo Lama (1872-1949)

-Vincenzo Lama (1866-1961)

-Emma Neri Garavini (1897-1978)

-Antonio Raccagna (1868-1939)

-Giovanni Santandrea (1859-1926)

-Ernesto Luigi Tamburini (1883-?)

-Oreste Zanelli (1885-1944)

"le biografie sono tratte dal Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, voll. I e II; le foto,ove non specificato, sono tratte dai volumi "Castelbolognese nelle immagini del passato" e "Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945)", oppure provengono dall'Archivio Fotografico della Biblioteca Libertaria "A. Borghi"."

biografie uomini illustri di Castelblognese

Links utili



trovati da Utente:Ilaria


Massimo Ortalli

da fare articolo pure su questo [49][50]

articolo di Massimo Ortalli

[http://www.nonluoghi.info/old/berneri.html Camillo Berneri e Carlo Rosselli, vite parallele Contro il totalitarismo: i percorsi dell'anarchico e del liberalsocialista morti in Spagna nel '37]



Il 5 maggio moriva, nelle strade di Barcellona insorta, Camillo Berneri, "l'anarchico più espulso d'Europa", il combattente generoso che aveva dedicato la propria vita militante agli ideali della libertà contro ogni dittatura. Poco più di un mese dopo veniva ucciso a Bagnoles de l'Orne, assieme al fratello Nello, Carlo Rosselli, uno dei più lucidi interpreti di un socialismo liberale e umanitario, che aveva condiviso con l'amico Berneri i momenti più esaltanti della lotta, che finalmente sembrava vittoriosa, della ragione contro la barbarie, della libertà contro il fascismo. Il primo ucciso da un sogno che si era trasformato in incubo, personificato dai carnefici stalinisti che stavano facendo della rivoluzione spagnola la tomba definitiva del progetto libertario; il secondo eliminato dai sicari francesi del fascismo italiano, da un regime che a ragione temeva come nemico fra i nemici il pensiero di giustizia e libertà che animava il combattente antifascista.

Per ricordare questi interpreti del socialismo libertario italiano, e per comprendere appieno i rapporti che intercorsero tra l'anarchismo e il movimento di Giustizia e Libertà, si è tenuto un interessante convegno a Pisa il 3 febbraio scorso, organizzato dalla Biblioteca Franco Serantini con il patrocinio del Comitato Nazionale delle Celebrazioni del Centenario della nascita di Carlo e Nello Rosselli: Carlo Rosselli, Camillo Berneri, la Guerra di Spagna e l'anarchismo iberico. Nonostante l'assenza di Nico Berti (Rosselli e Berneri: due intellettuali contro i totalitarismi) e di Lauro Rossi (Aldo Garosci combattente e storico della guerra di Spagna), la giornata è stata ricca di spunti preziosi per approfondire le conoscenze su alcuni dei momenti più significativi della sinistra italiana del Novecento e per ripercorrere la fitta trama di incontri, contatti ed entusiasmi che videro anarchici e giellisti marciare spesso insieme sia nello smontare il monopolio dell'antifascismo dei partiti socialcomunisti, sia nella comune lotta contro la dittatura fascista e il sollevamento franchista in Spagna.

Dopo le brevi introduzioni di Nicola Terracciano e Carlo Ghirardato, Santi Fedele (Giellisti e anarchici prima della Guerra di Spagna) ha mostrato come la posizione degli anarchici fosse spesso altalenante: da una parte la condivisione degli strumenti di lotta e della spinta volontaristica dei giellisti, l'interesse di Fabbri per le prospettive autogestionarie e libertarie del movimento, il favore di Meschi - ma non di Damiani - per la nascita dei comitati locali rivoluzionari intesi come prodromi della futura organizzazione sociale, l'attenzione all'autonomismo, all'autogoverno popolare, al federalismo: agli elementi portanti, cioè, del progetto liberalsocialista di Rosselli; dall'altra parte la percezione della natura sostanzialmente "borghese" del liberalsocialismo, distante dalla matrice proletaria e materialistica dell'anarchismo italiano, tale da indurre lo stesso Berneri ad evidenziarne le posizioni sostanzialmente conservatrici in senso sociale. Comunque Giustizia e Libertà, che resterà sempre estranea alla Concentrazione antifascista nata a Parigi negli anni Trenta, sarà a lungo l'interlocutore privilegiato degli anarchici soprattutto sul piano dell'azione, e in particolar modo dopo l'uscita su <<Giustizia e Libertà>> dell'articolo di Rosselli Contro lo Stato, salutato da Berneri con grande interesse e favore.

Gianfranco Contu, nel ricordare la folta presenza di volontari sardi fra le brigate internazionali in Spagna (Giellisti e libertari sardi nella guerra civile), spesso ignorata da una storiografia "ufficiale" attenta solo alle ragioni della componente comunista, ha preso spunto dalla ricostruzione delle biografie di alcuni combattenti sardi, come Giacobbe e Martis, per mettere in rilievo il criminale operato poliziesco degli uomini della Ghepeu, operanti in Spagna e impegnati a soffocare ogni voce libera e non allineata sulle posizioni staliniste.

Giuseppe Galzerano (I rapporti tra Rosselli e Berneri: dall'amicizia al confronto politico), dopo aver messo in evidenza il comune e tragico destino dei due, ha illustrato soprattutto i tanti momenti, politici e umani, durante i quali si sono incrociate le loro esistenze, dalla comune formazione alla scuola di Salvemini ai frequenti scambi di idee e opinioni sui giornali dell'epoca, per ricostruire infine i loro ruoli, spesso sovrapposti, durante la breve vita della colonna Ascaso in Aragona. Toccanti il ricordo di come <<Giustizia e Libertà>> e <<Guerra di Classe>> commemorarono sulle rispettive pagine le due drammatiche morti e la ricostruzione della lettera inviata da Garosci a Giovanna Caleffi.

Nella seconda sessione, il primo intervento, come sempre ricco di interesse, è stato quello dello storico e militante della rivoluzione spagnola Abel Paz (L'anarchismo spagnolo e la rivoluzione del luglio 1936) che ha parlato della situazione politica e sociale spagnola alla vigilia della sollevazione franchista e nei primi mesi della rivoluzione. Di fronte al ruolo reazionario della chiesa e della casta militare, espressioni del più profondo oscurantismo, solo la spinta propulsiva degli anarcosindacalisti riuscirà a contrastare, anche grazie alla politica delle alleanze con altre forze proletarie come la UGT, il successo immediato dei golpisti. Senza tralasciare di illustrare le numerose problematiche sorte con la presa del "potere" da parte degli anarchici spagnoli, Paz ha ricordato il progetto di Berneri di concedere l'indipendenza al Marocco, per crearsi nuovi alleati fra le forze nazionaliste arabe. Questo avrebbe messo sicuramente alle corde l'esercito di Franco, ma l'opposizione a qualsiasi concessione agli arabi da parte del colonialismo francese, timoroso delle ripercussioni in Algeria, mandò a monte quella che forse sarebbe stata la mossa vincente della repubblica.

L'atmosfera esaltante che vede Berneri e gli anarchici italiani accorrere per primi da tutta Europa in difesa della rivoluzione spagnola è rivissuta nella bella ricostruzione di Gigi Di Lembo (La sezione italiana della colonna "Ascaso") sull'esperienza della Centuria Malatesta e dei suoi uomini. Berneri giunge in Spagna il 29 luglio, Rosselli, presto seguito da Angeloni, vi giunge ai primi di agosto e il loro lavoro si concretizza nella formazione della prima colonna internazionale. Al momento del suo scioglimento, ne avranno fatto parte circa 500 volontari e numerosi saranno stati i morti e i feriti. Molto note sono le vicende della Colonna, le battaglie combattute (Monte Pelato, Almudevar, Caracascal) e i numerosi episodi di eroismo. Meno noti i dissidi sorti frequentemente fra anarchici, giellisti e volontari di altra appartenenza: dalla necessità sentita da Rosselli di mantenere una certa autonomia dalla CNT ai contrasti sui comitati misti di arruolamento, che si volevano in grado di impedire l'infiltrazione stalinista nella colonna libertaria. Tali contrasti porteranno Rosselli a cedere il comando, ma l'impegno della lotta antifascista riuscirà sempre a impedire che le ragioni di parte potessero prevalere sul comune impegno rivoluzionario. Per gli anarchici è la prima collaborazione con altre forze, dal 1924, che parte da una posizione di preminenza, e questo impedirà che la natura libertaria del contingente venga stravolta. Rabitti, Marzocchi, Cieri, Serra, Bifolchi, Tommasini... sono alcuni dei nomi ricordati da Di Lembo, i nomi di prestigiosi e generosi militanti che seppero conservare una coerenza di comportamento anche nei momenti più difficili e confusi dell'esperienza spagnola, coerenza culminata nella concorde decisione di sciogliersi per evitare la militarizzazione.

A conclusione del convegno, Gianni Carrozza (Berneri e il fascismo) ha descritto l'impegno antifascista di Berneri come un percorso lineare contraddistinto da una rara lucidità di analisi accompagnata da una altrettanto lucida azione militante. Come per pochissimi altri esponenti dell'antifascismo e del fuoriuscitismo italiano, infatti, l'attività di Berneri è riuscita a esprimersi non solo attraverso una lunga serie di interventi intellettuali (ricostruiti dal relatore), capaci di prendere in esame tutti gli aspetti del fenomeno fascista tanto da un punto di vista culturale quanto sociale e politico, ma anche mediante una incessante opera di controinformazione e organizzazione cospirativa. I suoi testi sul fascismo, che ancora oggi sono quanto mai attuali e originali, costituiscono le necessarie premesse dell'intervento materiale contro le mene e le minacce del regime, ed è operando su questi differenti campi che Berneri ha interpretato nella maniera migliore il postulato anarchico che prevede la sintesi organica fra lavoro intellettuale e lavoro manuale.

I convegni "ufficiali" tenutisi in questi ultimi tempi hanno sostanzialmente ignorato, come ha detto Terracciano nella sua introduzione, gli stretti legami che contrassegnarono l'attività anarchica e giellista negli anni Trenta. Al tempo stesso le ambiguità del cosiddetto revisionismo storico, oggi tanto in auge, vanno contrastate, secondo le parole di Ghirardato, creando momenti di incontro nei quali sia possibile discutere sulla base delle fonti e non delle ideologie. Penso che questo convegno abbia positivamente risposto alle esigenze di entrambi.


autore Massimo Ortallistorico dell'anarchia e collaboratore di riviste anarchiche

Rosselli durante la rivoluzione spagnola

Nel 1936 vi e' il golpe fascista di Franco in Spagna , il governo repubblicano del Fronte Popolare risponde militarmente. Rosselli è subito al fianco delle forze antifasciste , son note le sue durissime critiche al non interventismo sul fronte antifascista dei francesi ed inglesi e nel frattempo i nazifascisti e aiutano con uomini e armi i golpisti. Nell'agosto vi e' la sua partecipazione militare , sul fronte di Aragona; tenta di costituire un battaglione (intitolato a Matteotti) e nel novembre parla da Radio Barcellona invita gli italiani alla lotta antifascista con il motto "Oggi in Spagna, domani in Italia"Il discorso di Rosselli su Associazione italiana partigiani d'Italia

Nella prima Brigata italiana che prenderà poi il nome “Colonna Italiana Rosselli” ci sono anche Umberto Marzocchi e Camillo Berneri; Umberto Marzocchi scrive un libro che parla della esperienza comune antifascista di anarchici e di militanti di Giustizia e Libertà, "Carlo Rosselli e gli anarchici".


"È con questa speranza segreta che siamo accorsi in Ispagna. Oggi qui, domani in Italia. Fratelli, compagni italiani, ascoltate. È un volontario italiano che vi parla dalla Radio di Barcellona. Non prestate fede alle notizie bugiarde della stampa fascista, che dipinge i rivoluzionari spagnuoli come orde di pazzi sanguinari alla vigilia della sconfitta."






Libri scritti da Carlo Rosselli

  • Oggi in Spagna, domani in Italia, prefazione di Gaetano Salvemini, Edizioni di «Giustizia e libertà», Parigi, 1938; seconda edizione , introduzione di Aldo Garosci, Einaudi, Torino, 1967.
  • Scritti politici e autobiografici, prefazione Gaetano Salvemini, Polis editrice, Napoli, 1944; seconda edizione a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Vincenzo Caciulli, Lacaita, Manduria 1992.
  • Socialismo liberale , 1973 , Einaudi


  • «Il Quarto Stato» di Pietro Nenni e Carlo Rosselli, a cura di Domenico Zucàro, SugarCo , Milano, 1977.
  • Epistolario familiare.(1914-1937), introduzione Leo Valiani, prefazione di Zeffiro Ciuffoletti, SugarCo , Milano, 1979.
  • Socialismo liberale, a cura di John Rosselli, introduzione Norberto Bobbio , Einaudi, Torino, 1979.
  • Socialismo liberale, a cura di John Rosselli, introduzione e commento di Norberto Bobbio, «Attualità del socialismo liberale» e «Tradizione ed eredità del liberalsocialismo», seconda edizione Einaudi Tascabili. Saggi, 1997, pp. 164.
  • Scritti dell'esilio I. «Giustizia e libertà» e la concentrazione antifascista (1929-1934), a cura di Costanzo Casucci, Einaudi, Torino, 1988, («Opere scelte di Carlo Rosselli», volume secondo), è riportata cronologia della vita e una bibliografia di Carlo Rosselli dal 1929 al 1934).
  • Scritti politici, a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Paolo Bagnoli, Guida, Napoli, 1988,[51]una grossa anteprima del libri consultabile in rete
  • Scritti dell'esilio II. Dallo scioglimento della concentrazione antifascista alla guerra di Spagna (1934-1937), a cura di Costanzo Casucci, Einaudi, Torino, 1992, è riportata cronologia della vita e una bibliografia di Carlo Rosselli dal 1934 al 1937).
  • Liberalismo socialista e socialismo liberale, a cura di Nicola Terraciano, Galzerano Editore, Casalvelino Scalo (Salerno), 1992.
  • Carlo e Nello Rosselli, Giustizia e libertà, a cura di Giuliana Limiti e Mario di Napoli, prefazione di Pietro Larizza, Roma, 1993, con la tesi di laurea di Carlo Rosselli sul «sindacalismo» (Firenze, 1921).
  • Liberalsocialism, edited by Nadia Urbinati, translated by Williams McCuaig, Princenton University Press , Princenton, 1994, introduzione di Nadia Urbinati.

Appunti per Piero Gobetti

<<[ Camillo Berneri NdR ]Di seguito pubblico una sua lettera a Piero Gobetti, che dimostra quanto labili siano in realtà le barriere tra i pochi che, nel nome della libertà, si oppongono al potere oppressivo dello stato.>>

  • Camillo Berneri: Un Gran Libertario.di Domenico Letizia
  • Camillo Berneri un anarchico tra Antonio Gramsci e Piero Gobetti
  • La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, di P. Gobetti, Einaudi, 1994
  • La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, di P. Gobetti, Newton & Compton, 1998
  • L'intellettuale come eroe. Gobetti e le culture del Novecento, di M. Gervasoni, La Nuova Italia, 1998
  • Gobetti, un'idea dell'Italia, di G. Spadolini, Longanesi, 1993
  • Piero Gobetti. Biografia per immagini, di C. Pianciola, Gribaudo, 2001



<<conosciute per lo studio dei rapporti fra Berneri e Gobetti (piuttosto scarne e che in realtà nulla ci dicono sulle relazioni per- sonali eventualmente esistite fra i due: co- noscenza diretta, frequentazioni, eccetera), la relazione affronterà il tema principalmen-te alla luce delle assonanze (veramente im- pressionanti) fra le loro posizioni politico- culturali. Pur muovendosi l’uno nel campo liberale e l’altro in campo anarchico (come maestri: Croce per uno, Malatesta per l’al- tro!), Gobetti e Berneri parlano linguaggi per molti versi simili (è noto, d’altra parte,che Berneri nel 1923 definì su «La Rivolu- zione Liberale» gli anarchici come «i libe- rali del socialismo»...). Su molti aspetti della battaglia politica e culturale del primo dopoguerra, i due lascia- no trasparire assonanze comuni: un comune debito verso la lezione salveminiana, un at- teggiamento in larga parte simile verso la Russia sovietica, una sorprendente apertura tattica in occasione della crisi aventiniana, ma soprattutto una ricerca per molti aspetti analoga di una coniugazione politica fra i principi del liberismo individualista e le ra- gioni della moderna lotta di classe e del mo- vimento dei lavoratori. È su quest’ultimo terreno, in particolare, che si sviluppa la parte più feconda della ricerca e della rifles- sione dei due; ed è su questo terreno che ambedue sembrano in effetti degli «eretici» nei rispettivi campi di appartenenza: Gobetti, liberale, che esalta il movimento operaio come base di una nuova classe dirigente, e Berneri, anarchico, che riprende(sempre su «Rivoluzione liberale») proposte schiettamente laburiste di organizzazione del movimento dei lavoratori (e non a caso, quindi, finirà anni dopo, quando Gobetti sarà già morto, per aderire alla formazione di Giustizia e Libertà, discutendo criticamente con l’ideologo del socialismo liberale, Carlo Rosselli). Attraverso questa chiave di lettura specifica è possibile pertanto definire Berneri e Gobetti come due figure che, nei rispettivi campi politici, intuirono alcune linee di fon- do dello sviluppo in atto nella società capi- talistica, (ambedue, per esempio, furono molto attenti alle tematiche fordiste) e ne colsero le profonde implicazioni rivoluzio- narie sul terreno delle culture politiche: in altre parole, due intelligenze che (pur senza liberarsi completamente – sia chiaro – da scorie ideologiche ed elitarie) si resero con- to di come lo sviluppo capitalistico in senso industrialista fosse destinato a sconvolgere non solo gli assetti delle classi e dei gruppi sociali, ma anche le tradizionali definizioni della scienza politica. Da qui la loro «ere- sia», che è dunque proprio l’elemento che ne fa ancora oggi due personaggi tanto affa- scinanti e stimolanti.>>da Camillo Berneri un anarchico tra Antonio Gramsci e Piero Gobetti

Da fare indubbiamente

Antonio Gramsci Vita e opere di Antonio Gramsci



<<Anche per questo, ai primi del maggio 1937, da Radio Barcellona Berneri rendeva omaggio alla figura, intellettuale e militante, di Antonio Gramsci, da poco scomparso>> da Camillo Berneri un anarchico tra Antonio Gramsci e Piero Gobetti



<<Con questi articoli, apparsi nel n. 145 del 30 maggio 1937, Prometeo accomuna e unisce Antonio Gramsci e Camillo Berneri (morti tra l'aprile e il maggio di quell'anno) nella commemorazione. Il primo articolo, nella prima pagina del giornale, è di presentazione dei due caduti; a pagina 2 invece, sotto il titolo comune di «il martirilogio proletario» [senza essere pignoli la dizione esatta dovrebbe essere «martirologio»:l'ortografia non era il forte dei compagni della Frazione] , c'è un articolo su Antonio Gramsci e uno su Camillo Berneri; qui abbiamo riprodotto solo il primo ( ci promettiamo di ritornare su Berneri in altra occasione).>>Archivio sulla sinistra Antonio Gramsci - Camillo Berneri (Prometeo n. 145, maggio 1937) Prometeo, giornale della Frazione Italiana della Sinistra Comunista

Travaglio

La proposta di cancellazione c'era da oltre un mese..comunque se vuoi puoi ripristinarlo e modificarlo e anarchizzarlo. Secondo me dal punto di vista anarchico non si può che criticarlo..l'antiberlusconismo non basta--Nessuno 09:12, 10 mar 2010 (UTC)

Campi concentramento

Ok, se ci vuoi lavorare ti do una mano per quel che posso, ma l'essenza di tutto alla fin fine sono le tabelle che spiegano tutto...--Nessuno 10:21, 17 mar 2010 (UTC)

Categoria:Utenti

Anarcobolscevico

visto che cosi' mi son definito guardo un pochino di spiegare meglio:


per quanto riguarda le questioni italiane riporto un brano tratto dal piccolo di Trieste <<

«Me ne frego» era il motto dei legionari, «Eia, eia alalà» il saluto: per alcuni storici si trattò del laboratorio che collaudò il successivo regime fascista in Italia, per altri fu una sorta di repubblica anarco-bolscevica. La Reggenza italiana del Carnaro, fu di certo il primo Stato al mondo a riconoscere l’Unione sovietica. Fatto sta che tra il 1922 e il 1925 i legionari saranno oggetto delle rappresaglie poliziesche del governo mussoliniano subendo pestaggi, perquisizioni, arresti.

>> Fiume tra nostalgie triestine e la voglia d’Europa tralasciando il D'Annunzio che visto il suo edonismo qualunque cosa gli sarebbe stata gradita mettere in luce ma fermo restando che fra Mussolini e D'Annunzio non corse mai buon sangue anzi il contrario.Comunque una frase del D'annunzio era trasformare il cardo bolscevico in rosa d'Italia


riporto alcuni articoli della Carta del Carnaro Template:quote

<<Art. 2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta, che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali. Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra, per quanto è possibile, i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica convivenza degli elementi che la compongono.>>

<<Art. 5 - La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o d'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere.>>

La Carta ha contenuti riferibili all'interventismo di sinistra, che a Fiume trovava espressione in una frangia di futuristi di sinistra che avevano come organo ufficiale il giornale Testa di ferro. Il suo direttore, Mario Carli, era infatti filobolscevico, come filobolscevica e libertaria era una parte della legione fiumana.

Victor_Serge

Victor_Serge e la Rivolta di Kronstadt da vagliare <<Se la dittatura bolscevica fosse caduta, a breve scadenza ci sarebbe stato il caos, e attraverso il caos, la pressione contadina, il massacro dei comunisti, il ritorno degli emigrati e infine un'altra dittatura antiproletaria>> dalle memorie di Victor SergeKronstadt: una tragica necessità prometeo5 Gli anarchici e l’esperienza della Rivoluzione Russa

In Memorie di un rivoluzionario Serge denuncia chiaramente la repressione sanguinaria di Kronstadt e non dice affatto queste cose. Credo di avrne riportato stralci o comunque riferimenti nell'articolo su Kronstadt.--Nessuno 09:30, 5 lug 2010 (UTC)

[l'unico sistema e' controllare su tutto Memorie di un rivoluzionario quelli che ho citati a parte esser d'accordo o meno dal punto di vista politico sono antistalinisti d'acciaio enon usi a reccontar frottole a loro uso e consumo controlla un po' su libro citato se lo hai a disposizione a parte il fatto che personalmente condannando la repressione di Kronsdat perche' antecedentemente non fu fatto nulla per evitare simile situazioennson comunque d'accordo con quanto attribuito a Serge comunque lo rigiri Kronstadt e' un fattaccio che in qualunque modo non averebbe portato niente di buono che poi Serge denunci una repressione fuori misura non e' assoluamente in contrasto con quanto a lui attribuito:c'e' modo e modo di impedire una rivolta compreso quello di impedire che si arrivi a tale situazione]--Lupo rosso 17:13, 5 lug 2010 (UTC)

«Viene spesso detto che 'il germe dello Stalinismo era presente nel Bolscevismo fin dal suo iniziò. Io non ho obiezioni. Solo aggiungo che il Bolscevismo conteneva anche molti altri germi, e coloro che vissero gli entusiasmi dei primi anni della prima vittoriosa rivoluzione socialista dovrebbero non dimenticarlo. Giudicare l'uomo vivo dai germi che l'autopsia rivela sul suo corpo morto - e che egli poteva portare con se' dalla nascita - è questo sensato?» (da Lenin a Stalin. 1917-1937: Cronaca di una rivoluzione tradita).
Che Serge abbia detto: <Se la dittatura bolscevica fosse caduta, a breve scadenza ci sarebbe stato il caos, e attraverso il caos, la pressione contadina, il massacro dei comunisti, il ritorno degli emigrati e infine un'altra dittatura antiproletaria>> è praticamente certo, ma non che abbia avallato la repressione di Kronstadt. In Memorie di un rivoluzionario (straordianrio libro!!!!!) critica duramente non solo la repressione di Kronstadt ma anche tutte le altre forme di repressione: anarchici, menscevichi, religiosi, ecc., anche se rimaneva in lui fermo il punto che la rivoluzione bolscevica non si dovesse fermare--Nessuno 07:56, 6 lug 2010 (UTC)


@@@@@meglio cosi' mi sarebbe seccato che fosse un falso per scopo politico poi il discorso non e' contradditorio anzi dimostra la severita' di analisi di Serge--Lupo rosso 12:13, 6 lug 2010 (UTC)anche se rimaneva in lui fermo il punto che la rivoluzione bolscevica non si dovesse fermare il punto e' che in ogni rivoluzione le repressioni fanno parte della dinamica intrinseca e sono inevitabili ed in cio' anche gli anarchici in Spagna non si tirarono indietro vedi le reprimenda che fa Buenaventura Durruti con chi aveva la mano un po' troppo pesante con gli uomini di chiesa il punto e' come applicare le neccessarie repressioni in quale quantitativo e contro chi:nessuno deve pensarsi possesseore dell'unico VERBO e quindi procedere senza ripensamenti e vagli accurati che pero' solitamente il momento rivoluzionario che e' ovviamente concitato non permette--Lupo rosso 14:52, 6 lug 2010 (UTC)

pezzo da cancellare una volta letto e criticato direttamente qui

Materiale inedito dagli archivi sovietici conferma la correttezza della posizione dei bolscevichi Kronstadt: Trotskij aveva ragione! di A. Kramer

Per molti anni la stampa capitalista, eruditi professori e analisti borghesi hanno parlato dei “segreti negli archivi sovietici”. Si speculava molto dei “terribili segreti del regime comunista” che alla fine avrebbero confermato il “carattere maligno” del comunismo.

Dopo gli eventi degli ultimi anni ottanta e primi anni novanta, gli storici finalmente hanno potuto accedere agli archivi sovietici. Ci si aspetterebbe un flusso ininterrotto di fatti terribili. In realtà i risultati per gli storici borghesi sono stati veramente deludenti. Ovviamente hanno trovato un gran numero di prove che confermano i terribili crimini dello stalinismo. Ma noi non abbiamo mai avuto dubbi su questo. Trotskij e i suoi sostenitori condannarono questi crimini molto prima che qualsiasi archivio fosse accessibile. I sostenitori di Trotskij nell’Unione Sovietica negli anni venti e trenta si sono fatto esperienza personalmente di quei crimini poiché furono i primi a pagare le conseguenze della degenerazione stalinista. Migliaia di loro morirono per mano degli scagnozzi di Stalin.

Quello che gli storici borghesi speravano di trovare era una quantità di prove che essi potevano usare per dimostrare che non c’era differenza tra lo stalinismo e il regime sano di Lenin e Trotskij nel primo periodo dopo la rivoluzione. Ma hanno incontrato seri problemi nel rintracciare documenti che potessero essere usati per screditare i leader della rivoluzione russa, Lenin e Trotskij. La cosa più difficile da trovare prima erano i documenti riguardanti i leaders dell’opposizione di sinistra. Ora è chiaro a qualsiasi storico il perché. Gli archivi mostrano che questi leaders ebbero un ruolo fondamentale nella rivoluzione russa e nell’instaurazione dello stato sovietico. Durante gli ultimi dieci anni sono state pubblicate parecchie interessanti notizie sui momenti critici della rivoluzione russa. Tra questi ci sono due libri che parlano dei più tragici atti della rivoluzione russa: la cosiddetta rivolta di Kronstadt.

Non è necessario descrivere ora tutti i dettagli di questo avvenimento conosciuto ai più. All’inizio di marzo del 1921, in uno dei periodi più critici dell’esistenza della repubblica sovietica, nella base navale di Kronstadt, vicino Pietrogrado, ci fu un tentativo di golpe militare ai danni del governo sovietico. Il momento critico che l’Unione Sovietica stava attraversando in quel momento obbligò Lenin e Trotskij a risolvere tempestivamente la questione. Dopo aver rifiutato l’ultimatum del governo alla capitolazione, Kronstadt fu invasa e catturata in un secondo attacco. I leaders ribelli fuggirono in Finlandia.

Alla fine degli anni trenta un gruppo di ex trotskisti, incluso Victor Serge, Max Eastman, Souvarine e qualche altro, attaccarono Trotskij per il suo comportamento durante la ribellione. (Ciò facendo Serge contraddisse il suo stesso punto di vista espresso durante la ribellione). Descrissero gli eventi di Kronstadt come la ribellione dei lavoratori e dei marinai contro la “dittatura bolscevica”, e videro l’annientamento dei ribelli come il primo passo verso lo stalinismo. Da allora, questa critica fu ripresa da altri ideologi e propagandisti anticomunisti. Trotskij rispose a queste persone nel suo articolo “Grido d’allarme su Kronstadt” dove analizzò la natura piccolo-borghese del golpe.

Non c’è bisogno di ripetere le ragioni di Trotskij, ognuno (che conosca l’inglese) può leggere l’articolo. Quel che io voglio fare qui è mettere in risalto alcune delle nuove informazioni pubblicate in questi recenti documenti, una vera e propria raccolta di materiale su Kronstadt.

Il primo libro è stato pubblicato con uno strano titolo: “Trotskij sconosciuto: il Bonaparte rosso”. Questo cerca di descrivere Trotskij durante la guerra civile russa. Il secondo libro: “Kronstadt 1921” è una raccolta di documenti sulla rivolta di Kronstadt. È importante far notare che nessuno dei due libri è stato scritto da un simpatizzante bolscevico. L’immagine popolare che i critici antibolscevichi cercano di dipingere è che c’era simpatia verso i ribelli da parte dell’Armata Rossa. Sono state fatte molte speculazioni sul fatto che molti soldati rifiutarono di prender parte all’attacco per ragioni politiche e ci sono anche voci di diserzioni avvenute tra i soldati con molti di questi che passarono tra le fila dei ribelli. Questo è tuttavia un mito. Quel che veramente successe era molto diverso. Ci fu un solo caso in cui una unità passò dalla parte di coloro che difendevano Kronstadt. Questo durante il primo attacco che fu senza successo.Fu un battaglione della 561° Reggimento dell’Armata Rossa. Questo reggimento era stato formato raccogliendo ex prigionieri delle guardie bianche di Wrangel e Denikin e dell’anarchico Machno. È ben noto che durante la guerra civile in Russia alcune compagnie di origine contadina cambiavano spesso parte della barricata come conseguenza delle sconfitte militari.

Anche un battaglione della 236° reggimento di fanteria che si rifiutò di andare all’attacco. La loro posizione era: “Noi non andremo sul ghiaccio”, “torneremo ai nostri villaggi”. Queste compagnie contadine erano terrorizzate dall’idea di dover attaccare sul ghiaccio questa grandiosa fortezza difesa da navi da guerra. Ci sono pervenuti altri rapporti riguardo al rifiuto di eseguire ordini da parte di diverse compagnie, ma in tutti questi casi le cause erano in realtà la scarsa qualità di cibo e vestiti, la cattiva qualità dell’equipaggiamento mimetico. Non furono date ragioni politiche. Questo è facilmente comprensibile se ricordiamo come il regime sovietico ereditò una economia di vecchio stampo, e soprattutto, sia stato obbligato ad utilizzare le sue scarse risorse per difendersi dagli attacchi delle guardie bianche appoggiate dagli imperialisti che cercavano di schiacciare la rivoluzione.

Anche la situazione all’interno di Kronstadt è diversa dal mito. Non c’era una massa convinta di soldati che appoggiavano fermamente la ribellione. Perfino gli storici borghesi come Krasnov ha dovuto riconoscere questo. Dentro Kronstadt c’erano scontri tra i vecchi marinai rivoluzionari e le nuove reclute che venivano dalla campagna e dalle famiglie piccolo borghesi. Ciò può essere confermato dal fatto che alcune navi dichiararono la loro neutralità, mentre altre si mossero contro i ribelli. Vale la pena citare alcune delle frasi dell’equipaggio di diverse navi, tra cui i cacciamine “Ura”, “Orfei”, e “Pobeditel”: “Gli uomini della guardie bianche che guidano i ribelli possono fare molti danni alla repubblica, e potrebbero non avere esitazioni nel bombardare Pietrogrado”.

La stessa situazione si trova dietro le linee di battaglia dei ribelli. Da un rapporto di intelligence della 7° armata apprendiamo che parecchi marinai ribelli e soldati volevano passare dalla parte dei bolscevichi, ma avevano paura dei loro comandanti.

Comunque, il colpo finale alla mitologia antibolscevica costruita attorno a Kronstadt deve ancora arrivare. Secondo documenti pubblicati in questi due nuovi libri emergono nuovi fatti su quel che successe nella città intorno Kronstadt. Durante l’attacco, i lavoratori della città si mossero contro i ribelli e liberarono la città anche prima che le forza principali dell’armata rossa arrivassero. Quindi in realtà quel che successe non fu una ribellione dei lavoratori e dei marinai contro il bolscevismo, ma un’insurrezione dei lavoratori e dei marinai contro i “ribelli”!

Nei proclami dei marinai di Kronstadt vediamo le parole che si riferiscono “agli uomini delle guardie bianche che stanno guidando i ribelli”. Queste non sono mere parole. Il vero comando dei ribelli era concentrato non nel soviet di Kronstadt, come qualche ingenuo potrebbe pensare, ma nel cosiddetto “Consiglio per la difesa della fortezza di Kronstadt”. Uno dei suoi leaders era l’ammiraglio S.H.Dmitriev (che fu ucciso per esecuzione dopo la caduta della fortezza), l’altro era il generale A.H. Koslowsky, che scappò in Finlandia. Entrambi questi alti ufficiali erano molto lontani dall’avere una qualche simpatia per il socialismo “con i bolscevichi” o “senza bolscevichi”.

Si parla molto anche di S.M.Petrechenko, il marinaio e leader anti-bolscevico. Quel che è davvero interessante notare è che nel 1927 quest’uomo fu assunto dalla GPU di Stalin e fu uno dei suoi agenti fino al 1944 quando fu arrestato dalle autorità della Finlandia. L’anno dopo morì in un campo di concentramento finlandese.

Quindi, la vera storia è che i lavoratori e i marinai di Kronstadt capirono realmente la vera natura di questi ribelli molto meglio di qualunque intellettuale che ha cercato in seguito di costruire il mito di Kronstadt. Lo stesso può essere detto delle forze controrivoluzionarie che operavano a Kronstadt. L’ex primo ministro zarista e ministro delle finanze e, una volta emigrato, direttore della Banca di Russia a Parigi, Kokovzev, trasferì 225000 franchi ai ribelli di Kronstadt. La banca russoasiatica trasferì 200000 franchi. Il primo ministro francese, Briand, durante l’incontro con l’ex ambasciatore del governo Kerendsky, Malachov, promise “qualunque aiuto che fosse necessario a Kronstadt”.

Come spiegò Trotskij, la cosiddetta ribellione di Kronstadt non fu il primo movimento anti bolscevico piccolo borghese che avvenne durante la guerra civile e la rivoluzione. C’erano molti altri movimenti che portavano la gente a declamare slogan come “Soviet senza bolscevichi”, ecc. Di questi movimenti ce ne erano in certe fabbriche negli Urali e tra i cosacchi. Ma da queste esperienze possiamo chiaramente vedere che in queste condizioni di guerra di classe dove non è possibile alcun compromesso questo tipo di slogan porta direttamente nel campo della reazione medievale e nella barbarie. Non può esistere una rivoluzione senza un partito rivoluzionario. Ancora, i comuni lavoratori e soldati russi del tempo capirono questo molto bene. Lo capirono molto meglio di alcune persone di oggi, tra cui anche qualche esponente della sinistra.

Il fatto è che molti membri degli anarchici, menscevichi, socialisti rivoluzionari ed altri partiti che parteciparono ai Soviet con i bolscevichi, ma non senza di loro. C’era una grossa differenza tra la base di questi partiti e i loro dirigenti che erano di sentimenti antibolscevichi. Nei primi anni venti le autorità locali dei Soviet in alcune aree ebree dell’Ucraina furono arruolati tutti tra i membri del Bund. Molti anarchici presero parte alla rivoluzione e alla guerra civile dalla parte dei bolscevichi contro la reazione dei Bianchi. Inoltre cooperarono col nuovo potere fino alla nascita dello stalinismo. Oggi, quei coraggiosi sono considerate dai moderni anarchici dei traditori. Certa gente non impara mai!

Non abbiamo nulla da temere dalla pubblicazione di altro materiale degli archivi sovietici. Speriamo che nei prossimi anni siano trovati documenti che parlano delle lotte gloriose del proletariato russo. Ci daranno sicuramente ulteriori informazioni sulle tradizioni rivoluzionarie dei lavoratori russi.

Dicembre 2003 Appendice: Ted Grant su Kronstadt

Prima che molto del materiale degli Archivi Sovietici fosse accessibile, Ted Grant pubblicò il suo libro “Russia dalla rivoluzione alla controrivoluzione” (1997) Quello che scrisse su Kronstadt è confermato da quello che A. Kramer scrive nel suo articolo: Citiamo dalla prima parte del libro, (pagine 83-85).

Quando si ammutinò la guarnigione navale di Kronstadt la situazione diventò gravissima. Molte falsificazioni sono state scritte su questo episodio, che è stato praticamente trasformato in una leggenda. Lo scopo, come sempre, è screditare Lenin e Trotskij e dimostrare che bolscevismo e stalinismo sono la stessa cosa. È interessante notare che il clamore per Kronstadt unisce gli avversari borghesi e socialdemocratici agli anarchici ed agli estremisti, ma queste accuse non hanno niente a che vedere con la verità.

La prima menzogna è quella di identificare gli ammutinati di Kronstadt del 1921 con gli eroici marinai rossi del 1917. Non avevano nulla in comune. Nel 1917 i marinai di Kronstadt erano operai e bolscevichi. Giocarono un ruolo vitale nella Rivoluzione d’Ottobre, insieme agli operai della vicina Pietrogrado. Ma nella guerra civile quasi tutti i marinai di Kronstadt partirono per combattere come volontari nell’Armata Rossa.

Furono disseminati nei diversi fronti, dai quali la maggior parte non tornò più. La guarnigione di Kronstadt nel 1921 era composta invece per la maggior parte di reclute contadine inesperte provenienti dalla Flotta del Mar Nero. Basta uno sguardo ai cognomi degli ammutinati per vedere che erano quasi tutti ucraini, a differenza di prima.

Un’altra menzogna riguarda il ruolo di Trotskij nei fatti di Kronstadt. Per la verità egli non ebbe un ruolo diretto, sebbene in quanto Commissario della Guerra e membro del governo sovietico accettasse pienamente la responsabilità politica di questa e di tutte le altre azioni del governo. La presa della fortezza da parte degli ammutinati mise lo Stato sovietico in estremo pericolo, essendosi appena conclusa una guerra civile sanguinosa. È vero che le trattative con la guarnigione furono gestite in modo maldestro dalla delegazione bolscevica capeggiata da Kalinin, che infiammò una situazione già grave, ma una volta che gli insorti si furono impossessati della base navale più importante della Russia, non c’era margine per un compromesso.

Il timore principale era che la Gran Bretagna e la Francia mandassero le loro flotte ad occupare Kronstadt, utilizzando l’ammutinamento come pretesto. Questo avrebbe messo Pietrogrado alla loro mercé, dato che chi avesse comandato a Kronstadt avrebbe controllato anche Pietrogrado. L’unico esito possibile era la controrivoluzione capitalista. Che ci fossero elementi controrivoluzionari era dimostrato dallo slogan “Soviet senza bolscevichi”. Ai bolscevichi rimase una sola opzione: riprendere la fortezza con la forza. Questi avvenimenti si verificarono durante il X Congresso del Partito, che sospese i suoi lavori per consentire ai delegati di partecipare all’attacco. Va notato che all’attacco si unirono anche i membri dell’Opposizione Operaia, una tendenza semi anarcosindacalista presente al congresso. Questo smaschera ancora un’altra bugia, quella che tenta di stabilire una qualche identità fra Kronstadt, l’anarchismo e l’Opposizione Operaia, tre cose che non hanno assolutamente nulla in comune.

Victor Serge, che aveva molte simpatie per l’anarchismo, si opponeva implacabilmente agli ammutinati di Kronstadt, come dimostra questo passaggio:

   La controrivoluzione popolare tradusse la richiesta di soviet liberamente eletti in una di “soviet senza i comunisti”. Se fosse caduta la dittatura bolscevica, sarebbe bastato un nulla per arrivare al caos e, attraverso il caos, ad un’insurrezione contadina, al massacro dei comunisti, al ritorno della borghesia riparata all’estero e, infine, per la forza degli avvenimenti, ad un’altra dittatura, questa volta antiproletaria. Dispacci da Stoccolma e Tallin testimoniavano che gli emigrati avevano in mente proprio questa prospettiva; dispacci che, a proposito, rafforzarono la determinazione dei dirigenti bolscevichi di sottomettere Kronstadt rapidamente ed a qualunque costo. Non ragionavamo in astratto; sapevamo che solo nella Russia europea c’erano almeno cinquanta centri di insurrezione contadina. A sud di Mosca, nella regione di Tambov, l’insegnante socialrivoluzionario di destra Antonov, che proclamava l’abolizione del sistema sovietico e il ripristino dell’Assemblea Costituente, comandava un esercito contadino ottimamente organizzato, che contava diverse decine di migliaia di soldati. Egli aveva condotto trattative coi Bianchi (Tuchacevskij sconfisse questa Vandea intorno alla metà del 1921). (V. Serge, Memoirs of a Revolutionary, 1901-1941, pagg. 128-9)

Su questo argomento puoi leggere anche:

  • Russia: dalla rivoluzione alla controrivoluzione di Ted Grant (1997)
  • Storia del Bolscevismo: traduzione della prima parte (1881-1904)di Alan Woods


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