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'''Un processo lento, che in Italia si è sviluppato per tappe e acquisizioni a partire dal riconoscimento dello status quo feudale nel sud da parte della monarchia sabauda in cambio della propria legittimazione. La mafia, dalle trattative per preparare lo sbarco alleato in Sicilia  al sistema di scambio voto-favore dell'epoca democristiana, ha in seguito rappresentato un costante interlocutore per la repubblica. In tale contesto, il ruolo della capitale morale settentrionale è andato focalizzandosi sulla controparte legale, il riciclaggio di denaro. Equilibrio che si è tuttavia definitivamente infranto a cavallo degli anni '80, con lo scoppio di una sanguinosa guerra intestina. Conflitto che, con un bilancio assimilabile a una guerra civile, ha portato al prevalere dei clan più arretrati e feroci, i corleonesi, e a una tardiva reazione istituzionale.'''
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: ''Un processo lento, che in Italia si è sviluppato per tappe e acquisizioni a partire dal riconoscimento dello status quo feudale nel sud da parte della monarchia sabauda in cambio della propria legittimazione. La mafia, dalle trattative per preparare lo sbarco alleato in Sicilia  al sistema di scambio voto-favore dell'epoca democristiana, ha in seguito rappresentato un costante interlocutore per la repubblica. In tale contesto, il ruolo della capitale morale settentrionale è andato focalizzandosi sulla controparte legale, il riciclaggio di denaro. Equilibrio che si è tuttavia definitivamente infranto a cavallo degli anni '80, con lo scoppio di una sanguinosa guerra intestina. Conflitto che, con un bilancio assimilabile a una guerra civile, ha portato al prevalere dei clan più arretrati e feroci, i corleonesi, e a una tardiva reazione istituzionale.''([http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/255/23.htm  ''Antistato totalitario e antistato mafioso''di Massimo Annibale Rossi])
[http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/255/23.htm  ''Antistato totalitario e antistato mafioso''di Massimo Annibale Rossi]
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== Premessa ==
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La propaganda [[Fascismo|fascista]] è stata da sempre abilissima nel dipingere il regime mussoliniano quale acerrimo nemico della mafia. Se è pur vero che numerosi mafiosi furono arrestati durante il fascismo (soprattutto nell’epoca del cosiddetto “Prefetto di Ferro” Cesare Mori), è vero anche che nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di “pesci piccoli” ed è anche vero che i [[Fascismo|fascisti]] non ebbero scrupoli nel liberare molti di essi quando si trattò di utilizzarli in sporche operazioni contro gli [[antifascismo|antifascisti]] (vedi l’assassinio dell’anarchico [[Carlo Tresca]]).
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I rapporti mafia-fascismo furono ben saldi prima e anche dopo l’[[8 settembre]] [[1943]], quando [[Il secondo dopo-guerra in Italia: corpi di polizia e repressione della lotta antifascista|mafia, fascisti e istituzioni]] collaborarono in chiave [[repressione|repressiva]] dei movimenti sociali che si andavano a sviluppare in Sicilia.
  
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==Il periodo del prefetto di ferro: Cesare Mori==
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Cesare Mori, figura mitizzata dal [[Fascismo|fascismo]], nel [[1922]] era prefetto di Bologna, inflessibile applicatore della legge, essendo fra i pochissimi rappresentanti degli "organi di [[repressione]] dello [[Stato]]" che considerassero lo [[squadrismo]] fascista al pari del [[formazioni di difesa proletaria|"sovversivismo" di sinistra]] e quindi da reprimere in egual maniera. Dopo aver bloccato una spedizione punitiva di squadristi fu duramente contestato dal [[Fascismo|fascismo]] rampante, ormai appoggiato dalla borghesia industriale e agraria, per cui all'ascesa al potere di [[Mussolini]] Mori fu dispensato dal servizio attivo e si ritirò in pensione nel [[1922]] a Firenze, assieme alla moglie; medesima sorte toccò nello stesso periodo ai militari [http://ita.anarchopedia.org/Arditi_del_Popolo#Cenni_su_militari_e_funzionari_antifascisti Guido Jurgens], [http://ita.anarchopedia.org/Arditi_del_Popolo#Cenni_su_militari_e_funzionari_antifascisti Vincenzo Trani] e
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[http://ita.anarchopedia.org/Arditi_del_Popolo#Cenni_su_militari_e_funzionari_antifascisti Federico Fusco], tuttavia questi non ebbero altre possibilità di carriera poiché non vollero scendere a compromessi col [[Fascismo|regime fascista]].
  
'''La prima cosa da sistemare nella giusta proporzione è l'intervento del " leggendario prefetto Mori " in Sicilia il cui lavoro che per nulla smantellò il meccanismo mafioso fu artatamente amplificato dal fascismo e anche l'ignoranza di gran parte della sinistra non ha mai permesso di pubbliccizzare questo intervento nel suo efffettivo valore storico , per cui il discorso è conosciuto da storici di vaglia e dagli adetti e/o studiosi del fenomeno mafioso_fascista.
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In seguito, nel [[1924]], Mori venne richiamato in servizio e gli fu affidato da [[Benito Mussolini]] l'incarico di [[repressione]] dei fenomeni criminali in Sicilia (vista la sua fama di inflessibilità). Qui impiegò metodi al quanto sbrigativi, arrivando perfino a prendere in ostaggio donne e bambini per raggiungere il suo scopo; a tale riguardo scrive lo storico [[Mafia#Bibliografia|Christopher Duggan]] nel suo "''Prefetto di ferro''":
''"In effetti il fascismo, dopo la grande retata di "pesci piccoli" realizzata da Cesare Mori, viene a patti con l'"alta mafia", nel 1929 richiama a Roma il "Prefetto di Ferro" (verrà nominato senatore) e, in un certo senso, "restituisce" la Sicilia ai capi mafiosi ormai fascistizzati. Infatti, i condoni e le amnistie, subito concesse dal governo dopo il richiamo di Mori, hanno favorito molti pezzi da novanta che, appena tornati in libertà, si sono subito schierati fra i sostenitori del regime anche se, dopo il 1943, gabelleranno i pochi anni di carcere o di confino come prova del loro antifascismo.''"'''da il sito dedicato a [[Benito Mussolini]]<ref>[http://www.ilduce.net/speciale11.htm da il '''ilduce.net''']</ref> vi e' l'ammissione dell'inefficienza dell'azione di Mori da parte proprio attuali degli ammiratori del dittatore fascista, nonché l'ammissione della collusione mafia-fascismo.Anzi vi e' da dire che i fascisti che gestiscono questo sito condensano in una frase una analisi storica praticamente perfetta ed i motivi forse sono che i dai rapporti con la mafia i neofascisti furono estromessi pochi anni dopo la fine del secondo conflitto sostituiti anzi meglio occupati i loro posti da pezzi del partito democristiano e la vicenda Giulio Andreotti ne è la dimostrazione ovverossia se vogliamo mettere un punto fermo molto ma molto approssimato : dopo il tentativo di Golpe dei Junio Valerio Borghese i rapporti mafia neofascisti si incrinarono in modo irrimediabile come cogestori di potere in terra di Sicila ma vi e' altresì da dire che nel seguito e' stato aggiunto all'articolo originale  una accanito attacco all'articolo che adesso viene detto sia stato fatto da un qualche anonimo e quindi non si capisce perchè riportato integralmente e poi criticato dopo:problemi fra  fascisti evidentemente'''
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''"I metodi brutali di Mori crearono malcontento nella popolazione, che spesso fu tentata a schierarsi dalla parte dei mafiosi, di fronte a forze di polizia che apparivano quasi come invasori stranieri, senza rispetto delle più elementari regole di legalità"'' [...]"''Ironicamente, l'operato di Mori potrebbe aver rafforzato proprio quella diffidenza nei confronti dello Stato che, come il governo, era stato così desideroso di vincere''" [...] "''Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino"''<ref> Si legga articolo [http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm da Il "prefetto di ferro"]</ref>.
  
vediamo comunque perchè fino ad un certo punto su lasciata mano libera a Mori ovvero  la ragione politico sociale
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Cesare Mori però si concentrò soprattutto sui mafiosi di piccolo calibro e ciò è evidenziato persino in un sito web dedicato a Mussolini: ''"In effetti il fascismo, dopo la grande retata di "pesci piccoli" realizzata da Cesare Mori, viene a patti con l'"alta mafia", '''nel [[1929]] richiama a Roma il "Prefetto di Ferro" (verrà nominato senatore)''' e, in un certo senso, "restituisce" la Sicilia ai capi mafiosi ormai fascistizzati. Infatti, i condoni e le amnistie, subito concesse dal governo dopo il richiamo di Mori, hanno favorito molti pezzi da novanta che, appena tornati in libertà, si sono subito schierati fra i sostenitori del regime anche se, dopo il 1943, gabelleranno i pochi anni di carcere o di confino come prova del loro antifascismo.''"<ref> [http://www.ilduce.net/speciale11.htm da il '''ilduce.net''']</ref> [I fascisti di codesto sito ammettono con poche righe sia l'inefficienza dell'azione di Mori che la collusione mafia-fascismo. In seguito i rapporti tra mafia e neofascisti si incrinarono, soprattutto dopo il tentato golpe dei [[Junio Valerio Borghese]], e la mafia privilegiò le alleanze con la DC di Giulio Andreotti. E' a questo che si deve forse l'acredine dei neofascisti contro la mafia, anche se vi è altresì da dire che il suddetto sito web in seguito si è dissociato dalle critiche a Mori, addebitando lo scritto all'azione di un qualche anonimo ('''N.d.R''')].
  
''"'''Il fascismo oramai aveva il pieno appoggio della classe dominante siciliana, quella della grande proprietà terriera, soprattutto da quando furono abolite le norme di legge che limitavano il diritto dei proprietari terrieri ad elevare i canoni di affitto e a liberarsi dei mezzadri. In tale situazione la mafia non aveva motivo di esistere, visto che le contese tra latifondisti e contadini venivano regolate dallo stato fascista'''''"   [http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori di Davide Caracciolo]
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Quando nel [[1929]] Mori fu rimosso dal suo incarico (fu insignito del titolo di senatore del Regno) il [[Fascismo|regime fascista]] "''... si preoccupò di diffondere l’idea che la Mafia, ormai, non fosse più un problema, ma essa “era tutt’altro che morta e si era anzi nuovamente istituzionalizzata” (da ''Mafia e fascismo'', Davide Caracciolo, InStoria, GB EditoriA 2008)''"<ref name="lopinionista">[http://www.lopinionista.it/notizia.php?id=142 Lo stato italiano e la guerra civile contro la camorra]</ref>.
  
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L'efficacia della lotta alla mafia, prima e dopo [[Cesare Mori]], furono quindi condizionati dai rapporti '''mafia e fascismo''', secondo cui spesso il regime si servì della "caccia al mafioso" come strumento repressivo atto a giustificare gli attacchi agli [[antifascismo|antifascisti]] (es. assassinio dell'anarchico [[Carlo Tresca]]) e\o ai fascisti non in linea con il PNF (caso [[Alfredo Cucco]]). Non a caso, dopo la rimozione di Mori, i più importanti mafiosi, collusi col [[Fascismo|fascismo]], subirono pene lievi ed amnistie varie, che li consentì di ritornare ad operare sotto la copertura dei gerarchi fascisti siciliani o persino di divenire gerarchi loro stessi. La mafia era rientrata, come accade anche attualmente, in rapporto simbiotico con i poteri dello [[Stato]].
  
''"Ma ciò c he Mori colpì non fu altro che la bassa mafia, come lui stesso raccontò nelle sue memorie, semplici esecutori di ordini che potevano essere briganti, gabellotti e campieri. Ciò a cui egli mirava era l'alta mafia che allignava nelle città attorno ai centri del potere, ove era stretto il legame tra mafia e politica.''"[http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori di Davide Caracciolo]''"
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===Considerazioni sull'attività di Cesare Mori===
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Definire quale fu l'operato nella realtà dei fatti del prefetto [[Cesare Mori]] non è cosa semplice; si può dire, in linea di massima, che fu congruente allo sviluppo del regime che, se da una parte era impossibilitato a prendere il potere della mafia, dall'altra doveva vincolare la mafia ad un certo "ordine di regime" in modo che la facciata fosse salva e Mori, forse anche in gran parte incolpevole, fosse lo strumento di Mussolini per arrivare a tale obiettivo<ref> [http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm Approfondimenti:  ''Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori'', di [[Davide Caracciolo]]]</ref> <ref>[http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm Il "prefetto di ferro"]</ref>.
  
''"dopo che Mori fu sollevato dall’incarico, si preoccupò di diffondere l’idea che la Mafia, ormai, non fosse più un problema, ma essa “era tutt’altro che morta e si era anzi nuovamente istituzionalizzata” (da Mafia e fascismo, Davide Caracciolo, InStoria, GB EditoriA 2008)''"[http://www.lopinionista.it/notizia.php?id=142 lo stato italiano e la guerra civile contro la camorra]
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Si evince quindi, che è necessario ridimensionare le tesi dello scontro irriducibile  fra mafia e [[Fascismo|fascismo]], peraltro evidenziate da questi scritti e testimonianze sull'operato di Cesare Mori [notare anche le diverse opinioni riguardo al suo operato, '''N.d.R''']:
  
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"''Il fascismo oramai aveva il pieno appoggio della classe dominante siciliana, quella della grande proprietà terriera, soprattutto da quando furono abolite le norme di legge che limitavano il diritto dei proprietari terrieri ad elevare i canoni di affitto e a liberarsi dei mezzadri. In tale situazione la mafia non aveva motivo di esistere, visto che le contese tra latifondisti e contadini venivano regolate dallo stato fascista [...] Ma ciò che Mori colpì non fu altro che la bassa mafia, come lui stesso raccontò nelle sue memorie, semplici esecutori di ordini che potevano essere briganti, gabellotti e campieri. Ciò a cui egli mirava era l'alta mafia che allignava nelle città attorno ai centri del potere, ove era stretto il legame tra mafia e politica [...] Invece la realtà era che la mafia non era affatto morta, si era nuovamente istituzionalizzata. Se tanti briganti e piccoli delinquenti erano stati rinchiusi nelle carceri o mandati al confino, gli esponenti dell'alta mafia, se non emigrarono in America, aderirono in blocco al fascismo, sicuri di poter proseguire nei loro affari e nei loro traffici una volta che la Sicilia era stata liberata dall'incubo Mori''". ([http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm Mafia e Fascismo, L'operazione incompiuta del prefetto Mori]di Davide Caracciolo)
  
''"Invece la realtà era che la mafia non era affatto morta, si era nuovamente istituzionalizzata. Se tanti briganti e piccoli delinquenti erano stati rinchiusi nelle carceri o mandati al confino, gli esponenti dell'alta mafia, se non emigrarono in America, aderirono in blocco al fascismo, sicuri di poter proseguire nei loro affari e nei loro traffici una volta che la Sicilia era stata liberata dall'incubo Mori''"[http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori di Davide Caracciolo]
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Il giudizio su Mori espresso sul sito dei Carabinieri, a cura di Alessandro Politi <ref> [http://www.cepic-psicologia.it/contributi/Cannavicci_INTELLIGENCE.ppt Analisi strategica ]</ref>, è in linea con quello di altri (per esempio con quello dello storico [[Christopher Duggan]]), sottolineando l'effetto che ebbe la fascistizzazione di molti e importanti capi mafiosi "''.....La stessa politica della repressione poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata''"<ref>[http://www.carabinieri.it/Internet/Arma/Ieri/Storia/Vista+da/Fascicolo+13/02_fascicolo+13.htm Arma]
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''" [...] Le statistiche testimoniavano il crollo di reati come abigeati, rapine, estorsioni, omicidi, danneggiamenti ed incendi dolosi, ma i pezzi grossi restavano ancora in giro. E attuavano un disegno classico della [[mafia]]. Abbandonavano lo scontro frontale per scegliere la strada della connivenza, cercando di instaurare rapporti con i vertici del fascismo. Mori, alla fine, sarà promosso per essere rimosso quando i danni avrebbero potuto essere irreparabili per i mafiosi.
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La stessa politica della [[repressione]] poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata''"</ref>.  Tesi peraltro confermata dai dati della Commissione parlamentare Antimafia, che danno l'idea di cosa significò questo nuovo ordine sociale in Sicilia: '''dal [[1928]] al [[1935]] le paghe agricole, secondo le statistiche ufficiali, diminuirono del 28%.'''
  
===I metodi ed i risultati del cosidetto prefetto di ferro===
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Giovanni Raffaele, studioso della storia di Sicilia e autore de '''''L'ambigua tessitura. Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti''''', ben riassume l'azione di Mori
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<ref>[http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.asp?CodiceLibro=1573.175 Scheda libro] </ref>:
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''"La conclusione è che nella zona presa di mira da Mori non vi fosse mafia in senso stretto, proprio perché i meccanismi dell'accumulazione, del consenso e del controllo politico seguivano altri canali consolidati, che della mafia - intesa come organizzazione specifica e gerarchicamente strutturata - potevano fare a meno. Dalla ricerca emergono però anche la complicità del fascismo col sistema di mafia e, per certe zone, la forza intatta di un'élite che, per il controllo sociale, di mafia non aveva bisogno.''"
  
L'efficacia della lotta alla mafia, condotta da [[Cesare Mori]] e i suoi risultati pratici furono condizionati dai rapporti che vi furono fra '''mafia e fascismo''', sia nel "periodo Mori" che successivi, come nel [[caso Tresca]] e nel periodo Mori Mussolini si servì della " caccia al mafioso " pure per liquidare suoi possibili antogonisti nell'ambito del fascismo locale : " caso Alfredo Cucco ". Tali rapporti contraddicono, o quantomeno ridimensionano, le tesi dello scontro irriducibile  fra [[mafia]] e [[fascismo]].
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''"Fece infatti piazza pulita di briganti, ma quando si trattò di mettere in galera la gente di rispetto ammanigliata con Roma fu licenziato in tronco. Finì senatore, con velleità letterarie inappagate e un libro di ricordi, "'''Con la mafia ai ferri corti'''", che dette qualche grana a Mondadori. Mussolini gli scrisse garantendogli che i suoi quattro anni di Sicilia sarebbero rimasti «'''scolpiti nella storia della rigenerazione morale, politica e sociale dell'isola nobilissima'''», ma a quanto risulta la mafia riprese indisturbata il suo cammino. Lo scalpello era moscio.''".
  
Emblematici del rapporto [[mafia]] - fascismo (che poi si intersecherà con l'intervento dei servizi segreti americani nel periodo pre, durante e [[Central_Intelligence_Agency#Europa|post]] [[seconda guerra mondiale]]) sono stati la vicenda di [[Cesare Mori]] e la protezione data dal regime nel [[1935]] a [[Vito Genovese]], che si sdebiterà con la costruzione della casa del fascio di [[Nola]] e successivamente sempre costui sarà il regista dell'assassinio di [[Carlo Tresca]]<ref>[http://www.liberalfondazione.it/archivio/fl/numero04/verita.htm Tutta la Verità sul [[caso Tresca]] di [[Mauro Canali]]]</ref>. Assassinio che permise il riciclo degli antifascisti dell'ultima ora, come Generoso Pope (precedentemente sostenitore di Mussolini), nella [[Mazzini Society]] attiva in America, questa vicenda è riferibile all'aspra lotta intestina nella "Mazzini Society" per ammettere o meno alcuni italiani, presenti in in America, ma con passato di netto appoggio al fascismo,  nei comitati di fronte unito antifascista nati nel 1943. Nel periodo dell'assassinio di Carlo Tresca, Vito Genovese si trovava in Italia  e quindi la ricostruzione delle sue responsabilità' è soprattutto di natura storica più che provata dal punto di vista investigativo, nel senso stretto del termine. Non son mancati comunque sulla vicenda investigazioni e una vasta popolarità in diversi periodi negli [[USA]], ed e' ritenuto, con quasi certezza, che il killer fu Carmine Galante <ref>[http://en.wikipedia.org/wiki/Carmine_Galante wikipedia inglese Carmine Galante]</ref>poi affiliato alla famiglia di [[Joseph Bonanno]]. <ref>[http://www.liberalfondazione.it/archivio/fl/numero04/verita.htm  vedere Tutta la verità sul caso Tresca di [[Mauro Canali]]], l'autore e fra quelli accreditati dal [[SISDE]] per i suoi lavori che spesso ne riportano stralci sul sito]</ref>Viene fatto anche un [[escursus]] sulla parte inerente lo sbarco alleato in [[Sicilia]] e sugli avvenimenti dell'immediato dopoguerra poiché Vito Genovese, uno dei personaggi chiave anzi citati, avrà un enorme potere in [[Sicilia]] anche nel periodo post bellico dimostrando una costante duratura e ascendente importanza.
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[[Arrigo Petacco]], nel suo libro ''Il Prefetto di Ferro'', accusa il fascismo di essersi occupato solo dei "pesci piccoli", riportando in Sicilia i capi mafiosi fascistizzati, liberati o non arrestati grazie a leggi scritte ed utilizzate ad hoc <ref>Stralcio di una lettera di un avvocato siciliano indirizzato a Mori, tratta do Arrigo Petacco, ''Il prefetto di ferro'', 1975, Mondadori </ref>: ''Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere...''.
  
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In un articolo pubblicato su il Corriere della Sera, Giovanna Grazzini sostenne la tesi della "buona fede" di Cesare Mori, poi rimosso dall'incarico per via della sua intransigenza<ref>[http://www.mymovies.it/dizionario/critica.asp?id=149252 da articolo di Giovanni Grazzini, Il Corriere della Sera, 2 ottobre 1977]</ref>:
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''"La sua azione energica permise di distruggere quasi interamente la struttura di base della malavita organizzata siciliana e offrì a Mussolini un argomento per la sua propaganda. Ma quando Mori iniziò a diventare troppo famoso e soprattutto a indagare troppo in alto, venne messo da parte, e le tracce del suo lavoro accuratamente eliminate''"<ref>[http://xoomer.alice.it/novara/petacco_ilprefettodiferro.htm da Recensione libro]</ref>.
  
===il risultato pratico degli interventi di Cesare Mori===
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===Cesare Mori e il caso Alfredo Cucco ===
Cesare Mori, figura mitizzata dal fascismo, nel [[1922]] era [[prefetto]] di [[Bologna]] e si dimostrò inflessibile nell'applicazione della legge, essendo fra i pochissimi rappresentanti degli organi di repressione dello stato che considerassero lo [[squadrismo]] fascista al pari del [[formazioni di difesa proletaria|"sovversivismo" di sinistra]] e quindi da reprimere in egual maniera. Dopo aver bloccato una spedizione punitiva di squadristi fu duramente contestato dal fascismo rampante, ormai era appoggiato da larghi strati di borghesia industriali e proprietari terrieri, per cui all'ascesa al potere del [[Fascismo]] Mori fu dispensato dal servizio attivo. Si ritirò in pensione nel [[1922]] a [[Firenze]], assieme alla moglie; medesima sorte toccò nello stesso periodo a [[Guido Jurgens]], [[Vincenzo Trani]] e a [[Federico Fusco]], tuttavia quest'ultimi non ebbero altre possibilità di carriera durante il fascismo, forse in quanto non volevano scendere a patti col regime per nessun motivo. Mori venne richiamato in servizio e gli fu affidato da [[Benito Mussolini]] l'incarico (vista la sua fama di inflessibilità) di repressione dei fenomeni criminali in [[Sicilia]], i metodi che impiegò furono quantomeno sbrigativi arrivando perfino a prendere in ostaggio donne e bambini per raggiungere il suo scopo, a tale riguardo scrive lo storico [[Mafia#Bibliografia|Christopher Duggan]] nel "Prefetto di ferro".
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Cesari Mori non si pose alcun problema, col consenso di [[Benito Mussolini]], di andare a colpire il fascista siciliano maggiormente in vista, [[Alfredo Cucco]], che probabilmente in questa fase non era integrabile nella linea del [[Fascismo|PNF]] in Sicilia, il che giustificava il desiderio di Mussolini di allontanare dal partito (non fu risparmiato neppure l'ex ministro della Guerra, il potente generale [[Antonino Di Giorgio]]), seppur temporaneamente, individui che potevano ostacolare l'ascesa del [[Fascismo|fascismo]] nell'isola (Cucco era mal visto dagli agrari, molti dei quali erano mafiosi, quindi Mussolini auspicò l'allontanamento di quest'individuo allo scopo di non alienarsi la simpatia dei latifondisti).
<ref>''"L'assedio di Gangi" ebbe inizio la notte del 1 gennaio 1926 [...] Nevicava abbondantemente. I banditi erano stati spinti dal freddo a tornare alle loro famiglie, e la polizia sapeva più o meno esattamente dove si trovavano [...] la cittadina era costruita sul fianco di una collina ripida e molte case avevano due ingressi, uno al pianterreno e l'altro al primo piano. Vi erano anche nascondigli abilmente costruiti dietro muri [...]
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In queste condizioni, l'operazione ebbe un andamento più lento del previsto. Il primo bandito ad arrendersi fu [[Gaetano Ferrarello]], un uomo alto, anziano, con una lunga barba, molto orgoglio e dotato di una certa nobiltà d'animo [...] scopo dell'azione non era semplicemente la resa dei banditi, ma anche la loro umiliazione: "Volevo dare alle popolazioni la tangibile prova della viltà della malvivenza", scrisse Mori nelle sue memorie. Non si doveva sparare: i banditi dovevano essere privati dell'onore di una resistenza armata [...] (prosegue Mori) ma io avevo un'idea diversa. Dissi ai miei uomini di entrare nelle case dei criminali, dormire nei loro letti, bere il loro vino, mangiare le loro galline, uccidere il loro bestiame e venderne la carne ai contadini della zona a prezzo ridotto". Fu dato ordine di prendere ostaggi [...] sembra che gli obiettivi principali siano stati donne e bambini. Che le donne siano state maltrattate, come affermarono in seguito critici di Mori, non è certo. Sarebbe stato indubbiamente conforme allo spirito, se non alla lettera dell'impresa, perché scopo della cattura di ostaggi era far leva sul senso dell'onore dell'uomo nei confronti della moglie e della famiglia...''".[http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm  da Il "prefetto di ferro" estratto da scritto di [[Mafia#Bibliografia|Duggan]]]</ref> e sintetizzando con le parole di Duggan. 
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''"I metodi brutali di Mori crearono malcontento nella popolazione, che spesso fu tentata a schierarsi dalla parte dei mafiosi, di fronte a forze di polizia che apparivano quasi come invasori stranieri, senza rispetto delle più elementari regole di legalità. Leggiamo ancora [[Denis Mack Smith]]: "Ironicamente, l'operato di Mori potrebbe aver rafforzato proprio quella diffidenza nei confronti dello Stato che, come il governo, era stato così desideroso di vincere".}}
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e ancora sempre Denis Mack Smith ''"Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino"''
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<ref> [http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm  da Il "prefetto di ferro"]</ref>
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Nel [[1927]] Cucco venne espulso dal PNF "''per indegnità morale''" e accusato, grazie alle indagini di Cesari Mori, di essere colluso con la mafia. Dopo essere stato assolto quattro anni dopo, Cucco rientrò nell'isola e riprese l'attività politica, quando, grazie anche alla sua assenza, l'insediamento nel PNF siciliano dei latifondisti dell'Isola, collusi con la mafia o essi stessi mafiosi, era oramai completato.
Non rispettò comunque, col consenso di [[Benito Mussolini]] però, di perseguire l'uomo più in vista del fascismo in Sicilia, [[Alfredo Cucco]], e qui probabilmente in quel momento [[Alfredo Cucco]] non era integrabile nella tattica del [[PNF]] in Sicilia da cui alcuni storici interpretano la libertà d'azione di Mori su Cucco un desiderio di Mussolini di alleggerire temporaneamente il PNF di individui disturbanti per il suo sviluppo nell'isola.Per quanto riguarda Cucco [[Leonardo Sciascia]]  scrive''"figura del fascismo isolano, di linea radical-borghese e progressista, per come Christopher Duggan e Denis Mack Smith lo definiscono, che da questo libro ottiene, credo giustamente, quella rivalutazione che vanamente sperò di ottenere dal fascismo, che soltanto durante la repubblica di Salò lo riprese e promosse nei suoi ranghi.''"<ref>[http://www.italialibri.net/dossier/mafia/professionistiantimafia.html scritto di [[Leonardo Sciascia]]]</ref>
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Non fu risparmiato neppure l'ex ministro della Guerra, il potente generale [[Antonino Di Giorgio]]. Nel caso specifico di Cucco lo storico [[Paolo Pezzino]] nel suo libro ''Le mafie'' ipotizza che la messa fuori gioco di Cucco fu un particolare caso politico in quanto fascista avverso agli agrari. Mori, grazie anche ad una propaganda fascista sulle sue azione, molto ben orchestrata mediaticamente, divenne notissimo sino a quando fu rimosso dal suo incarico e richiamato. Ormai, la ''dura lotta alla mafia'' il regime fascista la aveva dimostrata, quindi Mori fu insignito del titolo di senatore del Regno, richiamato dalla Sicilia e messo fuori gioco, mentre i pezzi grossi mafiosi, collusi col fascismo, subivano lievi pene ed amnistie, in modo da poter tornar ad operare sotto la copertura dei gerarchi fascisti siciliani o persino ad divenire gerarchi loro stessi. La mafia era entrata, come accade anche adesso, in rapporto simbiotico con i poteri dello stato. [[Arrigo Petacco]] nel suo libro ''Il prefetto di Ferro'' <ref> ''"E, infatti, un western siciliano più che un'indagine storica sulla mafia, vicino a [[Sergio Leone]] più che a [[Francesco Rosi]]''"[http://www.repubblica.it/trovacinema/scheda_film.jsp?idContent=121337 da recensione dell'omonimo film tratto dal libro su [[Repubblica]]]</ref>spiega bene come avvenne la fascistizzazione della mafia spiegando proprio come per poter arrivare a ciò, ovvero obbligare la mafia a mediare col [[fascismo]], la figura di Mori fosse stata essenziale per lo scopo che astutamente Mussolini si era prefisso.
+
La personalità di Cucco è così descritta da [[Leonardo Sciascia]]: ''"figura del fascismo isolano, di linea radical-borghese e progressista, per come Christopher Duggan e Denis Mack Smith lo definiscono, che da questo libro ottiene, credo giustamente, quella rivalutazione che vanamente sperò di ottenere dal fascismo, che soltanto durante la repubblica di Salò lo riprese e promosse nei suoi ranghi''"<ref>[http://www.italialibri.net/dossier/mafia/professionistiantimafia.html Scritto di Leonardo Sciascia]</ref>.
  
=== Considerazioni di testimoni e di addetti ai lavori ===
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Nel libro ''Le mafie'', lo storico [[Paolo Pezzino]] ipotizza che l'esautorazione di Cucco fu un particolare caso politico in quanto [[Fascismo|fascista]] avverso agli agrari. Infatti,
Dopo il congedo di Mori, vi fu ben presto una recrudescenza del fenomeno mafioso in Sicilia. Come scrisse nel [[1931]] un avvocato siciliano in una lettera indirizzata a Mori:<ref>{{cita libro|nome=Arrigo|cognome=Petacco|wkautore=Arrigo Petacco|titolo=Il prefetto di ferro|anno=1975|editore=Mondadori|}}</ref>
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[[Alfredo Cucco]] rientrò nel partito solo nel [[1937]]; nel [[1938]] e fu tra i firmatari del [[Manifesto della razza]], nell'aprile del [[1943]] Mussolini lo nominò vice segretario nazionale del [[PNF]], quindi aderì  alla [[Repubblica Sociale Italiana]] dove divenne Sottosegretario alla Cultura popolare. Alla fine della guerra, nonostante tali precedenti, sarà prosciolto "stranamente" da ogni accusa e diverrà un notabile del neonato [[MSI]].
  
[[Cesare_Mori#Risultati_dell.27azione_di_Mori|Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere...]]
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==Considerazioni sul caso Tresca ==
[[Alfredo Cucco]] invece  rientra nel partito solo nel [[1937]], e nel [[1938]] è tra i firmatari del [[Manifesto della razza]], nell'aprile del [[1943]] Mussolini lo nomina vice segretario nazionale del [[PNF]], quindi aderisce  alla [[Repubblica Sociale Italiana]] dove diviene Sottosegretario alla Cultura popolare. Alla fine della guerra, nonostante tali precedenti, sarà prosciolto "stranamente" da ogni accusa e diverrà un notabile del neonato [[MSI]].
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Emblematico del rapporto [[mafia]]- [[Fascismo|fascismo]] (che poi si intersecherà con l'intervento dei servizi segreti americani nel periodo pre, durante e post [[seconda guerra mondiale]]) è stato anche la protezione data dal regime nel [[1935]] a [[Vito Genovese]], che si sdebiterà con la costruzione della "Casa del fascio" di Nola e l'assassinio dell'anarchico [[Carlo Tresca]]<ref>[http://www.liberalfondazione.it/archivio/fl/numero04/verita.htm Tutta la Verità sul caso Tresca, di Mauro Canali]</ref>, personaggio scomodo che denunciava pubblicamente i falsi antifascisti. L'uccisione di Tresca permise quindi di porre un velo oscuro sugli ex-fascisti che cercavano di sbarazzarsi del loro scomodo passato e di ricilarsi come [[antifascismo|antifascisti]] (Emblematico il caso di Generoso Pope, precedentemente sostenitore di Mussolini e poi antifascista dell'ultim'ora entrato a far parte della [[Mazzini Society]] attiva in America). Questa vicenda è riconducibile alla lotta intestina nella "Mazzini Society" (Stati Uniti) riguardo all'ammissione di alcuni italiani, trasferitisi negli USA ma con un passato di sostegno al [[Fascismo|fascismo]], nei comitati di [[Fronte Unito Antifascista]] (costituito nel [[1943]]). Nel periodo dell'assassinio di [[Carlo Tresca]], Vito Genovese si trovava in [[Italia]] e la ricostruzione delle sue responsabilità è stata più che comprovata. Genovese fu probabilmente il mandante dell'omicidio di Tresca, mentre l'esecutore materiale fu Carmine Galante <ref>[http://en.wikipedia.org/wiki/Carmine_Galante da Wikipedia inglese: Carmine Galante]</ref>, poi affiliato alla famiglia di [[Joseph Bonanno]] <ref>[http://www.liberalfondazione.it/archivio/fl/numero04/verita.htm Leggere tutta la verità sul caso Tresca di Mauro Canali] (l'autore e fra quelli accreditati dal SISDE per i suoi lavori che spesso ne riportano stralci sul sito)]</ref>. Dopo lo sbarco alleato in [[Sicilia]], Vito Genovese, uno dei personaggi chiave anzi citati, avrà un enorme potere in Sicilia anche nel periodo post bellico dimostrando una costante, duratura e ascendente importanza <ref name="ipotesi"> Approfondimenti: [http://ita.anarchopedia.org/Carlo_Tresca#Ipotesi_sulla_sua_morte Ipotesi sull'assassinio di Carlo Tresca]</ref>.
''"Il Fascismo non unì alla lotta sul piano militare, alcun intervento di tipo sociale, facendo anzi dei passi indietro, soprattutto nelle campagne, riaffidando quasi interamente il potere ai latifondisti. Ha scritto uno dei massimi storici dell'Italia contemporanea, [[Denis Mack Smith]]: "Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino" ("Introduzione" a [[Mafia#Bibliografia|Duggan]], p. IX)([[Mafia#Bibliografia|Christopher Duggan]], ''La mafia durante il Fascismo'' nota fuori citazione). Un dato può dare l'idea di cosa significò questo nuovo ordine sociale in Sicilia: dal 1928 al 1935 le paghe agricole, secondo le statistiche ufficiali, diminuirono del 28% ;Commissione parlamentare Antimafia, p. 66;.''"
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==Considerazioni sul caso Vito Cascio Ferro==
<ref> [http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm da Il "prefetto di ferro"]</ref>
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Per inquadrare il caso di Vito Cascio Ferro è necessario ricordare la figura del "superpoliziotto" italo-americano Joe Petrosino <ref name="petrosino">[http://it.wikipedia.org/wiki/Joe_Petrosino da Wikipedia, articolo su Petrosino]</ref>, inizialmente informatore della polizia, soprannominato «’u spione», poi "super poliziotto" protetto da Theodore Roosvelt, allora assessore alla polizia <ref name="joe">[http://www.tesionline.it/consult/anteprima.jsp?idt=23671 da tesi su rapporti fra mafia e fascismo]</ref>. Petrosino fu impiegato in numerose operazioni contro la criminalità, ma anche contro i rivoluzionari. Tra questi "''Petrosino odiava gli anarchici, li considerava delinquenti o pazzi da portare in manicomio''"<ref name="joe">[http://www.tesionline.it/consult/anteprima.jsp?idt=23671 Tesi sui rapporti mafia-fascismo]</ref>.
definire poi quale fu l'operato nella realtà dei fatti del prefetto [[Cesare Mori]] non è cosa semplice se si sfronda dai residui della propaganda fascista che ancora adesso sono ricordati a livello popolare. Si può dire, in linea di massima, che fu congruente allo sviluppo del regime che, se da una parte era impossibilitato a prendere il potere della mafia, dall'altra doveva vincolare la mafia ad un certo "ordine di regime" in modo che la facciata fosse salva e Mori, forse anche in gran parte incolpevole, fu lo strumento del Mussolini per arrivare a tale obiettivo.<ref> [http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm approfondire su  ''Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori'' a firma di [[Davide Caracciolo]]]</ref> <ref>[http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm Il "prefetto di ferro"]</ref>
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''"In effetti il fascismo, dopo la grande retata di "pesci piccoli" realizzata da Cesare Mori, viene a patti con l'"alta mafia", nel 1929 richiama a Roma il "Prefetto di Ferro" (verrà nominato senatore) e, in un certo senso, "restituisce" la Sicilia ai capi mafiosi ormai fascistizzati. Infatti, i condoni e le amnistie, subito concesse dal governo dopo il richiamo di Mori, hanno favorito molti pezzi da novanta che, appena tornati in libertà, si sono subito schierati fra i sostenitori del regime anche se, dopo il 1943, gabelleranno i pochi anni di carcere o di confino come prova del loro antifascismo.''"da il sito dedicato a [[Benito Mussolini]]<ref>[http://www.ilduce.net/speciale11.htm da il '''ilduce.net''']</ref> vi e' l'ammissione dell'inefficienza dell'azione di Mori da parte proprio attuali degli ammiratori del dittatore fascista, nonché l'ammissione della collusione mafia-fascismo.<ref>[http://www.ilduce.net/speciale11.htm da il '''ilduce.net''']ovvero vi é l'ammissione dell'inefficienza dell'azione di Mori proprio dagli attuali ammiratori del cosidetto duce</ref> <ref>[http://www.mymovies.it/dizionario/critica.asp?id=149252 critica [[Il prefetto di ferro]] di [[Giovanni Grazzini]]]</ref><ref> [http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm approfondire su ''Mafia e Fascismo - L'operazione incompiuta del prefetto Mori'' a firma di [[Davide Caracciolo]]]</ref> <ref>[http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm Il "prefetto di ferro"]</ref>
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''"Fece infatti piazza pulita di briganti, ma quando si trattò di mettere in galera la gente di rispetto ammanigliata con Roma fu licenziato in tronco. Finì senatore, con velleità letterarie inappagate e un libro di ricordi, ''Con la mafia ai ferri corti'', che dette qualche grana a [[Mondadori]]. Mussolini gli scrisse garantendogli che i suoi quattro anni di Sicilia sarebbero rimasti «scolpiti nella storia della rigenerazione morale, politica e sociale dell'isola nobilissima», ma a quanto risulta la mafia riprese indisturbata il suo cammino. Lo scalpello era moscio.''"
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[[Giovanni Grazzini]] in un suo articolo di commento al film [[Il prefetto di ferro]] concorda con simile visione degli effetti dell'intervento di Mori.
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<ref>[http://www.mymovies.it/dizionario/critica.asp?id=149252 da articolo di  [[Giovanni Grazzini]] Il Corriere della Sera, 2 ottobre 1977]</ref>  
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''"La sua azione energica permise di distruggere quasi interamente la struttura di base della malavita organizzata siciliana e offrì a Mussolini un argomento per la sua propaganda. Ma quando Mori iniziò a diventare troppo famoso e soprattutto a indagare troppo in alto, venne messo da parte, e le tracce del suo lavoro accuratamente eliminate.''"<ref>[http://xoomer.alice.it/novara/petacco_ilprefettodiferro.htm da recensione libro]</ref>
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Secondo quanto riportano molti storici, Petrosino fu assassinato dal boss Vito Cascio Ferro, che in gioventù era stato anarchico, attivista delle "occupazione delle terre" del [[1892]], rifugiatosi poi in Tunisia per sfuggire alla [[repressione]] ordinata dal Ministro degli Interni Francesco Crispi. Emigrato negli [[USA]], fu accolto a Patterson (città in cui risiedeva [[Gaetano Bresci]] e molti altri anarchici) come un compagno; in seguito divenne un capo-mafioso e l'esecutore materiale di Joe Petrosino. Si ipotizza che uno dei motivi che lo portò ad assassinare Petrosino fu il sospetto che il "superpoliziotto" avesse torturato in [[carcere]] [[Sophie Knieland]], moglie dell'anarchico [[Gaetano Bresci]], in modo da estorcerle qualche informazione su presunti rapporti tra la mafia americana e gli anarchici, peraltro mai dimostrati in alcun modo.  
Anche secondo [[Arrigo Petacco]] nel suo libro ''Il Prefetto di Ferro'' il fascismo si occupa dei "pesci piccoli" riportando alla Sicilia i capi mafiosi fascistizzati che avevano subito nulle o lievi pene tramite tramite varie forme giuridiche utilizzate ad hoc.
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<ref>[http://www.ilduce.net/speciale11.htm da ilduce.net]</ref>
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Dagli studi di Giovanni Raffaele, studioso della storia di[[ Sicilia]], che ha scritto ''L'ambigua tessitura. Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti'' si riassume
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<ref>[http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.asp?CodiceLibro=1573.175 scheda Libro] </ref>
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''"La conclusione è che nella zona presa di mira da Mori non vi fosse mafia in senso stretto, proprio perché i meccanismi dell'accumulazione, del consenso e del controllo politico seguivano altri canali consolidati, che della mafia - intesa come organizzazione specifica e gerarchicamente strutturata - potevano fare a meno. Dalla ricerca emergono però anche la complicità del fascismo col sistema di mafia e, per certe zone, la forza intatta di un'élite che, per il controllo sociale, di mafia non aveva bisogno.''"
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===considerazioni sul mafioso più importante catturato a Gangi ovvero Vito Cascio Ferro===
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Non si sa bene perché Vito Cascio Ferro abbia voluto vendicare [[Sophie Knieland]], è certo che gli fu trovato in tasca un biglietto della moglie di [[Gaetano Bresci]], anche si ignora il contenuto; resta comunque certo che don Vito aveva molto probabilmente mantenuto amicizie fra gli anarchici di Patterson.  
Bisogan parlare un attimo di un famoso " superpoliziotto " Joe Petrosino di cui qui troviamo la storia raccontata [http://it.wikipedia.org/wiki/Joe_Petrosino in modo agiografico]
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"" gli italiani lo chiamavo «’u spione»; a lui non importava, doveva solo fare amicizie giuste e importanti. Protetto da Theodore Roosvelt, allora assessore alla polizia ""
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Vito Cascio Ferro fu arrestato da Cesare Mori nel [[1927]] e condannato all'ergastolo. Detenuto in [[carcere]], morì nel [[1943]] di fame e sete, dimenticato dai carcerieri che avevano fatto evacuare tutti i detenuti dela prigione che era stata appena bombardata [Vito Genovese, ben più importante dell'anziano e fuori tempo mafioso don Vito Ferro,  fu invece protetto dal fascismo, '''N.d.R'''], scordandosi però di portar via Vito Cascio Ferro.
  
"" Petrosino odiava gli anarchici li considerava delinquenti o pazzi da portare in manicomio. ""
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E' quindi quantomeno curioso che uno dei pochi mafiosi di grande importanza ad essere catturato durante l'[[Fascismo|epoca fascista]] fu don Vito Cascio Ferro, "amico degli anarchici" e con un passato di anarchico, lasciato poi anche morire "per sbaglio".
  
[http://www.tesionline.it/consult/anteprima.jsp?idt=23671 da tesi su rapporti fra mafia e fascismo]
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Il lavoro dello storico Casarrubea dimostrerà che tutti questi episodi sono tra loro legati non affatto casualmente e sono stati troppo a lungo trascurati sia dalla "sinistra" [[Italia|italiana]] che da molti storici.
Il nome piu' importante fra i catturati a Gangi su Vito Cascio Ferro , visse a Bisacquino prima come giovane anarchico poi presidente dei Fasci di Bisacquino, partecipò alla "occupazione delle terre" del 1892 rifugiandosi poi in Tunisia per la repressione ordinata dal Ministro degli Interni Francesco Crispi.Emigrato in USA vivenne un boss mafioso , " mafia vecchia " che si basava sulle estorsioni " dopo varie vicissitudini e crimini commessi si pensa che abbia giustiziato il noto poliziotto pioniere della lotta alla criminalità italo americana  Joe Petrosino nel 1909 e fra i motivi se non l'unico che si porta per questo omicidio e' la vendetta rispetto al fatto che Joe Petrosino che era anche notissimo cacciatore di anarchici abbia torturato in carcere ( era uso a tali sistemi il " buon " superpoliziotto )Sophie Knieland moglie dell'anarchico [[Gaetano Bresci]] per estorcerle senza riuscire informazioni su un più grande complotto anarco/mafioso , di cui gli storici non han mai appurato un bel nulla , di cui [[Gaetano Bresci]] sempre secondo Petrosino era solo il braccio oppure un piccolo frammneto .Non si sa bene perchè  Vito Cascio Ferro abbia voluto vendicare [[Sophie Knieland]] era innamorato di lei o meno quel che e' certo che gli fu trovato in tasca un biglietto della moglie di [[Gaetano Bresci]] quando don Vito è stato catturato del quale non si sa il contenuto , resta comunque il fatto che don Vito aveva molto probabilmente mantenuto amicizie fra gli anarchici di Patterson dove risiedeva  [[Gaetano Bresci]] ed adesso arriviamo alla fine di Vito Cascio Ferro che viene " dimenticato "  in cella in un carcere italiano in cui " risiedeva " da circa 20 anni ['''mentre Vito Genovese  , ben più importante del  vecchio e fuori tempo come mafioso don Vito Ferro ,  viene protetto dal fascismo'''] durante un bombardamento americano durante la seconda guerra modiale ed ivi muore di fame e sete mentre gli altri prigionieri vengono premurosamente evacuati questa dinamica anche se non storicamente avvallata da prove da dei dubbi sia sull'operato del cosidetto " prefetto di ferro " amico di agrari e latifondisti che quando sta per arrivare ai " pesci grossi " viene nominato senatore della repubblica e osannato dal fascismo mentre gli altri pochi molto pochi poliziotti di alto livello come Guido Jurgens , Vincenzo Trani , Federico Fusco che non si vendono ma provano a far il loro mestiere " onesto " di servitori di uno stato retto a monarchia costituzionale e quindi con alcuni diritti e doveri , sopratutto doveri , che dovrebbero essere uguali per tutti cioè anche per i [[fascisti]] vengono esautorati dalle loro cariche o peggio fatti passr per folli come il noto capitano dei carbinieri Guido Jurgens che difese Sarzana dai fascisti fianco fianco agli [[Arditi del Popolo]] :caso unico che i carabinieri sparano sui fascisti e ne uccidono pure qualcuno .'''La considerazione da fare mi sembra superflua ovvero l'unico deliquente mafioso di grossa caratura catturato è don Vito Cascio Ferro " amico degli anarchici " e con un passato di anarchico che viene lascisto " per sbaglio " morire di fame e di sete in carcere mentre capi mafiosi della " nuova scuola " come don Vito Genoseve imperversano in qualunque maniera durante in fascismo in usa ed in Italia con il beneplacito del cosidetto " duce " e dopo caduto il fascismo (che nella realta' dei fatti seguendo il lavoro di Casarrubea non è mai stato per nulla espirpato ma non ci vuole un eminetissimo studioso come l'ottimo Casarrubea per intuirlo tramite logica ) ce lo ritroviamo in divisa di ufficiale alleato a " ricostruire " la Sicilia fotografato assieme al bandito Giulano che e' uno dei responsabili dell'eccidio di [[Portella della Ginestra]]'''
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#il lavoro di Casarrubea dimostrerà con dati lo scopo di  fatti questi fatti " strani " per usare un eufemismo e per questo assume una importanza  storica enorme completament trascurata daigestori del potere in Italia a da amplissimi gruppi dei diriggenti della " sinistra tradizionale " nei fatti e non nelle parole di quelle ne hanno sprecato ad iosa.
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=== la ricostruzione effettuata da Alessandro Politi  sul sito dell'arma dei carabinieri===
 
Il giudizio globale presente sul sito dell'arma dei [[Carabinieri]],a cura di Alessandro Politi [[analista strategico]]<ref> [http://www.cepic-psicologia.it/contributi/Cannavicci_INTELLIGENCE.ppt Analisi strategica  L’analista strategico l’analista operativo]</ref> esperto di [[OSINT]],  per l'operato di [[Cesare Mori]] in [[Sicila]] concorda con i giudizi precedenti e sottolinea l'effetto di fascistizzazione di grossi capi mafiosi ''" .....La stessa politica della repressione poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata.''"<ref>[http://www.carabinieri.it/Internet/Arma/Ieri/Storia/Vista+da/Fascicolo+13/02_fascicolo+13.htm Arma]
 
''" [...] Le statistiche testimoniavano il crollo di reati come abigeati, rapine, estorsioni, omicidi, danneggiamenti ed incendi dolosi, ma i pezzi grossi restavano ancora in giro. E attuavano un disegno classico della [[mafia]]. Abbandonavano lo scontro frontale per scegliere la strada della connivenza, cercando di instaurare rapporti con i vertici del fascismo. Mori, alla fine, sarà promosso per essere rimosso quando i danni avrebbero potuto essere irreparabili per i mafiosi.
 
La stessa politica della repressione poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata.''"</ref> concordando nella sostanza con l'analisi dello storico [[Christopher Duggan]].
 
== Seconda Guerra Mondiale==
 
Uno dei fatti più rilevanti nella collusione tra fascismo e capi mafiosi fu il "caso Tresca", in cui erano implicati Vito Genovese, Joseph Bonanno, Frank Garofalo e Carmine Galante, secondo le denuncie al tempo di [[http://it.wikipedia.org/wiki/Ezio_Taddei#Negli_USA:_i_rapporti_con_Arthur_Miller_e_Carlo_Tresca Ezio Taddei ex bersagliere decorato anarchicoe scrtittore noto]] ed attualmente secondo lo storico Mauro Canali<ref> l'autore é fra quelli accreduitai dal SISDE per i suoi lavori che spesso ne riportano stralci sul sito], Mauro Canali</ref> che ha avuto accesso a documenti desecretati da polizia e servizi segreti USA
 
 
== Dallo sbarco alleato in Sicilia all'immediato dopoguerra ==
 
== Dallo sbarco alleato in Sicilia all'immediato dopoguerra ==
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[[File:Il_capomafia_Vito_Genovese_con_Salvatore_Giuliano.jpg|thumb|Il capomafia Vito Genovese, in divisa regolare da ufficiale americano, con accanto Salvatore Giuliano, il futuro responsabile della strage di [[Portella della Ginestra]]]]
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Il rapporto che la mafia ebbe col [[Fascismo|fascismo]] fu quella tipica delle organizzazioni senza ideali, se non quelli "affaristici", che la porta a seguire i propri interessi e a stringere alleanze "momentanee" col potere politico in atto in quel momento. Così, dopo lo sbarco degli alleati, Vito Genovese e Albert Anastasia diventarono stretti collaboratori di Charles Poletti, capo dell'amministrazione militare alleata in Sicilia (poi anche a Napoli e a Milano). A dimostrazione di questo è ben conosciuta una foto in cui Genovese è ritratto (vedi immagine), con la divisa dell'esercito americano in compagnia di [[Salvatore Giuliano]]<ref>[http://www.leinchieste.com/giuliano e lo stato.htm Il bandito Giuliano e lo stato]</ref>.
  
Il rapporto che la mafia ebbe col [[fascismo]] fu quella di cambiare posizione verso quest'ultimo per seguire i propri interessi come è la strategia generale della mafia che non avendo ideali lega gli " ideali momentanei " in modo diretto agli interesi economici e di potere del fenomeno mafioso. Così  ci ritroviamo Vito Genovese e Albert Anastasia diventarono stretti collaboratori di Charles Poletti che e' il plenipotenziario per l'occupazione alleate nel sud  dopo lo sbarco statunitense: è ben conosciuta una foto <ref> [http://www.archivio900.it/it/nomi/nom.aspx?id=1393 Foto di Vito Genovese con Salvatore Giuliano] </ref> in cui Genovese è ritratto, con la divisa dell'esercito americano in compagnia di [[Salvatore Giuliano]]<ref>[http://www.leinchieste.com/giuliano e lo stato.htm Il bandito Giuliano e lo stato]</ref>.
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Giuliano godeva della protezione di Genovese quando questi passò con gli statunitensi ma, dai documenti desecretati dall'[[OSS]], risulta che fu appoggiato sia da [[Fascismo|fascisti]] che dagli agenti segreti americani. Secondo quanto riportato dallo storico Giuseppe Casarrubea, risulterebbero alte probabilità che il bandito Giuliano sia addirittura stato un [[Fascismo|fascista]] della [[X MAS]]. È ancora da rimarcare che i capi mafiosi riciclati dagli americani assolvettero compiti polizieschi, ovvero quelli di eliminare i gruppi criminosi che lavoravano in modo autonomo, cosa che peraltro fecero con zelo. Di questa situazione di cambio di campo, o quantomeno di riciclaggio dei mafiosi amici o meno del [[Fascismo|fascismo]], uno dei principali registi fu Lucky Luciano: ''"Lucky Luciano, il noto boss rinchiuso nelle carceri americane, passò i nomi di 850 persone su cui “contare" e gli ufficiali dell'[[OSS]], che dirigeranno sul campo "l'operazione sbarco", saranno [[Max Corvo]], [[Victor Anfuso]] e [[Vincent Scamporino]]<ref>"Ma Scamporino è anche il legale dei sindacati controllati da Cosa Nostra. In Sicilia, prima dello sbarco, le missioni degli agenti di Scamporino si avvalgono di una fitta rete di protezione mafiosa, che oltre a dare riparo e assistenza, fornisce loro ogni genere d’informazione di valore militare". Si legga anche: [http://www.italiasociale.org/articoli2006/notizie160106-1.html da Italia Sociale]</ref>. Il loro gruppo sarà conosciuto come il "cerchio della mafia". Tra gli americani, in divisa dell'esercito, c'erano Albert Anastasia  (ucciso nel dopoguerra in un negozio di barbiere) e don Vito Genovese, (il don Vito Corleone del film "[[Il padrino (film)|Il padrino]]"), stretti collaboratori di Charles_Poletti. Scrivono [[Roberto Faenza]] e [[Marco Fini]] “Gli americani in Italia”: "È così che quando nel 1943 gli americani sbarcheranno in Sicilia, la prima azione dell'[[OSS]] sarà [...] restituire la libertà ai mafiosi imprigionati dal regime fascista".<ref>[http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/poletti.htm da "Corsa infinita" (sito dei bersaglieri)]</ref>''"
  
Giuliano godeva della protezione di Genovese quando questo passò con i gli statunitensi ma, dai documenti desecretati dall'[[OSS]], era appoggiato sia da [[fascisti]] che dagli agenti segreti americani e seguendo le ipotesi suffragate da ampia documentazione di Giuseppe Casarrubea sembrerebbe che ilbandito Giuliano fosse stato un fascista della X MAS. È ancora da rimarcare che i capi mafiosi riciclati dagli americani avevano il compito, quasi di polizia, di eliminare i gruppi criminosi che lavoravano in modo autonomo e lo fecero con zelo. Di questa situazione di cambio di campo, o quantomeno di riciclaggio dei mafiosi amici o meno del fascismo,uno dei principali registi fu Lucky Luciano.
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Sempre dalla stessa fonte viene precisato gli scopi delle inchieste USA sulla criminalità organizzata italianaerano tutt'altri che quelli di cacciare dei criminali:
  
''"Lucky Luciano, il noto boss rinchiuso nelle carceri americane, passò i nomi di 850 persone su cui “contare" e gli ufficiali dell'[[OSS]], che dirigeranno sul campo "l'operazione sbarco", saranno [[Max Corvo]], [[Victor Anfuso]] e [[Vincent Scamporino]]<ref>''"Ma Scamporino è anche il legale dei sindacati controllati da Cosa Nostra. In Sicilia, prima dello sbarco, le missioni degli agenti di Scamporino si avvalgono di una fitta rete di protezione mafiosa, che oltre a dare riparo e assistenza, fornisce loro ogni genere d’informazione di valore militare''"[http://www.italiasociale.org/articoli2006/notizie160106-1.html da Italia Sociale]</ref>  Il loro gruppo sarà conosciuto come il "cerchio della mafia". Tra gli americani, in divisa dell'esercito, c'erano Albert Anastasia  (ucciso nel dopoguerra in un negozio di barbiere) e don Vito Genovese, (il don Vito Corleone del film "[[Il padrino (film)|Il padrino]]"), stretti collaboratori di Charles_Poletti. Scrivono [[Roberto Faenza]] e [[Marco Fini]] “Gli americani in Italia”: "È così che quando nel 1943 gli americani sbarcheranno in Sicilia, la prima azione dell'[[OSS]] sarà [...] restituire la libertà ai mafiosi imprigionati dal regime fascista".<ref>[http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/poletti.htm da corsa infinita dei bersaglieri]</ref>''"
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''"Quando, nel 1951, la Commissione americana si occupò degli italiani è evidente che ne approfittò per liberarsi di alcune componenti anarchiche. Perché allora la componente anarchica era molto presente tra gli italiani negli Stati Uniti: penso a gente come [[Sacco e Vanzetti|Nicola Sacco]] , [[Sacco e Vanzetti|Bartolomeo Vanzetti]] e [[Carlo Tresca]] <ref>[http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/taddei.htm da Trombealvento]</ref>''"  
  
Sempre dalla stessa fonte viene precisato gli scopi delle inchieste USA sulla criminalità organizzata italiana avevano altro scopo che cacciare dei criminali:
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In un'intervista al regista Pasquale Scimeca, questi afferma:
 
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''"Quando, nel 1951, la Commissione americana si occupò degli italiani è evidente che ne approfittò per liberarsi di alcune componenti anarchiche. Perché allora la componente anarchica era molto presente tra gli italiani negli Stati Uniti: penso a gente come [[Nicola Sacco]] , [[Bartolomeo Vanzetti]] e [[Carlo Tresca]] <ref>[http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/taddei.htm  trombealvento "Un certo [[Ezio Taddei]], livornese" Bersagliere un po' anarchico intervista al regista Pasquale Scimeca]</ref>''"
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In un'intervista al regista Pasquale Scimeca , questi afferma:
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''"I mafiosi che erano sfuggiti alla repressione del Prefetto Mori, emigrando in America, avevano fatto fortuna, esercitavano una rispettabile influenza e disponevano di non poche entrature in vari ambienti come quelli militari, dove prestavano il loro ausilio come interpreti, o strani accompagnatori. Alcuni di loro furono addirittura arruolati direttamente nei servizi segreti della Marina Americana. Illustrissimi, del calibro di Joe Profacy, Vincent Mangano, Nick Gentile, Vito Genovese e l'immancabile Lucky Luciano, si resero disponibili ad offrire la loro preziosa consulenza sfruttando gli antichi legami mai interrotti con la terra natia.
 
''"I mafiosi che erano sfuggiti alla repressione del Prefetto Mori, emigrando in America, avevano fatto fortuna, esercitavano una rispettabile influenza e disponevano di non poche entrature in vari ambienti come quelli militari, dove prestavano il loro ausilio come interpreti, o strani accompagnatori. Alcuni di loro furono addirittura arruolati direttamente nei servizi segreti della Marina Americana. Illustrissimi, del calibro di Joe Profacy, Vincent Mangano, Nick Gentile, Vito Genovese e l'immancabile Lucky Luciano, si resero disponibili ad offrire la loro preziosa consulenza sfruttando gli antichi legami mai interrotti con la terra natia.
Per portarsi avanti, nel contempo, L’OSS (Office Strategic Service) mandò Max Corvo e Vincent Scamporino, il capo del settore italiano del secret intelligence, a Favignana dove erano rinchiusi i mafiosi “perseguitati” dal Prefetto di ferro e li fece liberare  <ref>[http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=171:una-storia-di-stragi-e-di-misteri&catid=19:i-mandanti-occulti&Itemid=38 da Una storia di stragi e misteri di [[Giorgio Bongiovanni]]]</ref> ''"
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''Per portarsi avanti, nel contempo, L’OSS (Office Strategic Service) mandò Max Corvo e Vincent Scamporino, il capo del settore italiano del secret intelligence, a Favignana dove erano rinchiusi i mafiosi “perseguitati” dal Prefetto di ferro e li fece liberare'' <ref>[http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=171:una-storia-di-stragi-e-di-misteri&catid=19:i-mandanti-occulti&Itemid=38 da Una storia di stragi e misteri di [[Giorgio Bongiovanni]]]</ref> ''"
  
 
Cosi' scrive Giorgio Bongiovanni direttore di [http://www.antimafiaduemila.com/ Antimafia 2000]:
 
Cosi' scrive Giorgio Bongiovanni direttore di [http://www.antimafiaduemila.com/ Antimafia 2000]:
''"Dopo lo sbarco il loro primo incarico fu quello di mettere ordine, chi poteva farlo meglio di coloro che avevano sempre avuto un controllo serrato del territorio?
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''"Dopo lo sbarco il loro primo incarico fu quello di mettere ordine, chi poteva farlo meglio di coloro che avevano sempre avuto un controllo serrato del territorio?''
In pochissimo tempo i padrini ripresero il comando e eliminarono con accanita sistematicità le decine di bande che infestavano l’isola, tutte tranne una: quella di Salvatore Giuliano, ricondotta sotto l’egida della famiglia di [[Montelepre]], che controllava da giusta distanza la mitica azione rivoluzionaria del bandito. In men che non si dica venne a crearsi in Sicilia una catena di persone e personaggi, in numero sempre crescente, disposti a mettersi dalla parte dei vincitori. I capimafia di fatto si sentirono nobilitati e vennero elevati al grado di “liberatori”.
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''In pochissimo tempo i padrini ripresero il comando e eliminarono con accanita sistematicità le decine di bande che infestavano l’isola, tutte tranne una: quella di Salvatore Giuliano, ricondotta sotto l’egida della famiglia di Montelepre, che controllava da giusta distanza la mitica azione rivoluzionaria del bandito. In men che non si dica venne a crearsi in Sicilia una catena di persone e personaggi, in numero sempre crescente, disposti a mettersi dalla parte dei vincitori. I capimafia di fatto si sentirono nobilitati e vennero elevati al grado di “liberatori”.''
Ma la vera legittimazione venne con l’assegnazione dei comuni ai vecchi boss che si ritrovarono di nuovo padroni dei loro feudi e con la fascia tricolore posta di traverso sul petto: Don Calò ([[Calogero Vizzini]]) divenne sindaco di [[Villalba]], [[Salvatore Malta]] di [[Vallelunga]], Genco Russo ([[Giuseppe Genco Russo]]) sovraintendente agli Affari Civili di [[Mussomeli]] e altri rivestirono incarichi ufficiali in diversi ambiti <ref>[http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=171:una-storia-di-stragi-e-di-misteri&catid=19:i-mandanti-occulti&Itemid=38 da Una storia di stragi e misteri di [[Giorgio Bongiovanni]]] direttore di [http://www.antimafiaduemila.com/]=Antimafia 2000</ref> ''"
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''Ma la vera legittimazione venne con l’assegnazione dei comuni ai vecchi boss che si ritrovarono di nuovo padroni dei loro feudi e con la fascia tricolore posta di traverso sul petto: Don Calò ([[Calogero Vizzini]]) divenne sindaco di [[Villalba]], [[Salvatore Malta]] di Vallelunga, Genco Russo ([[Giuseppe Genco Russo]]) sovrintendente agli Affari Civili di Mussomeli e altri rivestirono incarichi ufficiali in diversi ambiti<ref>[http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=171:una-storia-di-stragi-e-di-misteri&catid=19:i-mandanti-occulti&Itemid=38 da Una storia di stragi e misteri di [[Giorgio Bongiovanni]]] direttore di [http://www.antimafiaduemila.com/ Antimafia 2000] </ref> ''"
 
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Tutto ciò era inserito in un momento di scontri sociali e rivendicazioni da parte degli strati meno abbienti della popolazione siciliana, che portarono ad un gran numero di caduti in piazza. I morti fra i manifestanti in questo periodo furono circa 80, a fronte di due appartenenti agli organi di polizia dello stato, con un rapporto di circa 40 ad 1; i feriti, più o meno gravi, fra i manifestanti furono centinaia.
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''"Morti nelle proteste di piazza dall'Armistizio alla fine della guerra, tratto da una ricerca della fondazione [[Luigi Cipriani]]|
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* 24 settembre 1943: A Palma di Montechiaro (Agrigento), per stroncare la manifestazione della popolazione contro il richiamo alle armi, reparti militari sparano sulla folla uccidendo un uomo e una donna.
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* 29 marzo 1944: [[Partinico]] ([[Palermo]]), manifestazione contro il carovita e  accaparratori di grano, sottufficiale dei carabinieri uccide Lorenzo Pupillo, minorenne, muore durante gli scontri il maresciallo dei carabinieri Benedetto Scaglione.
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* 27 maggio 1944: [[Regalbuto]] (Enna), raduno separatista con [[Andrea Finocchiaro Aprile]], [[Luigi La Rosa]], [[Santi Rindone]], [[Bruno di Belmonte]], [[Guglielmo Carcaci]], [[Concetto Gallo]], [[Concetto Battiato]], [[Isidoro Piazza]], fra gli altri si verificano scontri e cade soto il fuoco dei carabinieri [[Santi Milisenna]]  del[[ Pci]], segretario della  federazione di [[Regalbuto]]. Altri due manifestanti vengono gravemente feriti.
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* 28 maggio 1944: Licata (Agrigento), a causa del ritorno in carica all'ufficio di collocamento del già deposto gerarca fascista vi è una protesta popolare, durante la quale polizia e carabinieri aprono il fuoco, col risultato di tre caduti fra i manifestanti e circa 18 feriti. Alla protesta seguono 120 arresti.
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* 19 ottobre 1944: Palermo, manifestazione pacifica popolare contro la mancanza di pane, ne consegue che un plotone di fanteria del 139° Rgt della divisione Sabauda spara sulla folla, col risultato di  23 morti e 158 feriti: ovvero vi è una connotazione di strage, secondo la definizione accettata dai siti [[ANPI]] e dagli esperti del settore. Fra i caduti della popolazione: Giuseppe Balistreri, Vincenzo Cacciatore, Domenico Cordone, Rosario Corsaro, Michele Damiano, Natale D'Atria, Giuseppe Ferrante, Vincenzo Galatà, Carmelo Gandolfo, Francesco Giannotta, Salvatore Grifati, Eugenio Lanzarone, Gioacchino La Spisa, Rosario Lo Verde, Giuseppe Maligno, Erasmo Midolo, Andrea Olivieri, Salvatore Orlando, Cristina Parrinello, Anna Pecoraro, Vincenzo Puccio, Giacomo Venturelli, Aldo Volpes.
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* 20 ottobre 1944: Sui giornali però il comunicato imposto dal governo in carica recita "In occasione di una dimostrazione diretta ad ottenere miglioramenti di carattere economico, compiuta ieri a Palermo da impiegati delle banche e dell’esattoria, gruppi estranei, sobillati da elementi non ancora chiaramente individuati, prendevano l’iniziativa per inscenare una manifestazioni sediziosa. Davanti alla sede dell’Alto Commissariato venivano esplosi colpi d’arma da fuoco contro reparti dell’Esercito, che erano così costretti a reagire. Si deplorano 16 morti e 104 feriti. L’ordine pubblico è stato ristabilito. Il Comitato provinciale di liberazione nazionale si è subito riunito ed ha dichiarato di mettersi a disposizione dell’Autorità governativa locale per la ricerca dei responsabili della manifestazione sediziosa".
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* ottobre 1944: [[Licata]] ([[Agrigento]]), manifestazione di contadini, 2 morti e 19 feriti dovuti al fuoco dei carabinieri i carabinieri aprono il fuoco uccidendone due, ne coneguono  80 denunce di manifestanti.
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* 14-15 dicembre 1944: [[Catania]], manifestazione  contro il richiamo alle armi con conseguenti tumulti e devastazione di Municipio, sede del [[Banco di Sicilia]] con relativi uffici dell’esattoria comunale, nel proseguo i manifestanti si spingono fino alla sede del Distretto militare, i militari aprono il fuoco e cade Antonio Spampinato. Ne consegue l'arresto di 53 manifestanti, fra questi vi sono militanti conosciuti del movimento separatista siciliano quali Egidio Di Mauro, Salvatore Padova da Ispica, Giuseppe La Spina mentre  Concetto Gallo, i fratelli Gullotta, Michele Guzzardi, Giuseppe Galli, Isidoro Avola, Guglielmo Paternò Castello vengono denunciati a piede libero.
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* 17 dicembre 1944: [[Pedara]], al mattino vengono lanciate 5 bombe a mano in 2 distinte piazze del paese, senza danni; sempre nel corso della protesta per il richiamo alle armi, nel medesimo pomeriggio a [[Vizzini]] i carabinieri sparano sui dimostranti che stanno incendiando la sede del municipio, col risultato di 2 morti fra i dimostranti intenti ad incendiare la sede del Municipio, uccidendone 2.''
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* 4 gennaio 1945: [[Ragusa]], l’esercito apre il fuoco, su dimostrazione che cerca di bloccare il trasporto dei giovani arruolati verso il fronte, sulla folla che tenta di bloccare un camion, che trasportava giovani verso il fronte; risulta gravemente ferito un giovane e ucciso il sacrestano della chiesa di [[san Giovanni]]; la rivolta dei cosiddetti ''non si parte'', invece di sedarsi si alimenta.
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* 5-6 gennaio 1945: [[Ragusa]], i ''non si parte'' prendono possesso  di alcuni quartieri ed costruiscono barricate, dando così inizio ad una insurrezione armata; fra i dirigenti vi sono militanti socialisti ma ancor più comunisti. Questi ultimi non sono a conoscenza che l'organismo dirigente del loro stesso partito ha definito la loro insurrezione ''rigurgito fascista''. L'esercito interviene in modo assai pesante col risultato di 19 morti e 63 feriti fra i rivoltosi a [[Ragusa]] e provincia. Alcune fonti storiche ritengono tali dati una sottostima di un accadimento definibile anche in questo caso come strage. (vedere fonti sentenze e regolamenti magistratura militare per esattezza)
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* 11 gennaio 1945: [[Naro]], la rivolta dei ''non si parte'' si inasprisce. Gli organi di repressione dello stato fanno fuoco col risultato di 5 morti. Il bilancio della repressione sarà di 5 morti e 12 feriti; nel prosieguo vi sono 53 arresti.
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* 12 gennaio 1945: [[Licata]], durante i tumulti contro la leva obbligatoria, viene assassinato un manifestante.
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* 11 marzo 1945: [[Palermo]], assalto da parte della folla all'ufficio delle imposte e all'ispettorato dei dazi e consumi; nel prosieguo i rivoltosi si dirigono verso la prefettura; muoiono negli scontri un commissario di p.s. ed un giovane operaio.
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* 11 settembre 1945: [[Piazza Armerina]] ([[Enna]]), scontri fra dimostranti ed appartenenti agli organi di repressione dello stato; un carabiniere fa fuoco su Giovanni Pivetti, militante socialista, che muore.
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* 2 ottobre 1945: Piazza Armerina, lavoratori protestano contro il carovita; ne conseguono cariche dei poliziotti, che costano una vittima ai manifestanti, oltre alcuni feriti. Le manifestazioni di protesta comunque proseguono per 2 giorni.
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== Il rapporto di Casarrubea e Cereghino ==
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'''[http://montagna-longa.noblogs.org/ sito dedicato ai fatti di cui sotto]'''
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'''[http://montagna-longa.noblogs.org/category/rapporto-peri L'investigatore dimenticato Giuseppe Peri ]'''
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"''L'intelligente intuizione
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di un investigatore siciliano
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tra mafia ed eversione negli anni '70,
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decennio dei misteri e dei buchi neri
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(Il rapporto di Giuseppe Peri)
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Istituto Gramsci Siciliano"''
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'''Non bisogna valutare le considerazioni politiche che possono essere di parte che vengono esposte inerenti al partito comunista e/o alla fantomatica democrazia mia raggiunta  , ma valutare i fatti presentati che dimostrano la validità del disegno eversivo organizzato:ben ricordando che comunque il partito comunista almeno dal punto di vista organizzativo era il principale organizzatore di rivendicazioni di masse proletarie nel periodo e nel luogo preso in considerazione nonchè che il maggior numero dei trucidati da questo mix di mafiosi fascisti e servizi americani erano militanti o simpatizzanti del partito comunista ed anche se dopo la spartizione di Yalta Stalin era assolutamente contrario ad ogni istanza rivoluzionaria in occidente ed il partito comunista obbediva agli ordini di Staklin occorre rimarcare che per un gran numero di militanti e di quadri intermedi e anche qualcuno di alto livello , vedi l'allontanamento di Pietro Secchia da ogni posto di potere dentro il partito , la ipotesi di rivoluzione sociale non la avevano per niente abbandonata e Palmiro Togliatti ci mise qualche anno a riaddomesticare il partito . Esempio ne è la mano lbera lascista , ovvero dovuta lasciare da Togliatti agli ex partigiani in Emilia Romagna , per un paio d'anni , per l' " epurazione " degli ex fascisti.Inoltre il fatto che la spartizione fosse stata fatta non esime dal discorso del colpo gobbo che avevano intenzione di fare gli statunitensi con i mafiosi ed ex fascisti per staccare dalla dinamica politica nazionale la Sicilia.
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'''[http://montagna-longa.noblogs.org/gallery/68/Dossier%20Casarrubea%20e%20Cereghino%20su%20Stati%20Uniti,%20eversione%20nera%20e%20guerra%20al%20comunismo%20in%20Italia%201943%20-%201947.pdf riportiamo il rapporto di Casarrubea e Cereghino]
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'''GIUSEPPE CASARRUBEA
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MARIO J. CEREGHINO'''
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'''STATI UNITI,
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EVERSIONE NERA
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E GUERRA AL COMUNISMO
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IN ITALIA
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1943 - 1947'''
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'''18 aprile 2007'''
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'''Nascita della strategia della tensione'''
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Questo dossier fa seguito alle motivazioni per la riapertura delle indagini sulle stragi del 1° maggio e del 22 giugno 1947 avvenute a Portella della Ginestra e a Partinico (Palermo), consegnate il 7 dicembre  2004  e  il  24  maggio  2005  al  Procuratore  della Repubblica di Palermo, dott. Pietro Grasso.
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===scopo della ricerca===
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Gli autori spiegano quale sia lo scopo della loro ricerca dopo aver reperito materiale in archivi in parte da poco desecretati sia negli USA che in Italia che in Inghilterra fino a spingersi a quelli della Slovenia per poter aver un quadro degli avvenimenti stragistici in Sicila e collegare fra di loro micidi ed eccidi in un'unico disegno che non si può definire unicamente di stretto stampo mafioso anzi tutt'altro.Fra gli uccisi compare anche  il padre di Giuseppe Casarrubea che porta lo stesso nome del figlio ed era dirigente del sindacato.I fatti stragistici del ’47 vengono colegate in un ' arco temporale che va dal‘46 (strage di Alia, 22 settembre) fino agli assassinii di Epifanio Li Puma, segretario della Camera del lavoro di Petralia Soprana (2  marzo  ‘48),  Placido  Rizzotto,  segretario  della  Camera  del lavoro  di  Corleone  (10  marzo  ‘48)  e  Calogero  Cangelosi, segretario della Camera del lavoro di Camporeale (2 aprile ‘48). Lungo questo periodo si registrano numerosi altri delitti di sangue contro  dirigenti  sindacali  e  della  sinistra,  come  gli  assassinii  di Giovanni  Severino,  segretario  della  Camera  del  lavoro  di Joppolo  (25  novembre  ‘46);  Nicolò  Azoti,  segretario  della Camera  del  lavoro  di  Baucina  (21  dicembre  ‘46);  Accursio Miraglia,  segretario  della  Camera  del  lavoro  di  Sciacca  (4 gennaio  ‘47);  Pietro  Macchiarella,  segretario  della  Camera  del lavoro  di  Ficarazzi  (19  febbraio  ‘47);  Biagio  Pellegrino  e Giuseppe Martorana, caduti durante   una sparatoria dei carabinieri sulla folla dei manifestanti a Messina  (7 marzo ‘47); Giovanni Grifò, Filippo Di Salvo,Provvidenza Greco, Castrense  Intravaia,  Vincenza  La  Fata,  Giovanni  Megna, Margherita Clesceri, Vito Allotta, Francesco Vicari, Giuseppe Di Maggio, Giorgio Cusenza, Serafino Lascari, (Portella della Ginestra,  comune  di  Piana  degli  Albanesi,  1°  maggio  ’47); Michelangelo  Salvia  (dirigente  della  Camera  del  lavoro  di Partinico, 8 maggio ‘47); Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Iacono (dirigenti della Camera del Lavoro di Partinico, 22 giugno’47); Giuseppe Maniaci, segretario della Federterra di Terrasini
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(23  ottobre  ‘47);  Calogero  Caiola  (testimone  della  strage  di Portella della Ginestra,3novembre‘47); Vito Pipitone, segretario della Camera del lavoro di Marsala (8 novembre ‘47).
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===ipotesi di singolo disegno eversivo unificante delitti ed eccidi===
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Tali crimini per gli autori del puntiglioso lavoro  sono legati  in un solo  disegno  eversivo  ,il cui fine strategico era quello di porre termine al processo  democratico  e  partecipativo  scaturito dalla  lotta  di  Resistenza  e  che aveva riunificato le forze  antifasciste.Come era da attenderci il vecchio regime fascista era militarmente sconfitto ma non stroncato nelle radici per cui era in grado di opporsi al processo di cui sopra  riorganizzando  le  proprie  forze che non erano per niente trascurabili:tanto per citare un sempio l'epurazione dagli organi di represione dello stato di fascisti e torturatori avvenne in maniera " comica " se non fosse da definirsi correttamente tragica per le future conseguenze .Quindi il regime fascista prova a riappropriarsi del potere perduto  tra l’autunno ’46 e quello successivo tramite  un colpo di Stato  e l’instaurazione di un governo autoritario in grado di imprimere un corso  reazionario  alla  storia  politica  italiana.  Il  primo  passo consiste  nel  mettere  fuori  legge  il  Pci  di  Palmiro  Togliatti  e nell’incarcerarne  i  principali  dirigenti,  dopo  una  sollevazione armata  delle  varie  formazioni  neofasciste.  A  eseguire  questo piano  troviamo  generali  dell’Arma  dei  carabinieri,  dell’Esercito, dell’Aeronautica nonché ammiragli della Marina, tutti provenienti da  ambienti  monarchici  o  fascisti.Vengono costiuitr  in  quei  mesi varie organizzazioni eversive che confluiscono, nell’autunno ’46, nell’'''Unione patriottica anticomunista''' (Upa).
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'''[NDRPer lo scrivente l'analisi politica risulta carente per quanto riguarda la  possibilità del proseguio di una gestione della cosa pubblica in senso " democratico " da parte di un gruppo di formazioni interclassiste , col potere economico militare in mano ormai al capitale nei suoi vari settori anche contrapposti e sopratutto  con l'asservimento della politica di Palmiro Togliatti a Stalin che non voleva nessun sbilanciamento rivoluzionario in occidente ed infatti parte della rottura con Tito fi il fattto che Stalin impedì a Tito ed a Oxa di Albania di poter costotuire una federazione socialista balcanica mentre poco prima  gli inglesi reprimevano nel sangue i tentativi rivoluzionari dei partigiani dell'ELAS ELAS
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"''(Ethnikòn Laikòn Apelefhterotikòn Sóma, Corpo nazionale popolare di liberazione). Organizzazione militare della resistenza greca, facente capo al Fronte nazionale di liberazione (Eam). Le forze dell'Elas (circa 133.000 uomini) liberarono gran parte del territorio nazionale, ma rifiutarono la smobilitazione imposta dal governo britannico e subirono una sanguinosa repressione (guerra civile greca, 1944-1945)."''[http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/e/e023.htm dizionario di storia] '''e con tali premese l'ipotesi di sviluppo democratico nel senso piu' alto del termine ipotizzata da Giuseppe Casarrubea sembra irreallizzabile]'''
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ma detto questo proseguiamo nella linea di Casarrubea che dal punto di vista di ricostruzione storica dei fatti è inecceppibile
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===Fonti documentali di Casarrubea e Cereghino===
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Il dossier di Casarrubea e Cereghinointende evidenzia che tale disegno e' un progeto  dal  governo  degli  Stati  Uniti  d’America,  tramite  il  Comando militare e i servizi segreti di questa nazione in Italia. La Sicilia è scelta come campo sperimentale del disegno golpista per motivi che sono più che ovvi e che partono dai potenti aleati mafiosi dell'esercito americano tanto per iniziare .Ne consgue che eccidi ed assassinii dovevano servire a provocare una reazione militare da parte delle masse socialcomuniste,indispensabile per affinchè Upa e i gruppi fascisti protetti dall’intelligence  Usa potessero altrettanto militrmente ma con ben altri mezzi intervenire in modo giustificato ['''NDR''' tipico schema tattico di procazione applicato molte volte durante l'avvento del fascismo solo che allora la copertura era offerta ai fascisti da carabinieri e guardie regie a parte il ben conosciuto capitano dei carabinieri Guido Jurgens che sparò sui fascisti assieme agli [[Arditi del Popolo]] e la pagò assai cara].Ovvero a questi fatti si far ascriver la nascita in Italia della   strategia  della tensione.La  documentazione presa in considerazione ,  in  forma cartacea originale, che si trova presso i seguenti archivi:
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# Usa, Maryland,College Park,National archives and records administration; # Gran Bretagna, Kew Gardens, Surrey, National archives;
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#  Italia,  Roma,  Archivio  centrale  dello  Stato,  fondo Servizio  informazioni  e  sicurezza  (Sis); 
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#  Repubblica  slovena, Lubiana,  Archivio  di  Stato. 
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#Di  detti  originali  è  stata  prodotta copia attualmente giacente presso   l’archivio “Giuseppe Casarrubea”,  sito  in  via  Catania  3  a  Partinico  (Palermo). 
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#Per ciascuna  copia  presa  in  esame  si  è  in  grado  di  fornire  l’esatta collocazione  archivistica.
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#I  rapporti  Sis  provengono  dall’Archivio  centrale  dello  Stato(Roma).
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#Qui  sono  depositati  alla  fine  degli  anni  Novanta  in seguito  alla  loro  scoperta  da  parte  dello  storico  Aldo  Sabino Giannuli,  che  li  ritrova  nel  ‘96  in  un  deposito  del  ministero dell’Interno sito in via Appia, mentre effettua una serie di ricerche per  conto  del  giudice  Guido  Salvini  sulla  strage  di  Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre ‘69).
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I  nuovi  elementi  di  documentazione  rintracciati  nei  vari  archivi appaiono  convergenti  e  reciprocamente  complementari,  a  tal punto  da  far  ritenere insufficienti i dati  emersi,  anche  in  sede dibattimentale,  nei  processi  conseguenti  alle  stragi  di  Portella della  Ginestra  e  di  Partinico. Le  nuove  scoperte  risultano fondamentali  alla  riapertura  delle  indagini,  allora  basate  su  un Rapporto giudiziario (4 settembre ‘47) chiaramente depistante e privo di una corretta lettura dei fatti avvenuti.
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===Un rapporto Sis datato 25 giugno ‘47===
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'''sempre seguendo il lavoro di Casarrubea:'''
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Con sentenze della Corte di Assise di Viterbo (3 maggio  ‘52)  e della  seconda  Corte  di  Appello  di  Roma  (10  agosto  ‘56),  sono condannati  a  pene  varie  numerosi  elementi  della  banda  di Salvatore  Giuliano  (Montelepre,  1922).
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Emerge  ora  che  i responsabili degli eccidi di [[Portella della Ginestra]] e di Partinico sono  anche  altri  soggetti,  alcuni  dei  quali  potrebbero  essere ancora  in  vita.  Tali  responsabilità  riguardano  inoltre  delitti consumati a partire dalla  strage di  Alia e  fino ai  nuovi equilibri imposti  alla  vigilia  delle  elezioni  politiche  del  18  aprile  ‘48, attraverso l’eliminazione di Li Puma, Rizzotto e Cangelosi.
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#Un  rapporto  Sis  datato  25  giugno  ‘47,  che  si  riporta  per  intero
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(pubblicato  da  Giannuli  nella  rivista  Libertaria,  il  piacere dell’utopia,  anno  5,  n.  4,  ottobre  -  dicembre  2003,  pp.  48  -  58, titolo:  Salvatore  Giuliano,  un  bandito  fascista,)  riferisce  quanto segue:
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[…] Il “bandito Giuliano” vi è stato più volte segnalato, anche e soprattutto in ordine ai suoi contatti con le formazioni clandestine di Roma. Vi fu precisato il luogo  degli  incontri  coi  capi  del  neo  -  fascismo  (bar  sito  a  via  del  Traforo all’angolo  di  via  Rasella).  Vi  parlammo  dei  suoi  viaggi  Roma-Torino. Precisammo  che  capo  effettivo  della  banda  è  presentemente  il  tenente  della Gnr Martina, già di stanza a Novara.  È superfluo ricordarvi che la banda ha  sempre  provveduto  al  mantenimento  di  un  proprio  nucleo  dislocato  in  Roma
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(punto di ritrovo: alla “Teti” e nel caffé con servizio esterno sito in piazza San Silvestro) e che il noto detentore della valigia di bombe proveniente da Bari – per incarico del Partito fusionista italiano, certo Nicola, sfuggito (all’epoca del lancio  delle  “bombe  di  carta”)  alla  cattura  per  l’intempestiva  pubblicazione relativa all’operazione di polizia in corso – altri non era che il pseudo “Dan”, altrimenti detto il “sergente di ferro”, che al nord fu attivissimo collaboratore del Martina, intimo fra l’altro della Sanna Anna, a voi nota, e di suo fratello Domenico.
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'''NB'''La banda Giuliano è da ritenersi, fin dall’epoca delle nostre prime segnalazioni, '''a completa disposizione delle formazioni nere'''. Il nucleo romano della banda Giuliano era comandato fino a quindici giorni fa da certo “Franco” e da un maresciallo della Gnr, che si trovano attualmente a Cosenza. Partirono da Roma improvvisamente “per ordine superiore”, e in Sicilia dopo una breve permanenza  a  Napoli,  da  dove  hanno  scritto  al  Fronte  dando  “ottime  notizie sulla situazione locale”. Le loro lettere, a firma “Franco”, vengono indirizzate a certa  signora  Gatti,  “zia”  di  Franco,  madre  della  Sanna.  Con  la  loro  ultima, annunciavano  “cose  grandi  in  vista  e  molto  prossime”.  Richiedevano  la presenza  a  Palermo  di  8  uomini  completamente  sconosciuti  in  Sicilia,  ma  la richiesta  non  venne  accolta.  Da  Cosenza,  la  banda  Giuliano,  che  ha ramificazioni  in  ogni  centro  della  Calabria,  della  Sicilia  e  della  Campania, inviò  la  settimana  scorsa  a  Roma  tal  Libertini  Sebastiano.  Si  presentò  con documenti  vari.  In  alcuni  risultava  impiegato  alle  dipendenze  della  locale Direzione di  Artiglieria; in altri carabiniere.  Aveva l’incarico  di far  noto  che “data  l’imminenza  dell’azione”,  la  presenza  a  Cosenza di un esponente nazionale era indispensabile. Non se ne fece nulla, anche perché il suo arrivo a Roma coincideva stranamente coi noti fermi degli appartenenti ai Far [Fasci di azione  rivoluzionaria].  Vi  fu  molto  tempo  fa  parimente  segnalata  l’attività clandestina  neo  –  fascista  del  console  Riggio,  trapiantato  a  Palermo  con  lo pseudonimo  di “ing.  Rizzuti”  e,  reiteratamente,  quelle dell’avv.  Ciarrapico, neo capo del Partito fusionista in sostituzione di Pietro Marengo, e del noto dott. Cappellato, ex medico  di Mussolini,  agente provocatore n. 1 in Sicilia, comandante  del  vecchio  Partito  fascista  democratico  prima,  e  delle  FFNN[Formazioni  nere]  dopo,  in  seno  alla  sezione  romana  del  Partito  fusionista. Altra nostra segnalazione di alcuni mesi fa: al bandito Giuliano doveva essere demandato  il  compito  di  provvedere  alla  evasione  di  [Junio  Valerio] Borghese, relegato a Procida, perché soltanto l’ex capo della Decima Mas era ritenuto in grado di assumere militarmente il rango, per l’influenza esercitata, di  capo  militare  delle  formazioni  clandestine  dell’isola.  Anche  il  colonnello Pollini  e  Spinetti  Ottorino,  già  abitanti  in  Roma  in  via  Castro  Pretorio  24, piano ultimo, sono stati, pochi giorni prima dell’arresto del Pollini e dell’inizio dell’azione  della  banda,  in  Sicilia  e  a  Palermo  per  conto  dell’“Ecla”  [o  Eca, Esercito  clandestino  anticomunista]  diretta  da  Muratori.  Vale  qui  ricordare che  Muratori  ha  sempre  agito  nel  campo  clandestino  in  funzione  di  agente provocatore.  Egli  ha  avuto  anche  contatti  e  remunerazioni,  da  notizie assolutamente certe, dal Pci. Il Fronte antibolscevico costituito recentemente a Palermo, al quale dette la sua adesione incondizionata l’On. Alfredo Misuri in 5 proprio,  e  quale  capo  del  gruppo  “Savoia”  di  via  Savoia  86  (cap.  Pietro Arnod, principessa Bianca Pio di Savoia, ecc.), non è una sezione del Fronte anticomunista a voi nota. Il [Gioacchino] Cipolla, che a Palermo dirigerebbe il Fronte,  è  del  tutto  sconosciuto  al  “Fronte  unico  anticomunista”  di  cui  alle nostre reiterate segnalazioni confidenziali. Il Fronte antibolscevico di Palermo è  però  collegato  con  Anna  Maria  Romani,  ospite  della  principessa  Pio  di Savoia, sedicente segretaria particolare di Misuri, cucita in tutto a filo doppio del  noto  colonnello  Paradisi,  detto  anche  Minelli  (piazza  Tuscolo)  ed  è  pei suoi  “buoni  uffici”  che  Misuri  e  i  “camerati”  del  Comitato  anticomunista  di Torino, a voi noto, appoggiarono e appoggiano il progetto di “azione diretta” di cui il Paradisi è autore.  Negli ambienti dei Far, Nuovo Comando Generale, si ammette  che  l’azione  della  banda  Giuliano  è  in  relazione  con  l’ordine  testé impartito di “accelerare i tempi”. L’ordine, come vi fu fatto noto, è stato esteso all’Ecla  di  Muratori  e  Venturi,  i  quali  attingono  denaro  e  disposizioni  da un’unica  fonte.
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Si  preparano  adesso  a  Roma  e  al  nord.  Non  è  il  caso  di sottovalutare questa ennesima segnalazione, i considerazione del fatto che, per la  perfetta  conoscenza  dell’ambiente,  quanto  di  solito  vi  viene  segnalato  si verifica poi a breve scadenza (anche l’affare dei Far vi era stato reiteratamente segnalato per la sua pericolosità). Nel mese di marzo, se ben si rammenta, fu segnalato  che  il  duca  Spadafora,  capo  del  gruppo  commerciale  agrario  del sud,  fu  a  Roma  ed  ebbe  colloqui  con  rappresentanti  del  Fronte  clandestino. Chiese  di  poter  versare  un  milione  in  conto,  a  condizione  che  si  facesse  in Sicilia “un lago di sangue”. Mormini, del Fronte, avrebbe dovuto raggiungere in  Sicilia  la  banda  Giuliano,  a  contatto  anche  colla  mafia  locale  in  parte  a disposizione del suo  gruppo. La proposta non fu accettata,  sembrò  orribile… Da allora,  da notizie certe e sicure,  Spadafora ha contatti  diretti col Martina, che finanzia direttamente e al quale impartisce disposizioni. Elementi ricercati sono stati ammessi a far parte della banda. Proposte identiche a quelle avanzate dallo  Spadafora  pervengono  in  questi  giorni  insistentemente  alle  FFNN,  e  al Fronte  anticomunista,  da  parte  dell’avv.  Tefanin  di  Padova.  Di  quest’ultimo
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(anche lui pone come condizione il “lago di sangue”) si sa soltanto che capita spesso  a  Roma  e  alloggia  al  Grande  Albergo.  A  Roma,  dopo  l’azione  della banda  Giuliano,  i  più  facinorosi  (reperibili  tutti  tra  i  nullafacenti  e  gli sfaccendati dei bar dell’Esedra, al bar Carloni, al bar del Nord all’angolo del Viminale e in Galleria) hanno ripreso fiato, cianciano di rivoluzione imminente e  di  atroci  vendette  da  compiere.  Per  esempio,  l’anticomunismo  di  cui  si ammanta il Rac (Reparti anticomunisti) è puramente fittizio. Non si tratta che di  una  organizzazione  tipicamente  fascista  repubblichina,  cui  da  Muratori  e Venturi è stato affidato il compito di impossessarsi della Direzione Generale di Polizia. Dato l’aggravarsi della situazione interna, una visita a Milano, Verona, Torino,  ecc.  –  di  cui  si  hanno  come  già  comunicato  notizie  certe  di  bande armate, le quali sono già sul piano di guerra – sarebbe più che opportuna per attingere informazioni dirette sulle azioni di piazza minacciate. Vale a questo punto  ricordare  che  è  recentissima  la  nostra  segnalazione  relativa  alla distribuzione  di  buoni  per  il  prelevamento  di  mitra  ad  opera  del  gruppo Navarra – Viggiani, che la questura non conosce, e di altre formazioni neo –fasciste  (da  non  confondere  con  le  organizzazioni  anticomuniste  “pure”),  le quali attingono, si ripete, disposizioni e denaro da un’unica fonte. […].
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===Le considerazioni di Casarrubea e Cereghino sul precedente rapporto===
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'''Sono informazioni di tale gravità da far ritenere che le stragi e gli omicidi, ai quali si è fatto cenno, siano da considerare sotto nuova luce.'''
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Il  Rapporto  giudiziario  che  fonda  l’atto  di  accusa  contro  i mandanti  e  gli  esecutori  materiali  delle  stragi  di  Portella  e  di Partinico  (firmato  Giovanni  Lo  Bianco,  Giuseppe  Calandra, Pierino  Santucci,  marescialli  dei  Cc  i  primi  due  e  brigadiere  il terzo)  è  redatto  nel  settembre  ’47  sotto  l’egida  dell’ispettore generale  di  Ps  nell’isola,  '''Ettore  Messana''',  del  quale  parleremo più avanti. La figura del principale imputato, Salvatore Giuliano, risulta  collocata  nell’ambito  delle  azioni  criminali  delle  squadre paramilitari  neofasciste  operanti  su  tutto  il  territorio  nazionale almeno  dall’autunno  ‘43.  '''Infine,  è  da  segnalare  che  per  la maggioranza  dei  sindacalisti  assassinati  tra  il  ’46  e  il  ’48  i processi giudiziari non sono mai stati celebrati.
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===Squadroni della morte ed evasioni di massa dei mafiosi ===
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Squadroni della morte
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Per capire ciò che accade nel ’47, occorre fare un passo indietro. Sappiamo che tra la caduta di Mussolini (25 luglio ‘43) e il mese di  gennaio  ‘44,  Giuliano  costruisce  le  basi  della  sua  futura carriera criminale. Nell’estate ’43 avvengono numerose evasioni in massa dalle carceri di Partinico e dei comuni vicini. Non è un dettaglio secondario in quanto un documento americano, intitolato I mafiosi e datato 18 luglio ‘43, riferisce: “Ispettori della Milizia fascista sono stati inviati a Palermo e a Sciacca per aprire negoziati  con  esponenti  mafiosi  in  prigione  da  lungo  tempo.  Ai mafiosi internati è fatta la seguente promessa: se contribuiranno a difendere la Sicilia, saranno allestiti nuovi processi per provare la loro  innocenza”.  È  appena  passata  una  settimana  dallo  sbarco angloamericano.
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Il  2  settembre  ‘43  Giuliano  uccide  il  carabiniere  Antonio Mancino;  il  10  novembre  prende  d’assalto  la  polveriera  di  San Nicola a Montelepre, provocando 18 morti; alla vigilia di Natale uccide il carabiniere Aristide Gualtieri; il 30 e il 31 gennaio ’44 organizza  l’evasione  in  massa  dei  detenuti  dalle  carceri  di Monreale.  La  sua  carriera,  appena  agli  esordi,  è  già  collaudata. Giuliano  è  specializzato  in  assalti  ad  armerie  e  penitenziari.  La fuga dei detenuti di Monreale segna la data di nascita del gruppo di  fuoco monteleprino,  sotto  l’egida  della  famiglia  mafiosa  dei Miceli  che  in  questa  città  del  palermitano  esercita  un  dominio assoluto.  Su  ciò  che  accade  nei  mesi  successivi  si  possono  ora avanzare  alcune  ipotesi,  basate  su  una  serie  di  documenti dell’intelligence Usa.
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===Giuliano dopo la caduta del fascismo nel 1943 ed il suo passaggio ai badogliani===
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La  Sicilia  e  il  sud  sono  stati  liberati  dagli  angloamericani  e  il fronte si trova sulla linea Gustav (settembre ’43). Nel febbraio ’44
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Giuliano è inviato a Taranto e ottiene una sorta di promozione sul campo.  È  probabile  che  l’operazione  sia  da  attribuire  alla  rete nazifascista clandestina  al sud, coordinata dal principe calabrese Valerio Pignatelli e operativa da prima del 25 luglio ‘43. In vista del  crollo  del  regime,  infatti,  Mussolini  istituisce  la  “Guardia  ai Labari”,  di  cui  Pignatelli  è  designato  capo  per  il  mezzogiorno d’Italia.  Nel  porto  pugliese  Giuliano  si  arruola  in  un  corpo speciale, quello della Decima Flottiglia Mas badogliana, istituita alla fine del ’43 a Taranto dagli Alleati, al comando del capitano Kelly O’Neill. Sono i Nuotatori paracadutisti (Np) del sud e non superano  i  cinquanta  elementi.  Dovranno  combattere  con  gli Alleati contro i tedeschi.  La missione di Giuliano è di infiltrarsi per conto della rete Pignatelli. Tra gli uomini di O’Neill c’è anche Athos Francesconi.
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A  marzo  ’44  arrivano  a  Taranto  Rodolfo  Ceccacci  e  Aldo Bertucci,  appartenenti  ai  corpi  speciali  della  Decima  Mas  di Junio Valerio Borghese. Il principe ha aderito alla Rsi costituendo nel  settembre  ’43  la  Decima  Mas,  a  La  Spezia,  per  combattere assieme  ai  nazifascisti.  Ceccacci  e  Bertucci  si  fingono  disertori dell’esercito  di  Salò  e  hanno  la  missione  di  organizzare  lo spionaggio  e  il  sabotaggio  in  tutto  il  meridione  contro  gli angloamericani. Contattano subito Francesconi, di idee fasciste, e nei giorni seguenti altri marò disposti ad agire contro gli Alleati. Tra costoro c’è Giuliano. Che si tratti di infiltrati è così certo che, nell’aprile  ’44,  Giuliano  diserta  per  seguire  Ceccacci  e  Bertucci nella  Rsi.  I  tre  uomini  varcano  la  linea  Gustav  e  raggiungono Penne,  nelle  Marche,  dove  è  operativa  una  base  della  Decima nazifascista.  Poco  dopo,  il  colonnello  Hill  Dillon  del  Cic 8(Counter  intelligence  corps,  il controspionaggio  dell’esercito americano)  segnala  il  grave  fatto  con  una  circolare  nella  quale Giuliano  '''spunta  come  Giuliani,  palombaro  e  sottocapo'''  della Decima  di  O’Neill  a  Taranto.  Il  colonnello  traccia  anche  un identikit del ricercato, da dove risulta che è alto m. 1,65, robusto, occhi e capelli scuri.La descrizione dei caratteri fisici corrisponde a quella del capobanda monteleprino.
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L’8  maggio  ‘44,  giorno  dell’arrivo  dei  tre  a  Penne,  Ceccacci raduna i suoi uomini e comunica loro che è giunta l’ora di agire oltre  le  linee  contro  gli  Alleati,  con  azioni  di  spionaggio  e sabotaggio. Tra i presenti troviamo i parà Giuseppe e Giovanni Console  di  Partinico,  un  paese  distante  pochi  chilometri  da Montelepre in provincia di Palermo, e il marò Dante Magistrelli(Milano).  È  probabile  che  l’incontro  tra  Giuliano,  i  Console  e Magistrelli avvenga proprio l’8 maggio e che nei giorni seguenti prenda  corpo  il  piano  di  spedire  un  commando  nazifascista  a Partinico.  A  fine  giugno,  infatti,  i  fratelli  Console  e  Magistrelli sono già operativi nella cittadina siciliana. Per coprire le loro reali attività,  i  tre  iniziano  a  lavorare  in  un  esercizio  commerciale.  I Console  raccontano  ai  loro  compaesani  che  Magistrelli  è  un profugo  rifugiatosi  a  Partinico  per  sfuggire  alla  guerra  in  corso nell’Italia  centro  -  settentrionale.
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Nelle  stesse  settimane, a Giuliano è ordinato di rimanere nella Rsi per continuare l’addestramento nei corpi speciali nazifascisti.A luglio è segnalato dagli americani in un  elenco  di  Np ['''NDR'''  nuotatori oppure somozzatori paracadutusti] siciliani  al  nord, nella  Decima  di  Borghese,  assieme  a  Cacace  e  a  Lo  Cascio(quest’ultimo originario di Monreale, in provincia di Palermo). Tra il novembre e il dicembre ’44, secondo le dichiarazioni rese agli Alleati nell’agosto ‘45 da Aniceto del Massa (uno dei capi dei  servizi  segreti  di  Salò),  trenta  uomini  della  Decima  sono inviati in Sicilia. Sono stati addestrati a Campalto (Verona) presso la  scuola  di  sabotaggio  diretta  dall’Ss  Otto  Ragen.  Nell’elenco compare anche Giuseppe Sapienza, nato a Montelepre (il paese di  Giuliano)  il  19  novembre  ‘18.  La  presenza  di  Sapienza  nel palermitano, per operare con le bande fasciste, è segnalata anche da  un  dispaccio  di  Hill  Dillon  del  novembre  ‘44.  Che  Giuliano faccia parte di questo gruppo è confermato dall’interrogatorio di Pasquale Sidari (12 maggio ’45), un agente segreto nazifascista 9 in missione nell’Italia liberata, arrestato dagli americani nei pressi di Pistoia il 2 marzo ‘45 assieme a Giovanni Tarroni, anch’egli una spia di Salò. Sidari confessa che nelle montagne tra Partinico e Montelepre è attiva una banda fascista al comando di “Giuliani” (head of a fascist band in the Palermo province), composta anche da  “disertori  tedeschi”  (un  riferimento  agli  istruttori  delle  Ss  di Verona).Spiega  di  avere  appreso  queste  notizie  dai  fratelli Console durante una conversazione avvenuta il 15 dicembre ’44, nell’atrio del teatro Finocchiaro a Palermo, e aggiunge che “dopo Natale, Magistrelli e Giovanni Console si sarebbero recati al nord per  riferire  al  comando  della  Decima  Mas  sulle  attività  della banda”.
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===arrivo in Sicilia in concomitanza della rivolta dei ''NON SI PARTE''===
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L’arrivo  in  Sicilia  del  gruppo  dei  trenta  sabotatori  di  Campalto coincide con lo scoppio dei moti del “Non si parte” (i giovani si ribellano alla chiamata alle armi del governo Bonomi, che intende inviarli a combattere sulla linea Gotica contro le truppe nazifasciste). L’insubordinazione  si sviluppa  nell’isola  sotto l’apparente  spinta  separatistica  tra  il  dicembre  ’44  e  il  gennaio’45.  Che  si  tratti  di  terroristi  salotini  emerge  dai  rapporti dell’intelligence  britannica.  In  diversi  comuni  siciliani  appaiono scritte  fasciste  accanto  a  slogan  come  “Entrate  nella  banda!”  e “Viva Giuliani!”.
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Nel  marzo  ’45,  le  confessioni  di  Sidari  e  Tarroni  provocano l’arresto di una quarantina di sabotatori della Decima nazifascista tra Napoli e Palermo. A Napoli, cadono nella rete americana gli uomini  di  Pignatelli  (Rosario  Ioele)  e  i  sabotatori  Bartolo Gallitto  e  Gino  Locatelli.  A  Partinico  sono  arrestati  i  fratelli Console e Dante Magistrelli. Gli interrogatori avvengono presso il carcere di Poggioreale,  a Napoli, e sono condotti dai carabinieri del Sim (Servizio informazioni militari) al comando del maggiore Camillo Pecorella.
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Dalle scuole di sabotaggio all’azione sul campo Giuliano,  Sapienza  e  i  trenta  sabotatori  addestrati  a  Campalto sfuggono  alla cattura e tornano nella Rsi.  In un  rapporto di Hill Dillon del 25 marzo’45, troviamo infatti il nome del“sottotenente  dei  parà  Giuliano”  in  uno  dei  corpi  scelti  della Decima  Mas  nazifascista,  al  nord.  Sapienza  è  arrestato  il  7 10 maggio  ‘45  e  internato  in  un  campo  di  prigionia  alleato,  a Modena. Nonostante i gravi contraccolpi subìti, l’eversione nera in Sicilia non si arrende. Al contrario. Dalla confessione resa agli Alleati  il  17  giugno  ’45  da  Fernando  Pellegatta,  un  sabotatore del  battaglione  Vega  della  Decima  nazifascista  con  sede  a Montorfano (Como), apprendiamo che 120 uomini del Vega sono inviati  al  sud  il  1°  aprile  ’45.  Sono  stati  selezionati  tra  le  Ss italiane  e  i  militi  della  trentacinquesima  brigata  nera  “Raffaele Manganiello”.  Il  capo  di  quest’ultima a Como, dall’autunno ’44 all’aprile  ’45,  è  l’ex  federale  di  Firenze  Fortunato  Polvani, stretto collaboratore di Pino Romualdi, vicesegretario del Partito fascista  repubblicano  (Pfr).  Polvani,  non  a  caso,  è  a  Palermo dall’estate  ’45  per  dirigere  il  Centro  clandestino  fascista  della capitale  siciliana,  e  qui  rimane  fino  al  marzo  ‘46.  È  probabile, quindi, che i 120 uomini del Vega costituiscano il nocciolo duro dell’Evis  (Esercito  volontario  per  l’indipendenza  della  Sicilia), che  nasce  nel  settembre  ‘45  e  di  cui  Giuliano  è  nominato “colonnello” nei pressi di  Sagana (Montelepre).
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'''Per aproffondire vedere [[L’insurrezione_antimilitarista_del_“non_si_parte!”]]'''
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#occorre precisare meglio cosa fu la rivolta  dei ''Non Si Parte'' onde non si facciano confusioni e per essere assolutamente oggettivi citiamo cosa dice della rivolta il '''sito dei bersaglieri''' dando credito agli elenchi degli eccidi su ''[http://www.fondazionecipriani.it/ Fondazione Cipriani]''<ref> Luigi Cipriani (1940 – 5 settembre 1992) è stato un attivista italiano. Fu una figura della sinistra operaia, membro dal 1969 del CUB Comitati Unitari di Base della Pirelli Bicocca, fondato nel 1968, aderì a Avanguardia Operaia (AO), successivamente a Democrazia Proletaria (DP)..
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Eletto nel 1987, nella X legislatura, nelle liste di Democrazia Proletaria (DP), al Parlamento Nazionale. Fu membro della Commissione stragi della X Legislatura.
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Morì di morte naturale il 5 settembre 1992.
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In suo nome nel 1994 è stata costituita la Fondazione Luigi Cipriani.</ref>
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"''La situazione nel corso del 44 risente della crisi americana nella penisola. Molte risorse sono dirottate in Francia fronte principale. Badoglio, dopo la presa di Roma non è più neanche Ministro. L'uomo nuovo che sede al Governo è una marionetta degli americani. Si sono conclusi in questi mesi diversi accordi sia a livello locale che internazionale. Unità politica dell'Italia, sospensione sulla forma futura dello stato. I separatisti vengono man mano estromessi, ma la situazione resta tesa in Sicilia. A Palermo, un plotone di fanteria del 139° Sabauda s.i. apre il fuoco sulla folla che dimostra per il pane: 23 morti e 158 feriti sono il bilancio della strage. A Licata stesso copione. Se fino ad allora le motivazioni della rivolta erano state quelle alimentari una nuova miccia si andava accendendo. Venivano chiamate alle armi le classi 1924-1925. I'''l braccio politico del movimento separatista anche se sconfitto creava da una propria costola una formazione armata, l'Evis Esercito Volontario per l'indipendenza della Sicilia di [[Antonio Canepa]] *, uomo di sinistra (noto col nome di battaglia di Mario Turri)[ NDR ex comandante partigiano assassinato con due compagni dai carabinieri ]'''. Un governo ufficiale oltre che per le tasse si distingue anche per alcuni obblighi come la leva militare. Le continue diserzioni dai reparti del Cil richiedevano nuovo personale, ma la leva in Sicilia ora rischiava di aumentare queste assenze. Ad aprire le ostilità contro l'Esercito monarchico furono le bande assoldate di Giuliano "Brigata Palermo e Avila "poi Brigata Rosano". Non si trattava di sprovveduti ma di uomini in grado di progettare azioni che andavano oltre la guerriglia partigiana caratteristica del Nord. Nel Sud non c'era stata resistenza e nessuno sognava di ritornare al fronte per il re, stesse intenzioni del Nord..... "''
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"''14-15 dicembre 1944
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Catania, una folla tumultuante manifesta contro il richiamo alle armi devastando il Municipio e la sede dell'esattoria presso il Banco di Sicilia. Si recano poi dinanzi alla sede del Distretto militare, dal cui interno i militari esplodono colpi di arma da fuoco che uccidono il giovane Antonio Spampinato. Sono tratti in arresto 53 manifestanti, fra i quali studenti separatisti
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4 gennaio 1945
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Ragusa, l'esercito spara sulla folla che tenta di bloccare un camion che trasportava giovani verso i distretti, ferendo gravemente un ragazzo e uccidendo il sacrestano della chiesa di san Giovanni, con una bomba a mano che gli stacca la testa. La rivolta dei "non si parte" (La Sicilia al tempo dei Borbone fruiva dell’esenzione al servizio militare), lungi dal sedarsi, si inasprisce. I rivoltosi si impadroniscono di alcuni quartieri, elevando barricate ed iniziano la resistenza armata. '''La rivolta è guidata da militanti socialisti e soprattutto comunisti [ed anarchici NDR anche se il movimento anarchico in Sicilia nel periodo era su posizioni in generale meno operative militarmente di quello Resistenziale del Nord] ''', '''ignari delle posizioni del partito che ha stigmatizzato la rivolta come "rigurgito fascista". La vendetta dell'esercito sarà spietata'''. Le cifre ufficiali danno 18 morti e 24 feriti tra carabinieri e soldati, e 19 morti e 63 feriti fra gli insorti nella sola Ragusa e provincia.
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Si scriveva sui muri e si ripeteva in improvvisati comizi: “Presentarsi significa servire i Savoia”, “Non vogliamo andare contro i fratelli del Nord”. E così a Noto, Naro, Piana degli Albanesi, Ramacca Giarratana, Modica, Scicli, ecc. Anche le forze di polizia inviate furono disarmate e respinte. Il 6 gennaio la rivolta di Ragusa si diffuse ai paesi limitrofi: Vittoria, Acate, Santa Croce Camerina, Chiaramonte. Ripresa Ragusa dopo dura battaglia, Comiso visse per una settimana la sua indipendenza con la “Repubblica di Comiso”, repubblica che andava ad aggiungersi a quelle partigiane del Nord. L'11 gennaio il Gen. Brisotto circondò la città minacciando bombardamenti aerei se Comiso non si arrendeva. Non restava che la resa e tramite il clero resa fu. Condizioni: deporre le armi, nessuna rappresaglia. Pia illusione più di 2000 comisani languirono a Ustica, amnistiati solo nel 1946 dopo la proclamazione della Repubblica vera."''
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<ref> [http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/44/rivoltesiciliane.htm da corsainfinita ''le rivolte siciliane'']</ref>
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#'''in poche parole tagliata la testa  di di sinistra del movimento separatista non ci volle molto a farlo entrare nell'alveo della destra reazionaria e fascista tanto per semplificare ed ampliare l'analisi di Giusebbe Casarrubea che su tale punto risulta carente a parere dello scrivente .'''
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===disegno stategico===
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Il terrorismo nazifascista in Sicilia è considerato, da un punto di vista strategico, fondamentale per il futuro movimento neofascista. Non pochi indizi ci dicono che dietro la strage del 19 ottobre ‘44 in via Maqueda (Palermo) agiscano,quali provocatori,  elementi  salotini['''NDR'''ex fascisti di Salo'].  Tale  presenza,  agli  occhi  del governo  Bonomi,  appare  così  pericolosa  da  far  ordinare  il massacro  della  folla  da  parte  della  divisione  Sabaudia.  Di  fatto, l’eccidio  (16  morti  e  decine  di  feriti) è un monito contro l’eversione  nera  nell’isola.  Ma  serve  a  poco.  Un  mese  dopo scoppiano i moti del “Non si parte”.
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'''Lo scrivente di questa interprepazione di Giuseppe Casarrubea non e' convinto in quanto Ivanoe Bonomi era già stato il " distruttore " degli [[Arditi del Popolo]] tramte gli organi di repressione dello stato e subito dopo la guerra riciclato come fiero antifascista per cui sempre lo scrivente ritiene che quanto fatto da Bonomi sia nell'ottica repressiva della rivolta popolare come era suo uso.
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Per il discorso inerente gli [[Arditi del Popolo]] consultare [[Arditi del Popolo]] di eros Francescangeli sul cui libro son riportati documenti comprovanti il " comportamento " di Ivanoe Bonomi diretto a scompaginare gli [[Arditi del Popolo]]'''
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===attacco a Montelepre===
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Montelepre, 9 gennaio ’46. Centocinquanta uomini agli ordini di Salvatore  Giuliano  sferrano  un  durissimo  attacco  contro  le caserme dei carabinieri. Il conflitto dura una settimana. Perdono la  vita  9  militari,  i  feriti  sono  35.  I  servizi  segreti  britannici affermano che la banda è composta anche da '''terroristi ebraici''' e da '''elementi anticomunisti jugoslavi'''. I primi potrebbero essere i gruppi armati che si preparano alla nascita dello Stato di Israele, addestrati  nel  dopoguerra  dagli  uomini  della  Decima  Mas  di Borghese  su  richiesta  del  capo  dei  servizi  segreti  americani  in Italia,  James  J.  Angleton.  A  confermarlo  è  Nino  Buttazzoni(capo degli Np nella Rsi tra il ’43 e il ’45) nel volume Solo per la bandiera (Milano, Mursia, 2002, p. 125). Per quanto riguarda gli jugoslavi,  potrebbe  trattarsi  di  elementi  fascisti  croati  manovrati dai servizi Usa. Operano in  Italia  al comando  di Ante MoÅ¡kov, un ex generale ustascia. Anche il Sis segnala l’attività dei gruppi jugoslavi in Puglia, pronti a entrare in azione “contro il pericolo bolscevico”(b.46,f.LP155/Fronte internazionale antibolscevico, titolo: Organizzazione internazionale anticomunista,  6  settembre  ’47).  Fanno  capo  a  una  centrale anticomunista slava, con sede a Parigi e collegata all’Internazionale nera di Martin Bormann e Otto Skorzeny (ex gerarchi  nazisti),  attiva  in  Argentina  e  in  Europa  dal  ‘46  (sul tema,  cfr.  il  capitolo  I  del  volume  Tango  Connection  di  G. Casarrubea e M. J. Cereghino, Milano, Bompiani, 2007).
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'''" terroristi ebraici "alleati della X MAS si trovano diversi riscontri ma non in quell'occasione
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'''[NDR  vediamo di chiarire questa strano ed anomalo connubio visto che i fascisti della X MAS avevano ben contribuito al macello degli ebrei]'''
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"''La Marina israeliana vuole costituire
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reparti d’élite e in particolare un nucleo di mezzi d’assalto. Calosi non può
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mandare personale in servizio. Deve pescare tra gli ex combattenti. Che
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appartengono essenzialmente a una categoria: i reduci della Decima Mas che
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hanno combattuto sotto le insegne della Repubblica Sociale"''[http://www.fondazionespirito.it/newsletter/n4/saggiorossi.pdf riferimento non da Casarrubea]
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"''ex ufficiali della X MAS di Borghese andarono addirittura in Israele per addestrare le ... L'ebreo Mario Tedeschi lo troviamo nella direzione del MSI"''[http://www.fascismoeliberta.info/docs/MSI_ed_ebraismo.doc M.S.I. ed ebraismo Il MSI]
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"''La Marina israeliana vuole costituire reparti d¿élite e in particolare un nucleo di mezzi d¿assalto. Calosi non può mandare personale in servizio. Deve pescare tra gli ex combattenti. Che appartengono essenzialmente a una categoria: i reduci della Decima Mas che hanno combattuto sotto le insegne della Repubblica Sociale. Capitano del Genio navale fino all¿8 settembre, Nino Buttazzoni è salito al Nord con Junio Valerio Borghese, il comandante della Decima Mas, una delle formazioni più note, compatte ed efficienti della RSI. Con lui ci sono anche i suoi nuotatori paracadutisti (gli NP). Noto per la sua abilità e per la capacità di comando, è forse il primo ad essere contattato. Lo ricorda lui stesso, anche se sorvola sul ruolo del SIS."''[http://www.campania.lafragola.kataweb.it/caserta/medie/roccaromana-roccaromana/story487634.html Scuola Media Statale di Roccaromana]
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"''Ma dove trovare gli uomini adatti? Il servizio segreto della Marina si mette al lavoro. Lo dirige il comandante Calosi. La Marina israeliana vuole costituire reparti d’élite e in particolare un nucleo di mezzi d’assalto. Calosi non può mandare personale in servizio. Deve pescare tra gli ex combattenti. Che appartengono essenzialmente a una categoria: i reduci della Decima Mas che hanno combattuto sotto le insegne della  Repubblica Sociale. Capitano del Genio navale fino all’8 settembre, Nino Buttazzoni è salito al Nord con Junio Valerio Borghese, il comandante della Decima Mas, una delle formazioni più note, compatte ed efficienti della RSI. Con lui ci sono anche i suoi nuotatori paracadutisti (gli NP). Noto per la sua abilità e per la capacità di comando, è forse il primo ad essere contattato. Lo ricorda lui stesso, anche se sorvola sul ruolo del SIS. “Gli anni dell’immediato dopoguerra – scrive nelle sue memorie – sono pieni di iniziative “non ortodosse”. Fra l’altro, vengo invitato a prendere contatto con il centro di coordinamento dei servizi israeliani a Roma.E’ diretto dalla signora Sereni, con la quale ho un lungo colloquio. E’ala ricerca di una persona esperta che assuma l’incarico di organizzare e addestrare alle armi e alla guerriglia i numerosi ebrei provenienti dalle regioni orientali dell’Europa e decisi a raggiungere i territori del Medio oriente per creare una loro nazione. L’incarico mi attira, anche perché significa misurarsi ancora con gli inglesi, decisi a opporsi allo sbarco degli ebrei in Palestina”.
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Buttazzoni non parte. Si sta ricostruendo una vita e non se la sente di lasciare la famiglia. Ma suggerisce di “avvicinare vari ufficiali degli NP sia del Nord sia del Sud. Alcuni vengono ingaggiati, come il capitano Geo Calderoni”
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Parte, invece, il capo di terza Fiorenzo Capriotti da Ascoli Piceno, classe 1911.
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Non viene dalla Repubblica. Nel 1940 era partito volontario nei mezzi d’assalto. Con il suo MTM (motoscafo turismo modificato) partecipa il 26 marzo 1941, nell’isola di Creta, all’assalto contro le navi inglesi ancorate nella baia di Suda. Il 26 luglio successivo tenta di violare Malta ma è catturato dagli inglesi. Lo attendono quasi cinque anni di prigionia. Per un anno e mezzo è detenuto tra Inghilterra e Scozia. Poi viene “ceduto” agli americani. Dalla fine del 1942 è in Missouri. Non cooperatore finisce alle Hawaii. Rientra in Italia nel marzo del 1946. Un rimpatrio difficile.Scopre che “non c’era più un fascista! Tutti avevano vinto la guerra! Anzi, un fascista c’era ancora: ero io! E solo io avevo perso la guerra”."''[http://frodo.ilcannocchiale.it/print/795635.html dalle memorie di Ada Sereni ebrea Ada Sereni è morta in Israele nel novembre del 1997 Fonte La Storia in Rete Pubblicato il 2/1/2006 alle 16.48 nella rubrica Diario. ]
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"''E' morta Ada Sereni eroina dell'antinazismo Flash E'morta a Gerusalemme, all'eta' di 92 anni, Ada Sereni, protagonista dell'antifascismo italiano, con il marito Renzo Sereni, della celebre famiglia immigrata in Palestina negli anni '20. Renzo, che fu tra i fondatori del laburismo sionista e braccio destro di Ben Gurion, mori' nel '44 a Dachau. Nata a Roma nel 1905, Ada Sereni partecipo' al fronte alleato di Bari nel '44. Nel '48 coordino' l'immigrazione clandestina ebraica verso Israele. Racconto' la sua storia nel libro I clandestini del mare."''[http://archiviostorico.corriere.it/1997/novembre/26/morta_Ada_Sereni_eroina_dell_co_0_97112611024.shtml coprriere della sera]
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===scontri fra gruppi monarchici e fascisti===
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Nei  primi  cinque  mesi  del  ’46  cresce  la  tensione  nei  gruppi monarchici e neofascisti. Temono la vittoria della Repubblica al referendum  istituzionale  e  una  forte  affermazione  delle  sinistre all’Assemblea costituente. I servizi segreti americani non nascondono  le  loro  preoccupazioni  e,  dopo  le  precedenti  intese col  principe  Borghese ['''NDR''' il capo della famigerata X MAS](primavera  ‘45),  si  accordano  con  i  capi politici  e  militari  del  neofascismo  (Augusto  Turati,  Scorza, Messe,  Navarra  Viggiani,  Romualdi,  Buttazzoni)  per  avviare  su vasta  scala  l’offensiva  anticomunista.  Sanno  che  il  Pci  e  il  Psi potrebbero conquistare la maggioranza relativa alla Costituente e che l’avvento della Repubblica potrebbe rapidamente trasformarsi nell’“anticamera del comunismo”. Nel marzo ’46, in gran segreto, '''l’intelligence Usa preleva Borghese dal penitenziario di Procida e lo  trasferisce  in  una  località  sconosciuta'''.  ''' L’obiettivo  è  di organizzare  la  controffensiva  paramilitare  in  caso  di  vittoria  dei comunisti e dei socialisti.All’armi siam fascisti!'''
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Nell’aprile ’46, Buttazzoni inizia a lavorare per Angleton con lo pseudonimo di “ingegner Cattarini”. Forte di questa copertura, il  capo  degli  Np  fa  sfilare  i  suoi  uomini  al  parco  del  Pincio,  a Roma.  Sono  duecento  militi  di  provata  fede  anticomunista  e disposti  a  tutto.  In  Solo  per  la  bandiera  (cit.,  pp.  122  -  123) scrive:  “Sono  momenti  in  cui  per  molti  Repubblica  significa comunismo e la nostra scelta non ha incertezze. Abbiamo armi e depositi al completo. Faccio contattare anche alcuni Np [nuotatori paracadutisti] del sud”. Nelle stesse settimane, Buttazzoni fonda l’Eca ('''Esercito clandestino  anticomunista''')  mentre  Romualdi  redige  il  manifesto programmatico del '''Fronte antibolscevico italiano''' (Fai, composto interamente  da  unità  neofasciste  clandestine)  e  lo  consegna  ad Angleton  tramite  Buttazzoni.  Nel  documento  si  sostiene  in maniera  esplicita  che  neofascisti  e  americani  devono  unirsi  per una  comune  azione  contro  il  comunismo,  “focolaio  di  infezione sociale per l’Europa e il mondo”. Vi si afferma testualmente: “'''I neofascisti intendono stabilire un contatto con le autorità americane per analizzare congiuntamente la situazione del Paese. La  questione  politica  italiana  sarà  quindi  collocata  nelle  mani degli Stati Uniti d’America'''”. Dall’analisi di questo testo ('''ora in Nicola Tranfaglia,Come nasce la Repubblica,Milano, Bompiani, 2004, pp. 80 - 86''') emergono non poche analogie con il testo dei volantini lanciati durante gli assalti contro le Camere del lavoro di Partinico e Carini (Palermo), il 22  giugno ‘47. Qui si fa riferimento  alla  “canea  rossa”  e  alla  “mastodontica  macchina sovietica”.  I  due  documenti  sembrano  scritti  dalla  stessa  mano. Non  a  caso,  i  Fasci  di  azione  rivoluzionaria  (Far)  nascono ufficialmente poco dopo, nell’autunno ’46, sotto la guida di Pino Romualdi [ ma guarda chi si vede] e con palesi finalità terroristiche.
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===segnalazioni SIS inascoltate o0vvero non prese in considerazione===
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A  Palermo,  nel  giugno  ’46,  è  arrestato  Giuseppe  Caccini,  alias “comandante Tempesta” della brigata Carnia (derivazione della Osoppo).  L’accusa  è  di  costituzione  di  banda  armata  ('''cfr. documenti  Sis  del  14  e  26  giugno  ‘46'''). In  Sicilia,  a  Catania,  è entrato in contatto col principe Flavio Borghese,fratello maggiore del capo della Decima Mas. Caccini proviene da Roma, dove è  giunto nel mese  di maggio assieme  a 221 militi pronti a entrare in azione in caso di vittoria della Repubblica. È probabile, quindi, che gli uomini del “comandante Tempesta” siano gli stessi passati in rassegna da Buttazzoni, al Pincio,nelle stesse settimane.  Caccini  raggiunge  la  Sicilia  su  raccomandazione  del capitano Callegarini (Cc), legato agli ambienti della Casa reale.
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'''Il  25  giugno  ‘46,  il  Sis  segnala  in  Calabria  le  attività  di  “un movimento clandestino armato, sia per sostenere la monarchia nel caso di vittoria nel referendum, sia per attuare la separazione del Mezzogiorno  dall’Italia”'''.  Il  movimento  è  diretto  da  un  ex carabiniere ed ex maggiore della Gnr [guardia nazionale repubblicana cio' fascisti di Salo'], Serafino Ferrero (Torino,1899),  e  da  un  certo  “tenente  Franco”,  ovvero  Walter  Di Franco.  Il  suo  vero  nome  è  Francesco  Argentino  (Reggio Calabria, 1916), ex '''membro della banda Koch''' e capofila dei Far nel meridione. Le attività paramilitari nere, ramificate in tutta la regione,'''godono del supporto sotterraneo dell’Arma dei carabinieri''' e  delle  squadre  neofasciste  calabresi,  siciliane  e campane con base a Napoli.
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'''Di una tentata insurrezione neofascista a Roma, nel maggio ’46, scrive  ampiamente  un  rapporto  Sis  del  17  giugno,  a  firma  del questore Ciro Verdiani'''[NDR questo era in gamba e lo hanno sempre zittito aveva un passato di [[fascista]] o peggio quindi in gamba per come gestì il rapporto con Scelba e poi " Si suicido " si fa per dire molti suici come quello di Pisciotta nel periodo]'''.Tra gli organizzatori troviamo Candiollo e Rodelli, capisquadra  neofascisti per l’attuazione di un colpo di Stato. I due frequentano Francesco Garase, detto “lo zoppo”,  che  varie  carte  Sis  definiscono  nel  ‘47  “'''l’emissario  a Roma  della  nota  banda  Giuliano”''',  in  contatto  permanente  con Walter  Di  Franco.  Assieme  ad  altri  neofascisti  come  Silvestro Cannamela  (ex  Decima  Mas)  e  Caterina  Bianca  (ex  spia nazifascista),  Garase  visita  assiduamente  le  sedi  monarchiche  di via Quattro Fontane 143 e di via dell’Umiltà 83. Non a caso, un rapporto  Sis  di  qualche  mese  dopo  (1°  novembre  ‘46)  afferma testualmente: “'''Da 20 giorni è stata riaperta la sede del partito in via  Quattro  Fontane,  che  è  quella  legale  e  dove  gli  iscritti vengono  indirizzati  verso  l'organizzazione  clandestina.  Ferve l'opera  di  riorganizzazione  soprattutto  in  Sicilia,  dove  non  si disdegnano i contatti diretti neppure con la banda Giuliano”'''. Tra il novembre e il dicembre ‘46, il Sis segnala inoltre '''che la banda è in rapporti con le squadre neofasciste''' in Basilicata (26 novembre) e  con  il  Macri  (Movimento  anticomunista  repubblicano  italiano,31  dicembre).
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===note su Ciro Verdiani===
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"''Dopo Salò, e dopo la sperimentazione nazista sul “Litorale adriatico”, territorio affidato da Hitler a Friedrich Rainer, un nazista austriaco, in città come Lubiana andarono a prestare manforte personaggi che con la banda Giuliano, saranno gomito a gomito, come Ciro Verdiani ed Ettore Messana, con compiti di ispettorato poliziesco anticomunista. I fascisti, che in quelle terre c’erano già stati, divennero “Milizia Difesa Territoriale” e i reparti di polizia, centrali di rastrellamento. Tra queste l’Ispettorato Speciale di Ps per la Venezia Giulia, agli ordini dell’ispettore generale Giuseppe Gueli. Quest’istituto era stato creato nell’aprile 1942 con specifici compiti di repressione della guerra partigiana e di controllo del movimento operaio. Il braccio operativo di questo ispettorato fu la “banda Collotti” che prendeva nome dal suo comandante, il commissario Gaetano Collotti. Si tratta di un’organizzazione criminale molto simile alla banda Giuliano. "''[http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/note_a_margine_di_un_viaggio.htm
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NOTE A MARGINE DI UN VIAGGIO NEL FRIULI VENEZIA GIULIA di Giuseppe Casarrubea]
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"''Infine, lui, l’ex Capo dell’Ispettorato di P.S. per la lotta al banditismo, Ciro Verdiani, colui che era stato estromesso dal suo incarico dopo la strage di Bellolampo del 19 Agosto del 1949 e sostituito, nella direzione del nuovo  Comando Forze Repressione Banditismo (CFRB) istituito dal Ministro dell’Interno Scelba, dal colonnello dei carabinieri Ugo Luca'''[NDRche denunci0' per diffamazione Giuseppe Casarrubea a causa dei suoi raopporti con Giuliano e perse]''' , a quanto sembra appartenente ai servizi segreti italiani."''
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"''Anche Verdiani, si dice, apparteneva a qualche apparato dei servizi segreti. Il ministro Scelba, in sostanza, sembra  lo richiami per metterlo a giorno di certi segreti ancora caldi riguardanti la strage di Portella della Ginestra e per affidargli l’incarico di mettersi segretamente in contatto con Giuliano  per vedere di spingere questi a stilare un o dei documenti che scagionino per sempre la politica dall’implicazione più o meno veritiera in questo evento criminoso avvenuto appunto nella piana di Portella il 1 Maggio del 1947."''
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"''Ciro Verdiani si presta al gioco (del resto non aveva mai digerito il suo licenziamento quale capo dell’Ispettorato antibanditismo) e comincia a intessere con Giuliano una fitta corrispondenza ancora avvolta nel mistero e addirittura mette in pratica veri e propri incontri a tu per tu con l’uomo più ricercato d’Italia, incontri avvenuti a Castelvetrano e forse in altri posti, durante i quali lo convince ad una pausa delle sue gesta in cambio di un allentamento dei feroci rastrellamenti già messi in opera dal suo collega Luca, che applica contro Giuliano la tattica della terra bruciata, facendo arrestare in circostanze rocambolesche diversi suoi gregari con l’ausilio determinante dei pezzi forti della mafia.Verdiani chiede comunque una contropartita, propone in sostanza a Giuliano di stilare alcuni memoriali (almeno due vengono scritti mentre un terzo rimane avvolto nella leggenda e non si è mai trovato) in cui dichiari che a meditare e a portare a termine la strage di Portella era stato solo lui senza alcuna motivazione politica esterna in lui instillata da individui insospettabili.Giuliano sembra acconsentire ed in effetti scrive il primo documento che giunge tempestivamente a Viterbo proprio in coincidenza con l’inizio del lungo processo contro la sua banda. Ne scrive un altro ancora più stringente ad autoaccusatorio e a questo punto sembra che l’opera di Verdiani possa dirsi conclusa, ma questo non succede; Verdiani, nonostante tutto, continua ad alimentare con Turiddu una strana trattativa confidenziale che presto si trasforma in vera e propria amicizia, evidentemente ricambiata dal ricercato numero uno delle forze dell’ordine. Quest’amicizia giunge fino al punto che il nostro personaggio arriva persino ad informare Giuliano delle mosse del suo collega Ugo Luca, gli fa presente di prestare attenzione al suo luogotenente Pisciotta in odore di tradimento ed in sostanza, in ultimo, gli propone l’espatrio, una promessa che lui, in quanto Ispettore Capo delle Frontiere, poteva benissimo mantenere e portare in porto con relativa facilità."'' 
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"''E’ una tesi certo molto ma molto ardita che del resto trova un ostacolo apparentemente quasi insormontabile proprio nella morte “anomala” di Verdiani e di Pisciotta, il primo, recitano le cronache, “suicidatosi” o fatto suicidare nel 1952 e il secondo avvelenato nel 1954 nel carcere dell’Ucciardone di Palermo, due avvenimenti sinistri che effettivamente gettano un’ombra di forte incertezza sulla ricostruzione precedente."''[http://www.cospirazione.net/index.php?option=com_content&task=view&id=283&Itemid=89 L'insabbiamento della verità sulla morte di Salvatore GiulianoPubblicato da Angelus  domenica 18 febbraio 2007 di Vincenzo Poma  ]
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===[http://www.ecceterra.org/doc/dossier.casarrubea.giuliano.decima.mas_nov05.pdf documenti statinutensi]===
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Tra  il  ’44  e  il  ‘45,  Cannamela  fa  parte  di  un commando  nazifascista  della  Decima  Mas  operante  nell’Italia liberata (squadra Anassagora Serri/Gruppo Ceccacci). Tra i suoi componenti vi sono anche i fratelli Giovanni e Giuseppe Console e Dante Magistrelli, in missione a Partinico dall’estate ’44. Nell’ottobre ’46 il colonnello Laderchi (Cc), il capitano Callegarini  (Cc),  l’ammiraglio  Maugeri,  il  colonnello  Resio (Marina),  il  generale  dell’Aeronautica  Infante  e  molti  altri ufficiali iniziano a organizzare un colpo di Stato antidemocratico.
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“Sono  in  contatto  con  i  fascisti  monarchici”  e  preparano  “una rivolta  armata  nel  Paese”  (cfr.  documenti  Sis,  12  ottobre  e  5 novembre  ‘46).  Carlo  Resio  lavora  per  l’Oss  di  Angleton dall’estate  ’44  (a  Roma,  in  via  Sicilia  59)  e  rimane  alle  sue dipendenze  fino  al  dicembre  ‘47,  data  in  cui  il  capo  dei  servizi americani  ritorna  negli  Stati  Uniti.  Resio  è  tra  gli  uomini  che prelevano  Junio  Valerio  Borghese  (a  Milano,  il  10  maggio  ’45) per  tradurlo  a  Roma.  All’operazione  partecipano  Angleton  e Federico d’Amato (intelligence italiana).
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Secondo  un  documento  top  secret  dell’MI5  britannico,  datato  8 ottobre ’46 e desecretato a Londra nel gennaio 2006, sono soliti riunirsi  a  Roma:  Augusto  Turati,  ex  segretario  del  Partito nazionale  fascista  (Pnf)  e  capo  politico  del  clandestinismo fascista;  Pompeo  Agrifoglio,  ex  capo  del  Sim;  Luigi  Ferrari, capo della polizia; Leone Santoro, membro dell’ufficio politico del  ministero  dell’Interno;  Izielo  (sic)  Corso,sottosegretario all’Interno  nel  secondo  governo  De  Gasperi  [c’è  un  Angelo Corso,sottosegretario all’Interno nel secondo governo De Gasperi]  e  l’agente  americano  Philip  J.  Corso  (Cic),  uno  dei collaboratori più stretti di Angleton e “custode” di Junio Valerio Borghese  a  Forte  Boccea  (Roma)  e  a  Procida.  Il  documento specifica:  '''Numerosi  ufficiali  americani  e  italiani  (come  il capitano Corso suddetto) sono legati in maniera intima e attiva a questo  gruppo'''.  Il  tramite  tra  Corso  e  Agrifoglio  è  il  tenente Mario  Bolaffio(Sim).  Nello  stesso  periodo,  Augusto  Turati  è ritenuto “persona grata agli angloamericani, i quali lo stimano e lo rispettano molto” (Sis, 19 settembre ‘46, b. 13, f. Turati Augusto). Secondo  un  altro  rapporto  britannico  top  secret  (27  novembre
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’46),  “Il  capitano  Corso  ha  recentemente  sostenuto  un  incontro con Enzo Selvaggi  [esponente monarchico] e lo ha informato di aver  ricevuto  istruzioni  dal  suo  governo  per  formare  un  gruppo politico  anticomunista.  Corso  ha  aggiunto  che  questo  cambio  di politiche  è  dovuto  al  successo  del  Partito  repubblicano  nelle elezioni statunitensi”. Si tratta delle elezioni di mezzo termine del congresso americano (novembre ’46) . Si registra, in pratica, il via libera all’offensiva anticomunista in Italia da parte di Washington.Il 27 novembre ‘46, il Sis (b. 13, f. Turati Augusto) segnala:
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===capoverso===
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Da  alcuni  elementi  fascisti  è  stato  riferito  che  i  noti  Scorza  e  Turati  si sarebbero  trasferiti  dal  nord  a  Roma,  dove  sarebbe  stato  pure  trasferito  il
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‘comando  generale del  movimento  fascista’.  Secondo  le voci che corrono  tra gli  elementi  fascisti,  il  ‘comando’  starebbe  preparando  tutto  un  lavorìo  di organizzazione dei ‘quadri’ fascisti specialmente con riferimento al  meridione. Si dice che in gennaio o febbraio dovrebbe ‘scoppiare’ qualcosa di grosso.
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Da Bari, il 13 gennaio ‘47, il Cic scrive:
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Un  informatore  affidabile  di  questo  Ufficio  ha  sostenuto  una  conversazione con tre ufficiali dell’Arma dei carabinieri, il 10 dicembre ‘46. Costui ha riferito di certe direttive provenienti dal comando dell’Arma dei carabinieri a Roma, in cui si raccomanda di promuovere una forte propaganda monarchica all’interno del Corpo. Quando l’informatore ha chiesto notizie più dettagliate, gli è stato risposto  che  la  monarchia  sarebbe  stata  ristabilita  nel  giro  di  pochi  mesi. L’informatore  ha  replicato  che  la  restaurazione  della  monarchia  sarebbe  il segnale  per  una  rivolta  popolare,  soprattutto  al  nord.  Gli  ufficiali  però, sorridendo,  hanno  fatto  notare  che  i  qualunquisti  hanno  il  supporto  dei carabinieri  e  che  sono  fortemente  armati  e  in  posizione  di  contrastare qualunque mossa. I qualunquisti sono stati menzionati a tale proposito perché si suppone che questo partito debba creare ‘l’incidente’ che dovrebbe condurre al colpo di Stato.
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I collegamenti  tra  il  gruppo  terroristico  di  Salvatore  Giuliano  in Sicilia  e  il  capo  dei  Far,  Pino  Romualdi,  trovano  conferma  nei seguenti elementi:
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1) Fortunato Polvani, braccio destro di Romualdi almeno dal ‘43, è a Palermo nella veste di capo del Centro clandestino fascista a partire dall’estate ’45. Qui si ferma fino al marzo ’46. È Polvani il responsabile della trentacinquesima brigata nera “Raffaele Manganiello”,  a  Como,  fino  alla  primavera  ‘45.  L’1  aprile  ‘45,
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120 militi di questa formazione sono inviati al sud con l’intento di continuare la cosiddetta “resistenza fascista” nell’Italia liberata;
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2) Uomo dei Far e referente della banda Giuliano in Calabria e in Sicilia, almeno dal maggio ’46, è Francesco Argentino/Walter Di Franco,  che  opera  in  Calabria  con  Serafino  Ferrero.  È  molto probabile  che  il  documento  Sis  del  25  giugno  ’47  (riportato all’inizio  di  questo  dossier)  si  riferisca  proprio  a  questi  due elementi nel seguente passo:
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La  banda  Giuliano  è  da  ritenersi,  fin  dall’epoca  delle  nostre  prime segnalazioni, a  completa disposizione delle formazioni nere. Il nucleo romano della banda Giuliano era comandato fino a quindici giorni fa da certo “Franco” e da un maresciallo della Gnr, che si trovano attualmente a Cosenza.
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===capoverso===
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Nel  ’47,  vari  documenti  Sis  segnalano  Argentino/Di  Franco  in contatto  con  Francesco  Garase,  “emissario  a  Roma  della  nota banda Giuliano”;
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3)  Gli  assalti  alle  sedi  comuniste  e  alle  Camere  del  lavoro iniziano  il  18  giugno  ’47  in  Calabria,  per  poi  dilagare  nella provincia  di  Palermo  con  gli  esiti  stragistici  del  22  giugno.  Il rapporto  Sis  del  25  giugno  ’47,  infatti,  afferma  che  “la  banda Giuliano  ha  ramificazioni  in  ogni  centro  della  Calabria,  della Sicilia e della Campania”;
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4) Nello stesso documento leggiamo:
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Negli  ambienti  dei  Far,  Nuovo  Comando  Generale,  si  ammette  che  l’azione della banda Giuliano è in relazione con l’ordine testé impartito di “accelerare i tempi”.  L’ordine,  come  vi  fu  fatto  noto,  è  stato  esteso  all’Ecla  [Eca]  di Muratori e Venturi, i quali attingono denaro e disposizioni da un’unica fonte. Si preparano adesso a Roma e al nord.
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Un  altro  dispaccio  Sis  (b.  46,  f.  LP155/Fronte  internazionale antibolscevico,  Titolo:  Movimenti  neo  -  fascisti,  segreto,  25 giugno ‘47), riporta:
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Il  comando  generale  dei  Far  ha  ordinato  questa  mattina,  in  conseguenza dell’operazione di polizia in corso, di accelerare i tempi, nel senso di anticipare l’azione di piazza per la conquista del potere. L’Ecla e le Sam [Squadre armate Mussolini] procedono di pari passo (come tattica, metodo e programma) con i Far.  Le  direttive  sono  identiche.  I  fondi,  notevoli,  provengono  da  un’unica fonte. L’ultimo stanziamento è stato interessante. La sola formazione Ecla ha incamerato quattro milioni. La polizia romana non ha fermato che alcuni degli elementi  effettivamente  responsabili,  senza  minimamente  intaccare  i  gangli vitali  e  capillari  della  organizzazione,  che  ha  carattere  nazionale.  Da  non sottovalutare lo spirito combattivo e, per la disciplina instaurata nei ranghi, la più  assoluta  dedizione  ai  capi  da  parte  dei  gregari.  (…)  Se  vi  saranno  moti armati,  i  Far  vi  parteciperanno  per  diventare  movimento  risolutivo  della situazione.  Nonostante  la  suddetta  operazione  di  polizia,  i  Far  continuano  a controllare tutte le formazioni clandestine, anche l’Upa e il gruppo carabinieri, in  seno  a  quali  elementi  fidati  lavorano  sotto  controllo  agli  effetti  della realizzazione del colpo di Stato.
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Si  fa  riferimento  a  un  “Nuovo  comando  generale”,  risultante dall’unificazione delle tre principali formazioni paramilitari neofasciste:  Eca,  Sam  e  Far.  Secondo  una  nota  del  Sis  (cfr. Giannuli,  Libertaria,  cit.,  p.  51),  “a  Venezia,  Milano  e  nella Calabria ferve il lavoro delle Sam, le quali sono sovvenzionate da Giuliano ed il suo aiutante è lo scugnizzo. È partito da Roma un console  della  Milizia  per  la  Calabria, per  incontrarsi con Giuliano”.  Uno  dei  capi  delle  Sam  è  Selene  Corbellini  (ex membro  della  banda  Koch),  che  agisce  tra  Milano,  Torino  e Roma  e  che  nel  ‘47  troviamo  a  Palermo  per  incontrare  il capobanda monteleprino. Scrive il Sis:
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Da  Palermo  viene  segnalata  la  presenza  in  quella  città  di  Selene  Corbellini, ricercata,  già  della  banda  Koch,  detta  anche  Lucia  o  Maria  Teresa  (…).  Si tratta  di  un  elemento  pericoloso.  Ai  camerati  di  Palermo  dichiarava  appena giunta  di  dovere  stabilire  contatti  diretti  col  noto  Martina,  capo  della  banda Giuliano (2 agosto ‘47).
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I  collegamenti  diretti  tra  l’Evis  e  le  Sam  sono  segnalati  inoltre dall’intelligence Usa (20 febbraio ’46) e da quella britannica (19 gennaio ’46). Dalla Sicilia, il Cic riferisce:
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Alcuni membri dell’Evis indossano uniformi americane e britanniche. Parecchi disertori  alleati  sono  membri  di  queste  bande  ribelli.  Il  maggiore  britannico Oliver  si  dice  appartenga  a  una  di  queste  formazioni  ribelli.  Un  ufficiale britannico  dello  stesso  nome  sarebbe  stato  di  stanza  a  Palermo  per  conto dell’intelligence alleata, durante il periodo dell’occupazione (29 gennaio ’46).
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===capoverso===
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Secondo un rapporto statunitense dell’anno precedente (23 gennaio  ’45),  Oliver  è  un  agente  del  Field  security  service  (il controspionaggio britannico), a contatto nell’isola con non meglio precisati “banditi”.
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Il  riferimento  all’Eca  di  Muratori  non  è  da  sottovalutare.  Lo stesso  Buttazzoni  (cfr.  il  volume  di  Lapo  Mazza  Fontana intitolato Italia über alles, Milano, Boroli editore, 2006, pp.169 -
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170) dichiara:
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Io  ho  costituito  l’Eca  (…)  a  Roma  nel  periodo  del  ’46  -  ’47,  dopo  essere scappato dal campo di concentramento di Ancona il 22 settembre 1945 (…), e con l’Eca ho riunito parecchi ex ufficiali; come aiutante avevo un ex generale della Milizia che si chiamava Muratori.
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È  Muratori  a  coordinare  l’eversione  nera  in  Sicilia  alla  vigilia delle stragi del ’47 (Sis, 25 giugno ‘47):
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Anche  il  colonnello  Pollini  e  Spinetti  Ottorino  (…)  sono  stati,  prima dell’arresto  del  Pollini  e  dell’inizio  dell’azione  della  banda  [Giuliano],  in Sicilia e a Palermo per conto dell’Ecla diretta da Muratori.
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Si  può  quindi  ipotizzare  che  sia  Muratori  a  emanare  ordini  al colonnello Pollini e a Spinetti (esponenti neofascisti), su mandato di  Nino  Buttazzoni.  Ma  quest’ultimo  ha  sempre  evitato  ogni riferimento alle attività da lui svolte nel periodo che va dall’aprile
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‘46  (inizio  della  sua  collaborazione  con  i  servizi  segreti  di Angleton, a Roma) al settembre ‘47, data in cui è arrestato dalla polizia nei pressi dell’università La Sapienza;
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5) A Palermo, nella primavera ‘47, opera il Fronte antibolscevico
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(via dell’Orologio). Lo guida Gioacchino Cipolla, un neofascista. Secondo quanto emerge durante la fase dibattimentale al processo di  Viterbo,  e  le  dichiarazioni  del  bandito  Antonino  Terranova
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(inteso  “Cacaova”),  Giuliano  è  solito  frequentare  il  “Partito anticomunista” della capitale siciliana proprio nella temperie delle stragi di Portella e di Partinico. In realtà, il Fronte antibolscevico
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(o anticomunista) altro non è che la copertura legale delle attività terroristiche dei Far nell’isola;
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6)  Secondo  il  giornalista  Andrea  Lodato,  i  Far  di  Romualdi iniziano a operare a Catania nel gennaio ’46, tramite il neofascista Nino Platania. In città, dal ’43, è attivo anche il principe Flavio Borghese,  in  contatto  dal  ’46  con  le  formazioni  paramilitari  di Caccini  (Osoppo)  e,  probabilmente,  con  quelle  di  Buttazzoni
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(Eca) e di Giuliano (Evis/Sam).
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===capoverso===
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Golpisti
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Numerosi  rapporti  Sis  si  occupano  di  un’organizzazione,  l’Upa, che nell’ottobre ’46 inizia a preparare un colpo di Stato. È guidata dal  generale  Giovanni  Messe  (Cc),  dal  Sim  e,  come  abbiamo visto, da Laderchi, Callegarini, Maugeri, Resio e Infante. L’Upa agisce  agli  ordini  diretti  dell’intelligence  Usa  di  Angleton  e  di Philip  J.  Corso.  L’obiettivo  è  una  dittatura  militare  transitoria, della durata di uno o due anni, affidata all’Arma dei carabinieri.
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Secondo un documento britannico dell’11 agosto ‘47,
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(Movimento  italiano  di  estrema  destra:  assistenza  americana, paragrafo  Visita  di  un  rappresentante  americano),  l’ex  capo dell’Amgot  (il  governo  militare  alleato  dal  ‘43  al  ‘45),  il colonnello Charles Poletti, arriva in Italia nel mese di giugno ‘47
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“in  missione  speciale  per  conto  del  governo  americano”,  in coincidenza con le stragi siciliane:
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Il signor Poletti è arrivato in Italia a giugno in missione speciale per conto del governo americano. Ha incontrato il signor Jacini a Roma e, dopo un attento esame  dell’organizzazione  dei  movimenti  italiani  di  estrema  destra,  ha promesso da parte del governo americano armi per il movimento e un supporto finanziario  sia  per  le  attività  in  Italia  sia  sul  confine  orientale  (Udine).  […] Poletti ha posto come condizione per l’assistenza americana che il movimento dell’estrema destra in tutta Italia sia collocato sotto un comando unificato.
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Con  ogni  probabilità,  il  Jacini  in  questione  è  Stefano  Jacini, ministro della Guerra nel governo Parri e ambasciatore straordinario in Argentina dal settembre ‘47. È con lui che Poletti instaura un rapporto fiduciario.
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Il  percorso  eversivo  (iniziato  nell’estate  ’46)  appare  ora  più maturo  sotto  la  spinta  degli  Usa,  che  forniscono  un  poderoso scudo  protettivo  costituito  da  appoggi  politici,  denaro  e  armi. Ecco  perché  l’8  maggio  ’47,  una  settimana  dopo  la  strage  di Portella della Ginestra, troviamo Mike Stern (un celebre giornalista americano, in Sicilia da molte settimane) a pranzo con la famiglia di Salvatore Giuliano, a Montelepre. Stern è il garante in Sicilia, per conto di Poletti, della corretta esecuzione del piano golpista, che dovrà in breve espandersi a tutta l’Italia? Su questo argomento,  il  supplemento  n.  24  di  Propaganda  (Pci,  1949),  al paragrafo I banditi e gli agenti americani (pp. 16 - 18), denuncia senza mezzi termini:
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===capoverso===
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Il giorno  8  maggio  1947,  a una settimana di distanza dall’eccidio  di Portella della  Ginestra,  il  capitano  dell’esercito  americano  Stern  si  recava,  a  quanto scrive egli  stesso,  nel covo  di Giuliano  e  riceveva dalle  mani del bandito  un proclama indirizzato al presidente [Harry] Truman. Dopo qualche settimana, nelle  tasche  di  un  bandito  caduto  in  mano  della  polizia,  veniva  trovata  una lettera  autentica  di  Giuliano  diretta  al  suo  amico  Stern  a  Roma,  via  della Mercede  53  (sede  della  Associazione  della  stampa  estera),  nella  quale  il fuorilegge chiedeva armi pesanti e dava consigli circa la maniera di mantenere i contatti con l’ufficiale americano. Due circostanze colpiscono a prima vista: il fatto che, proprio all’indomani di Portella, lo Stern senta il bisogno di andare a fare visita al “re di Montelepre” ed il fatto che quest’ultimo si permetta, nella sua  lettera  intercettata  dalla  polizia,  di  chiedere  armi  ad  un  ufficiale dell’esercito americano. Ma tutto ciò ormai non ha più nulla di strano. È chiaro che l’iniziativa dello Stern non è frutto di una curiosità individuale, ma che la sua  visita  a  Giuliano  ed  i  suoi  rapporti  con  il  bandito  sono  frutto  di  precise istruzioni  diramate  dall’Ufficio  servizi  strategici  [Oss],  allo  scopo  di agganciare il bandito alla politica americana nel Mediterraneo. A conferma di questa  tesi,  è  facile  ricordare  l’atteggiamento  del  governo  di  De  Gasperi  in questa  circostanza.  Il  governo  italiano,  infatti,  si  guarda  bene  di  intervenire presso l’ambasciatore americano a Roma per protestare o almeno per chiedere spiegazioni  dell’attività  del  capitano  Stern,  uno  straniero  che  promette  ad  un bandito armi ed aiuto.
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===capoverso===
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'''In sintesi, i rapporti britannici (inaccessibili fino a un anno fa) ci dicono che i mandanti delle stragi siciliane del  maggio - giugno
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’47  sono  da  ricercare  nel  governo  degli  Stati  Uniti  d’America, presieduto  dall’aprile  ‘45  da  Harry  Truman.  Di  conseguenza,  i tramiti  sono  Charles  Poletti,  James  Angleton,  Philip  J.  Corso  e, forse, Mike Stern. Non a caso, un documento del 13 agosto ‘47 afferma''':
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Il  maresciallo  Messe  ha  assunto  la  direzione  militare  di  tutto  il  movimento anticomunista nel nord Italia (…). Il movimento riceve dieci milioni di lire al mese  dalla  Confederazione  degli  industriali  dell’Italia  settentrionale  (…). Jacini  mantiene  costantemente  informate  le  autorità  americane  sugli  sviluppi del movimento anticomunista.
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Altri due dispacci britannici (2 giugno e 5 agosto ’47, spediti da Roma a Londra) riferiscono ampiamente sui finanziamenti erogati dalla Banca nazionale dell’agricoltura (Bna) al movimento clandestino monarchico - fascista, che punta alla costituzione “di squadre armate per opporsi alle formazioni comuniste”. Si fanno i nomi dell’avvocato Carlo Jurghens, presidente della Bna, e del condirettore della banca, conte Armenise. Il denaro arriva anche ai rappresentanti dell’Umi (Unione monarchica italiana) con sede a  Roma  in  via  Quattro  Fontane,  luogo  frequentato  anche  dagli emissari  della  banda  Giuliano.  Ed  è  molto  probabile  che  sia proprio questa la “fonte unica” a cui attinge il “Nuovo comando generale” (Far, Eca e Sam) per sviluppare le attività terroristiche del maggio - giugno ’47 in Sicilia (cfr. i due documenti Sis del 25 giugno  ’47,  già  esaminati).  Secondo  Londra,  Umberto  II  (in esilio  da  un  anno  a  Cascais,  in  Portogallo)  è  al  corrente dell’operazione  eversiva  in  atto.  Non  è  casuale  che  nelle  stesse settimane  l’ex  re  incontri  Eva  Perón,  consorte  del  presidente argentino Juan Perón, dalla quale (secondo il  giornalista Jorge Camarasa) riceve un grosso quantitativo di pietre preziose (cfr. il capitolo  I  del  volume  Tango  Connection,  cit.).  Il  rapporto britannico  del  5  agosto  spiega  infatti  che  le  formazioni  nere cercano di ottenere finanziamenti, oltre che dalla Bna, anche dagli industriali e dai neofascisti italiani emigrati in Argentina. Nel ‘47, denaro  e  armi  arrivano  in  Italia  senza  problemi.  Il  comando militare  del  Partito  nazionale  monarchico  (Pnm),  guidato  dal generale Scala, dispone a Roma di tre depositi d’armi clandestini con  seicento  mitragliatrici  e  cinquemila  bombe  a  mano.  Ma l’afflusso di armi inizia nell’autunno ‘46:
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===capoverso===
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I gruppi monarchici hanno ricevuto dall'America del Nord ingentissime somme e armi di ogni specie. Fra le armi, vi sono dei fucili mitragliatori di nuovo tipo con cartuccia molto lunga e di grosso calibro. Il morale è elevatissimo. Notizia assolutamente certa (Sis, b. 43, f. L25/Attività monarchica, 9 ottobre ’46).
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Le  gravi  responsabilità  del  governo  americano  nelle  vicende eversive  italiane  emergono  anche  da  un  questionario  dei  servizi segreti Usa (tradotto in italiano dal Sis):
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Gli  elementi  che  potrebbero  opporsi  in  combattimento  contro  il  comunismo armato  provengono  quasi  totalmente  dai  quadri  degli  ufficiali  dell’esercito regolare,  devoti alla  monarchia,  nonché da elementi  fascisti che  non si siano piegati al comunismo (Sis, b. 44, f. LP39/Movimento anticomunista, 17 ottobre
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’47).
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===capoverso===
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Alle soglie dell’inferno
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Non vi è dubbio che il Pci di Togliatti, ovvero il “partito nuovo” che  inizia  a  formarsi  all’indomani  della  Liberazione,  dispone  di un’organizzazione armata occulta (il celebre “apparato”) pronta a entrare  in  azione  soprattutto  nell’Italia  centrale  e  settentrionale. Ma possiamo affermare senza ombra di dubbio che tale“apparato” non ha funzioni eversive. Il suo compito è semmai di“vigilanza  rivoluzionaria”,  come  si  diceva  in  quegli  anni,  con l’obiettivo legittimo di impedire che un colpo di Stato neofascista provochi l’annientamento delle sinistre e delle conquiste democratiche  successive  al  25  aprile  ‘45.
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===Capoverso===
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Truman  teme  che  i comunisti  e  i  socialisti  assumano  il  potere  mediante  regolari elezioni politiche,un modello che potrebbe diffondersi rapidamente  in  altre  parti  del  mondo  e  mettere  in  crisi  le  basi ideologiche  della  nascente  guerra  fredda  tra  i  blocchi  dell’est  e dell’ovest.  L’ostentazione  ossessiva  del  cosiddetto  “fantasma rosso” e la sua demonizzazione sono quindi strumentali al patto scellerato che si stabilisce tra servizi segreti Usa, corpi dello Stato italiano, neofascisti e mafia fin dal ‘43 e che tanti lutti provocherà nei decenni successivi. Sono i servizi segreti statunitensi a sancire questo connubio,con l’obiettivo di bloccare il processo democratico  che  inizia  a  svilupparsi  in  Italia  a  partire  dall’8 settembre  ‘43  e,  in  modo  più  deciso,  dopo  il  25  aprile  ‘45. L’ottima   affermazione delle sinistre nelle elezioni per l’Assemblea  costituente  del  2  giugno  ‘46  (comunisti  e  socialisti sfiorano  il  40  per  cento  dei  voti,  contro  il  37,  2  della  Dc)  e  la vittoria  della  Repubblica  sulla  monarchia,  sono  i  moventi  di  un colpo  di  Stato  antidemocratico  che  mira  ad  instaurare  una dittatura  gestita  unicamente  dall’Arma  dei  carabinieri.  Tra  gli obiettivi  urgenti,  vi  è  la messa  fuori  legge  del  Pci.  In  sintesi,  le stragi siciliane della primavera ’47 altro non sono che l’innesco di una  bomba  che  dovrà  portare  alla  reazione  popolare  e  alla conseguente  risposta  armata  guidata  dall’intelligence  americana. L’esecuzione del golpe è affidato all’Arma dei carabinieri e alle squadre armate neofasciste, con la complicità dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica.
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===capoverso===
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Sono  molti  i  nominativi  che  ricorrono  nel  lungo  documento  Sis del 25 giugno  ‘47, riportato all’inizio di questo dossier. A parte Salvatore  Giuliano,  incontriamo  un  certo  “tenente  della  Gnr Martina,  già  di  stanza  a  Novara”,  definito  “capo  effettivo  della banda”.  Nell’interrogatorio  condotto  dal  Sim  di  Napoli  il  12 maggio ’45, intitolato Magistrelli Dante, agente nemico, si legge:
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Il 16 giugno 1944 i comandi italiani e tedeschi arrivano a Porto d’Ascoli, dove rimangono per tutto il giorno. Qui, assieme a Console Pino, il soggetto decide di  disertare  per  raggiungere  Partinico,  provincia  di  Palermo.  I  due  ricevono l’aiuto di un certo Francesco Martina, nativo anche lui di Palermo, elemento che    incontrano  per  caso  presso  la  famiglia  Caratella,  originaria  di  Franca Villa Mare, ma sfollata a Porto d’Ascoli.
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È quindi lecito ipotizzare che  il Martina  al quale si accenna nel documento Sis, sia lo stesso che accompagna i fratelli Console e Magistrelli a Palermo nell’estate ’44.
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Scorrendo il documento del 25 giugno ’47, compare più volte il Partito  fusionista  italiano  (Pfi).  In  particolare,  si  menzionano  i suoi  dirigenti:  Pietro  Marengo,  l’avvocato  Ciarrapico  e  “il  noto dottor  Cappellato,  ex  medico  di  Mussolini,  agente  provocatore numero  uno  in  Sicilia,  comandante  del  vecchio  Partito  fascista democratico  prima,  e  delle  formazioni  nere  dopo,  in  seno  alla sezione romana del Partito fusionista”. Di Marengo scrive il Cic in un rapporto del 27 gennaio ‘47 intitolato Attività neofasciste a Bari: “Pietro Marengo, che è il direttore dell’organo del partito Il Manifesto, ha assicurato il nostro informatore che la piattaforma del  partito  è  fascista”.  E  poco  prima:  “Cerapico  [si  tratta probabilmente di Ciarrapico] ha istruito un membro siciliano del partito nei seguenti termini: ‘Dobbiamo assolutamente vincere le elezioni in Sicilia in via pacifica, altrimenti dovremo cominciare a spezzare le ossa con cazzotti e bastoni’ ”. Su questa formazione, i servizi segreti britannici riferiscono:
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===capoverso===
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Il Partito fusionista italiano, in origine un piccolo fronte neofascista camuffato in  Sicilia,  sta  trasferendo  la  sua  base  di  operazioni  a  Roma.  Nuove  forze organizzative  ne  hanno  preso  il  controllo  e  ora  servirà  da  fronte  per  i  vari elementi  ex  fascisti,  un  tempo  disorganizzati,  e  per  i  vari  elementi nazionalistici.  Il  suo  programma  sarà  basato  sull’attività  anticomunista    (18 ottobre ‘46).
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La  riorganizzazione  del  Pfi  avviene  nell’autunno  ’46  quando, secondo i documenti Sis, si inizia a parlare di un colpo di Stato guidato  dall’intelligence  Usa  e  dall’Upa.  La  sperimentazione eversiva  in  Sicilia  assume,  quindi,  un  carattere  nazionale  e  si colloca all’interno del più generale progetto golpista attuato delle squadre paramilitari neofasciste, che cominciano la lunga marcia che  le  porterà  a  scatenare,  qualche  mese  dopo,  l’“incidente” terroristico di Portella della Ginestra. Sul Pfi leggiamo ancora:
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Scorza [ex segretario Pnf] ha diretti rapporti col generale Messe [generale dei Cc,  capo  dell’Upa]  e  tali  rapporti  si  riferiscono  all’eventualità  di  un’azione anticomunista di carattere interno [il colpo di Stato dell’Upa] o contro le forze di Tito  nella  Venezia  Giulia.  Sono  organi politici del partito  [Pfd]: il Partito fusionista  italiano;  la  frazione  Patrissi  dell’Uq  (Uomo  qualunque);  […]  le organizzazioni  neofasciste  indipendenti,  create  in  Calabria  e  in  Sicilia  dal principe  Pignatelli;  i  nuclei  reduci  della  Decima  Mas  del  principe  Borghese
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(Sis,  b.13,  f.  Turati  Augusto,  titolo:  Partito  fascista  democratico:  quadro dell’organizzazione a tutto il 26 settembre 1946, 30 settembre ‘46).
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L’imminenza di un’azione anticomunista risulta anche da un altro rapporto Sis:
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Ha avuto luogo ieri sera alla sede del Pfi, via Regina Giovanna di Bulgaria, n.
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95  (interno  20),  una riunione  limitata ai dirigenti fascisti dello  stesso  partito. Erano presenti: il dott. Cappellato che presiedeva (…). Cappellato ha fatto le seguenti testuali dichiarazioni: ‘Abbiamo preso noi fascisti le redini del Pfi che ormai è letteralmente nelle nostre mani (…). Un’azione monarchica tendente a capovolgere  radicalmente  la  situazione  pare  imminente  con  l’intervento  di corpi armati. In questo caso il Pfi si terrà a stretto contatto di gomito, al centro e alla periferia, col nostro partito (alludeva al Pfd) per la funzione che questo ha  da  svolgere  di  movimento  risolutivo  della  situazione’  (b.  56,  f. MP44/Attività  fascista  nel  Lazio,  titolo:  Partito  fusionista  italiano,  9  ottobre
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‘46) .
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La  riunione  si  svolge  pochi  giorni  dopo  quella  -  ben  più importante  -  tra  Turati,  Corso  (sottosegretario  agli  Interni  nel secondo  governo  De  Gasperi),  Ferrari,  Santoro,  Agrifoglio  e Philip J. Corso (cfr. documento britannico dell’8 ottobre ’46, già visto).  A  conferma  di  queste  manovre,  una  nota  Sis  del  2 novembre  ‘46  (b.  56,  f.  MP44/Attività  fascista  nel  Lazio) riferisce:  “Personalità  dell’Alto  comando  alleato  incoraggiano questi piani [golpisti] ‘da un punto di vista soprattutto antibolscevico’. Il passaporto internazionale rilasciato dagli Alleati  a  Turati  è  parte  integrante  del  suddetto  programma d’azione”.
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Emerge in modo netto il progetto di colpo di Stato, che vede in cima  alla  piramide  il  Comando  alleato  e  i  servizi  segreti statunitensi  (Angleton,  Philip  J.  Corso  e  altri).  Costoro  inviano ordini a rappresentanti del governo italiano e degli apparati dello Stato  (Agrifoglio,  Corso,  Santoro,  Ferrari)  nonché  a  Turati.
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Quest’ultimo controlla le varie organizzazioni del clandestinismo fascista  sparse  in  tutta  l’Italia.  Tra  queste,  il  Pfi  di  Marengo, Ciarrapico e Cappellato. La militarizzazione neofascista è “conseguenza  degli  incontri  di  cui  sopra.  (…)  Si  tratta  di formazioni  che  avranno  in  dotazione  armi  e  munizioni”.  Le riunioni  si  tengono  ai  primi  di  ottobre  tra  “Bastiano”  (definito“un  cugino  del  re”,  ovvero  Laderchi),  il  principe  Ruspoli  e  i neofascisti  Gray,  Nunzi,  Turati  e  Pini.  Agli  incontri  partecipa anche  Resio.  Il  documento  Sis  del  2  novembre  ’46  è  molto esplicito  sulle  finalità  di  questi  gentiluomini:  “Stringere  un  più omogeneo patto d’azione tra fascisti e monarchici, in previsione delle agitazioni popolari che verranno promosse simultaneamente in  tutte  le  città  d’Italia,  per  imporre  il  ritorno  al  regime monarchico e alla legalità”.
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Le  riunioni,  nel  corso  delle  quali  è  sancita  la  nascita  dell’Upa, affidata al generale Messe (Cc), si svolgono a Roma in una casa di  via  Due  Macelli  (di  proprietà  della  duchessa  Caffarelli),  che dista appena cinquanta metri dal bar Traforo,un locale frequentaton da Giuliano.  Nel  documento  del  25  giugno  ‘47 leggiamo che “il bandito Giuliano vi è stato più volte segnalato, anche  e  soprattutto  in  ordine  ai  suoi  contatti  con  le  formazioni clandestine di Roma. Vi fu precisato il luogo degli incontri con i capi del neofascismo (bar sito a via del Traforo, all’angolo di via Rasella)”. E via Due Macelli non è lontana dal bar con servizio esterno  situato  a  piazza  San  Silvestro  (angolo  con  via  della Mercede). Qui, come abbiamo visto, ha sede l’Associazione della stampa estera dove lavora Mike Stern.
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===capoverso===
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Nella gerarchia golpista il Pfi assume un’importanza fondamentale, in quanto garantisce  i  contatti  logistici  tra  la capitale e il sud nelle persone di Marengo, Pini, Cappellato e altri. Francesco  Garase  assicura  il  rapporto  col  gruppo  monteleprino
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(nota Sis del 28 luglio ‘47) ed è definito, il 2 agosto successivo,
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“emissario a Roma della nota banda Giuliano”. Frequenta il bar di piazza  San  Silvestro  allo  scopo  di  “tenere  i  collegamenti  con  i rappresentanti  romani  delle  varie  organizzazioni  clandestine”, sostituendo  Giuliano  quando  questi  è  impegnato  in  Sicilia.  A Roma, Garase è in contatto con elementi dei Far di Romualdi (in particolare  con Walter  Di Franco, che  è  solito  incontrare Puccioni, 28 luglio ’47) ma anche con pericolosi neofascisti come Armando  Di  Rienzo,  Marco  Fossa  e  Antonio  Di  Legge. Quest’ultimo  è  segnalato  dal  Sis  in  rapporti  con  il  Centro informazioni  Pro  Deo,  ovvero  l’intelligence  vaticana  diretta  dal frate  domenicano  belga  Felix  Morlion.  Secondo  un  documento Sis dell’8 luglio ‘47 “c’è un movimento, l’Eca, che fa capo a un certo Muratori, e del cui servizio informazioni è a capo un certo Puccioni”. In sintesi, emerge che i Far e l’Eca, tramite Di Franco, Garase e Puccioni, inviano ordini alla banda Giuliano in Sicilia e in  Calabria.  Come  abbiamo  visto, l’Eca  è  stata  fondata  da  Nino Buttazzoni,  ai  cui  ordini  opera  Muratori.  Altri  rapporti  Sis descrivono  Buttazzoni  e  Di  Franco  come  elementi  neofascisti coinvolti nelle azioni eversive dell’estate ‘47. Da un dispaccio del6  dicembre  ’46  (Sis)  apprendiamo  che  anche  Alfredo  Covelli  è alla  testa  del  movimento  clandestino  monarchico  -  fascista  di Laderchi, Callegarini, Resio e Infante. Si segnalano poi le attività eversive di Spinetti, Pollini e Cappellato, che agiscono all’interno del  Pfi,  sorto  a  Bari  nell’aprile  ‘46.  Il  loro  campo  di  azione  si estende  a  Roma,  Milano,  Agrigento,  Brindisi,  Caltanissetta, Cagliari,  Catania,  Palermo,  Firenze,  Lecce,  Messina  e  Potenza. Come si vede, le città siciliane interessate sono ben cinque.
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'''Nei rapporti, anche alcune perifrasi alludono al colpo di Stato'''. Ad esempio, i termini “azione diretta” e “movimento risolutivo della situazione”. La formula “azione diretta” compare in una circolare del  Fronte  internazionale  antibolscevico  riportata  dal  Sis  il  18 luglio ‘47  (in cui si illustrano le fasi dell’imminente insurrezione neofascista)  e  in  un  documento  datato  13  agosto  ’47,  in  cui  si afferma “che i Far sono per l’azione diretta, non rifuggono dalla violenza  e  fanno  ricorso  ad  atti  terroristici”.  L’espressione
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“movimento risolutivo della situazione”, che troviamo in un altro rapporto del 25 giugno ’47, ricorre per la prima volta il 9 ottobre‘46,  come  abbiamo  già  visto.  Si  parla  del  Pfi,  del  dottor Cappellato  e  di  “un’azione  monarchica  tendente  a  capovolgere radicalmente  la  situazione  con  l’intervento  di  corpi  armati”.  La stessa formula compare il 14 ottobre ‘46 riferita al Pfd di Turati, Nunzi e Gray, che proprio in quei giorni decide di “fiancheggiare il movimento monarchico”. Le disposizioni sono impartite anche agli uomini di Romualdi e del Pfi in tutta Italia, isole comprese.
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===capoverso===
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Altri  personaggi  ricorrono  nel  documento  del  25  giugno  ’47.  I loro  nomi  sono  Alfredo  Misuri,  la  principessa  Bianca  Pio  di Savoia, Gioacchino Cipolla e “Anna Maria Romani”:
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Il Fronte antibolscevico costituito recentemente a Palermo, al quale dette la sua adesione  incondizionata  l’onorevole  Alfredo  Misuri  in  proprio,  e  quale  capo del gruppo di via Savoia 86 (capitano Pietro Arnod, principessa Bianca Pio di Savoia, ecc.), non è una sezione del Fronte anticomunista a voi nota. Il Cipolla che  a  Palermo  dirigerebbe  il  fronte  è  del  tutto  sconosciuto  al  Fronte  unico anticomunista, di cui alle nostre reiterate segnalazioni confidenziali. Il Fronte antibolscevico  di  Palermo  è  però  collegato  con  Anna  Maria  Romani,  ospite della principessa Pio di Savoia sedicente segretaria particolare di Misuri, cucita in tutto a filo doppio del noto colonnello Paradisi, detto anche Minelli (piazza Tuscolo)  ed  è  pei  suoi  buoni  uffici  che  Misuri  e  i  camerati  del  comitato anticomunista di Torino, a Voi noto, appoggiarono e appoggiano il progetto di azione diretta di cui Paradisi è autore.
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Alfredo Misuri è un collaboratore stretto di Covelli. Alla fine del’47  ricopre  l’incarico  di  presidente  dell’Umi  in  via  dell’Umiltà83, a Roma. Vicepresidente è il conte Luigi Benedettini, che nel maggio  ‘46  incontra  Garase,  Cannamela  e  Caterina  Bianca proprio  in  via  dell’Umiltà.  Risulta  quindi  evidente  che,  almeno dalla  primavera  ’46,  esponenti  monarchici  di  prima  grandezza sono  in  contatto  con  la  banda  Giuliano,  in  maniera  diretta  o tramite emissari.A  proposito  del  colonnello  Paradisi,  alias  Minelli,  che  opera presso la cellula neofascista del rione Tuscolo a Roma, leggiamo:
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“In via Britannia, di fronte alla caserma dei carabinieri esisterebbe  un  bar  ove  si  terrebbero  riunioni  della  cellula neofascista,  il  cui  locale  verrebbe  fra  l’altro  frequentato  da  tale Bianchini, da un maggiore dell’esercito e da un professore” (Sis, busta 56, f. MP44/Attività fascista nel Lazio, 19 ottobre ‘46). E in un  altro  rapporto  del  21  ottobre  ‘46:  “Dal  gruppo  neofascista Tuscolo  ho  avuto  l’incarico  -  scrive  l’anonimo  agente  -  di funzionare  da  tratto  di  unione  tra  il  gruppo  stesso  e  il  capitano Nebulante,  comandante  di  settore  del  movimento  monarchico romano”.  Si  fa  riferimento  anche  all’attività  clandestina  dei carabinieri. Infine, in un dispaccio Sis del 2 novembre ‘46 si parla di  “contatti  tra  monarchici  clandestini  e neofascisti/qualunquisti del  rione  Tuscolo,  per  un’azione  in  comune  nell’imminenza
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dell’azione  di  piazza  di  cui  si  farebbe  promotore  il  Partito monarchico per il ritorno al potere del re. Il piano di tale alleanza sarebbe stato propugnato col consenso della federazione romana del  Partito  fascista  democratico”.  È  chiaro,  come  recita  un  altro documento  Sis  redatto  il  2  novembre  (già  citato),  che  tale fermento punta a “stringere un più omogeneo patto di azione tra fascisti  e  monarchici  in  previsione  delle  agitazioni  popolari  che verranno  promosse”.  Il  Bianchini  in  questione  è  Domenico Bianchini  (classe  1896),  figura  di  spicco  nel  Pfd  dell’epoca assieme ai colonnelli Mariani e Pollini, che tra la fine del ’46 e l’estate ’47 operano al sud. Ma sappiamo anche che Pollini è in Sicilia prima della fine dell’estate: “Il colonnello Pollini Gianni, già in collegamento con Pucci e Del Massa [esponenti di primo piano  dei  servizi  segreti  della  Rsi],  è  attualmente  a  Napoli  in attesa  di  trasferirsi  in  Sicilia  con  altri  elementi”  (Sis,  b.  38  f. HP40/Penne stilografiche esplosive, 11 agosto ‘46). L’affermazione è confermata da un passo (già visto) del rapporto del 25 giugno ‘47 che stiamo esaminando: “Anche il colonnello Pollini  e  Spinetti  Ottorino  (già  abitanti  a  Roma,  in  via  Castro Pretorio  24,  piano  ultimo),  sono  stati,  pochi  giorni  prima dell’arresto  del  Pollini  e  dell’inizio  dell’azione  della  banda [Giuliano],  in  Sicilia  e  a  Palermo  per  conto  dell’Ecla  diretta  da Muratori”. Per quanto riguarda Mariani, colonnello dei carabinieri ed ex Gnr, è presente al sud tra il ’46 e il ‘47 e agisce in sintonia con i generali Bencivenga e Caracciolo. In quei mesi, Napoli è un  punto  di  riferimento  cruciale  per  l’eversione  monarchico  - fascista  nel  meridione  e  nelle  isole.  I  contatti  con  l’Arma  dei carabinieri  sono  costanti.  Si  citano,  ad  esempio,  il  maggiore Giovannini,  il  maresciallo  Milanesi  e  il  capitano  Bernardi dell’Ufficio informazioni (Sis, b. 43, f. L25/Attività monarchica,
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20 settembre ‘46).
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Un personaggio importante è la principessa Bianca Pio di Savoia, cognata del colonnello  Laderchi (Cc),  dal quale  la nobildonna è incaricata di occuparsi delle formazioni nere meridionali. La sua abitazione, in via Savoia 86 a Roma, è un centro di organizzazione  anticomunista  per  le  attività  eversive  al  sud  nei primi  mesi  del  ’47  nonché  punto  di  riferimento  per  la  nobiltà siciliana  nella  capitale,  di  cui  sono  esponenti  non  secondari  le principesse di Ganci e di Niscemi. Bianca Pio di Savoia ospita
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“Anna  Maria  Romani”,  uno  dei  nomi  di  copertura  di  Selene Corbellini,  esponente  delle  Sam  e  frequentatrice  degli  ambienti eversivi palermitani collegati al “noto Martina, capo della banda Giuliano”.  La  Corbellini  mantiene  i  contatti  con  l’Associazione patriottica anticomunista (Apa) di Torino. Qui troviamo Valletta, Pirelli,  Falck,  Piaggio  e  Costa,  che  finanziano  i  movimenti eversivi neri almeno dall’immediato dopoguerra (cfr. documento britannico  del  30  giugno  ‘45).  Tra  il  ’46  e  il  ’47,  la  capitale sabauda diventa il crocevia dei movimenti clandestini monarchico
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- fascisti, che ricevono denaro e armi per le attività terroristiche in tutta l’Italia.  A Torino,  nei primi mesi del ’47, sono operativi il generale Infante, Covelli, Misuri, il principe Giovanni Francesco Alliata di Montereale (poi coinvolto nelle trame nere degli anni
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60’  e  ’70),  Tommaso  Leone  Marchesano,  Selene  Corbellini, Tullio  Abelli  (Decima  Mas/Far),  Mario  Tedeschi  (Decima Mas/Far) e, secondo il documento del 25 giugno ’47 che stiamo esaminando,  Salvatore  Giuliano  in  persona  (“Vi  parlammo  dei suoi viaggi Roma - Torino”). Sappiamo inoltre che, dal dopoguerra,  Tedeschi  e  Abelli  lavorano  come  confidenti  per l’intelligence americana. Sull’importante ruolo golpista ricoperto dall’Apa  nel  ’47,  il  Sis  non  potrebbe  essere  più  esplicito:
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“Formazioni  clandestine  anticomuniste  preparano  in  Sardegna moti  rivoluzionari  per  la  defenestrazione  violenta  delle  autorità locali e la proclamazione di un  governo nazionale nell’isola.  Le formazioni,  collegate  con  altre  organizzazioni  della  penisola, riceverebbero  ordini  e  denaro  da  un  Comitato  anticomunista  di Torino” (b. 44, f. LP39/Movimento anticomunista, 8 agosto ’47). Secondo il Sis, l’Apa di Torino “è un movimento che mira ad un colpo  di  Stato  e  che  è  incoraggiato  e  finanziato  dall’Argentina”
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(cfr.  documenti  del  10  giugno  ’47,  13  agosto  ’47,  19  settembre
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’47 e il capitolo I del volume Tango Connection, cit.). Elemento fondamentale  dei  circuiti  eversivi  e  finanziari  neofascisti  è Giuseppe  Cambareri,  gran  massone,  capo  dei  Rosacrociati d’America  e  del  Fronte  internazionale  antibolscevico  (Fia)  e collaboratore dei servizi segreti americani dal ‘39. Non a caso, un dispaccio  Sis  del  27  ottobre  ’47  riferisce  che  “Cambareri  ha rapporti  con  l’estero,  principalmente  con  le  Americhe  e  con  la
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Spagna, ed è stato fra i dirigenti della rivoluzione che ha portato al potere Peron”.
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Nel  giugno  ’47,  come  abbiamo  visto,  sbarcano  in  Italia  due personaggi di prima grandezza nella storia eversiva del Belpaese. Il primo è Charles Poletti, che promette soldi e armi da parte del governo  americano  a  condizione  che  si  istituisca  un  comando unico delle forze paramilitari neofasciste. Il secondo è Eva Perón. Giunge in Italia con un carico di lingotti d’oro, pietre preziose e denaro che sono distribuiti (tra giugno e luglio) in varie città della penisola,  in  Svizzera  e  in  Portogallo.  Nelle  stesse  settimane, anche Covelli viaggia a Lisbona per incontrarsi con Umberto II. Che  i  fondi  per  l’eversione  nera  provengano  in  gran  parte  dal paese sudamericano, ce lo conferma il quotidiano La Repubblica d’Italia del 22 giugno ‘47, a proposito della retata della polizia ai danni  dei  Far  (di  cui  parleremo  tra  poco):  “L’organizzazione  a carattere  terroristico  farebbe  capo  a  un  governo  provvisorio fascista in Argentina”.
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Si può ora ipotizzare il seguente schema finanziario per il golpe neofascista  del  ’47  in  Italia:  il  denaro  (proveniente  dalle  casse dall’Internazionale nera di Bormann e Skorzeny) parte dall’Argentina di Perón tramite il “governo provvisorio fascista” con sede a Buenos Aires (composto anche da tre ministri della ex Rsi: Moroni, Spinelli e Pellegrini Giampietro; sul tema, cfr. il settimanale L’Europeo del 10 luglio ‘49); viaggia con Eva Perón
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(cioè con valigia diplomatica) nel giugno ’47; arriva in Italia dove è suddiviso tra gerarchie vaticane e banche. Ne beneficiano l’ex re  d’Italia,  l’Upa  e,  probabilmente,  anche  la  Bna.  A  sua  volta, quest’ultima lo distribuisce alle squadre paramilitari monarchico - fasciste  di  Turati,  Scorza,  Covelli,  Fresa  e  Patrissi.  I  soldi finiscono  così  nei  circuiti  del  “Nuovo  comando  generale”  (Far, Eca, Sam) per le azioni terroristiche siciliane del maggio - giugno
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‘47,  ovvero  “il  bagno  di  sangue”  messo  in  atto  dallo  squadrone della morte agli ordini di Salvatore Giuliano.
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Il  rapporto  del  25  giugno  ’47  si  sofferma  anche  sul  duca  di
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Spadafora:
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Nel  mese di  marzo,  se ben  si  rammenta,  fu  segnalato  che  il duca  Spadafora, capo del gruppo commerciale agrario del sud, fu a Roma ed ebbe colloqui con rappresentanti  del  Fronte  clandestino.  Chiese  di  poter  versare  un  milione  in conto, a condizione che si facesse in Sicilia “un lago di sangue”. Mormini, del Fronte,  avrebbe  dovuto  raggiungere  in  Sicilia  la  banda  Giuliano,  a  contatto anche  colla  mafia  locale in parte a disposizione del  suo  gruppo.  La proposta non  fu  accettata,  sembrò  orribile…  Da  allora,  da  notizie  certe  e  sicure, Spadafora ha contatti diretti col Martina, che finanzia direttamente e al quale impartisce disposizioni. Elementi ricercati sono stati ammessi a far parte della banda.
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Qualche mese prima, il Sis scrive:
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Il  principe  Spadafora,  neofascista  monarchico  che  fu  collaboratore  della Repubblica di Salò, sottosegretario di Stato e detenuto a Regina Coeli da dove venne liberato per il personale intervento di re Umberto, si trova presentemente in missione in Sicilia, a contatto con i dirigenti separatisti e con i neofascisti aderenti ai gruppi autonomi (6 ottobre ’46).
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Le  attività  stragiste  del  duca  sono  dunque  documentate  almeno dall’autunno  ’46,  in  coincidenza  con  l’inizio  delle  mattanze  in Sicilia  (eccidio  di  Alia)  e  con  gli  accordi  golpisti  siglati  nei palazzi  romani.  Vi  è  inoltre  un  legame  diretto  tra  il  duca  e Martina, ritenuto dal Sis il capo della banda Giuliano e al quale Spadafora invia ordini e denaro.
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In merito al “lago di sangue”, una nota Sis del 17 settembre ‘47
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afferma:
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Altri emissari di Ambrosini [capo delle formazioni militari neofasciste del Pfr] si recarono a Milano e incassarono la somma elargita (…) per il lago di sangue voluto dagli industriali. In casa Ambrosini fu compilata una lista di coloro che dovrebbero  comporre  il  nuovo  governo  (…).  Si  sta  provvedendo  alla distribuzione di armi automatiche nuove e di munizionamento (…). Certo Di Franco  andrà  in  questi  giorni  in  Umbria  per  impartire  ai  camerati  le  ultime disposizioni. Parteciperà al raduno di Napoli (…). Lavorano attivamente per la detta  azione:  generale  Navarra  Viggiani,  generale  Muratori,  Venturi  (…),  il capitano Italo Nebulante (…), il colonnello Festi, il colonnello Buttazzoni (b.
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39, f. HP68/Partito fascista repubblicano).
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Alla  fine  dell’estate  ’47,  Walter  Di  Franco  continua  ad  essere molto  attivo  nella  preparazione  del  “lago  di  sangue”  che  dovrà condurre  al  colpo  di  Stato.  Tornano  alla  ribalta  il  capitano Nebulante (già visto in collegamento con il gruppo neofascista di
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piazza  Tuscolo,  a  Roma)  e  Buttazzoni,  che  è  arrestato  dalla polizia nel settembre ’47. L’azione golpista, dunque, non si ferma dopo le stragi siciliane e mira con insistenza a provocare il tanto agognato “incidente” di cui scrivono numerosi rapporti italiani e britannici.  Un  altro  documento  Sis  del  25  giugno  ’47,  già esaminato, recita infatti:
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Il  comando  generale  dei  Far  ha  ordinato  questa  mattina,  in  conseguenza dell’operazione di polizia in corso, di accelerare i tempi.
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Le operazioni di polizia cercano di arginare gli attacchi terroristici neofascisti, che avvengono in Calabria e in Sicilia a partire dal 18 giugno  ‘47.  Si  tratta  di  una  retata  di  ampio  respiro  che  porta all’arresto di numerosi capi dei Far (cfr. Pier Giuseppe Murgia, Il  vento  del  nord.  Storia  e  cronaca  del  fascismo  dopo  la resistenza, 1945 - 1950, Milano, Sugarco, 1975, pp. 288 - 292). La  strage  di  Portella  della  Ginestra  (1°  maggio)  non  ha  sortito l’effetto desiderato, ovvero l’insurrezione delle sinistre. I neofascisti dei Far tentano quindi il tutto per tutto. Ecco perché il 22 giugno ’47 attaccano con mitra e bombe a mano le Camere del lavoro della provincia di Palermo (due sindacalisti perdono la vita e  i  feriti  si  contano  a  decine).
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capoverso
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Nelle  settimane  precedenti  atti analoghi  si  registrano  in  tutta  Italia,  soprattutto  a  Milano  e  a Roma.  Si  punta  a  provocare  il  Pci,  costi  quel  che  costi.  Lo conferma  Pasquale  Pino  Sciortino,  membro  autorevole  della banda Giuliano, nel suo discorso ai banditi radunati la sera del 21 giugno  ’47  a  Testa  di  Corsa,  una  contrada  di  Montelepre. Sciortino  istruisce  i  suoi  uomini  agli  assalti  del  giorno  dopo.  È presente  il  “picciotto”  Giuseppe  Di  Lorenzo,  già  veterano  dei moti  del  “Non  si  parte”.  Questi,  in  un  verbale  d’interrogatorio datato 16 luglio ‘47, riporta l’intervento (poi ripreso dal Rapporto giudiziario del 4 settembre ‘47): “Lo Sciortino concluse dicendo che questa seconda parte del loro programma [la prima era stata la strage  del  1°  maggio]  tendeva  specificamente  alla  distruzione delle  sedi  dei  partiti  di  sinistra,  site  nella  zona  di  influenza  del Giuliano, in modo da creare lo scompiglio e far sì che anche negli altri comuni gli aggressori trovassero imitatori”. È una frase che ricorda da vicino il documento del 25 giugno ’47, a proposito dei Far: “Anticipare l’azione di piazza per la conquista del potere”. Il Sis torna sull’argomento due settimane più tardi, il 10 luglio ‘47(b.  44,  f.  LP40/Arditi):  “Con  le  annunciate  manifestazioni  degli Arditi  (…),  si  vorrebbe  provocare  incidenti  di  piazza  per  dare modo al Partito comunista di scendere in campo con le sue forze, per  una  offensiva  anticomunista  in  grande  stile  da  parte  delle organizzazioni militari clandestine [neofasciste]”.
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Infine, di“iniziative di piazza” parla anche il conte Armenise (condirettore della Bna), nell’ambito del “movimento anticomunista armato” da lui finanziato (cfr. MI5 britannico, 16 giugno ’47).
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Il  progetto  di  insurrezione  golpista,  che  doveva  innescarsi  con l’eccidio di Portella, fallisce perché il Pci e il Psi non reagiscono alla grave provocazione. Togliatti e Nenni sanno benissimo che la strage  altro  non  è  che  una  gigantesca  trappola  destinata  ad annientare  i  partiti  storici  della  sinistra  italiana.  Già  l’8  maggio
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’47,  il  Sis  rileva  che  vi  è  una  spaccatura  tra  l’Upa  e  i  Far,  che diventa definitiva con la nascita del quarto governo De Gasperi, il 31 maggio ‘47, quando comunisti e socialisti sono estromessi dal governo.
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L’Upa avverte che non è più necessaria una insurrezione violenta  perché  il  “pericolo  comunista”  comincia  finalmente  ad allontanarsi.Non così la pensano i Far,che proseguono imperterriti  sulla  strada  delle  azioni  terroristiche  che  dovranno portare  al  golpe.  Ma  è  un  pesante  atto  di  disubbidienza  nei confronti  delle  potenti  gerarchie  eversive  della  capitale,  uno sgarro  che  Romualdi  e  le  sue  squadre  armate  pagano  a  caro prezzo.  Tra  il  26  e  il  27  giugno  ’47  si  scatena  la  micidiale rappresaglia dell’Upa. In poche ore, in Sicilia, sono massacrati a colpi  di  mitra  Salvatore  Ferreri,  alias  Fra’  Diavolo  (il  vice  di Giuliano),  e  altri  otto  banditi.  È  l’inizio  della  fine  per  lo squadrone della morte monteleprino e per le Sam, l’Eca e i Far. La  sconfitta  del  “Nuovo  comando  generale”  segna  il  decollo definitivo dell’Upa - l’organizzazione parallela interna allo Stato che veglierà sulla “minaccia comunista” per i successivi cinquant’anni - e della destra “istituzionale” dell’Msi di Giorgio Almirante.
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Secondo  il  documento  Sis  del  25  giugno  ’47,  Giuliano  è  in rapporti anche con la mafia. A questo proposito, occorre precisare che  il  bandito,  dal  ’43,  agisce  sotto  il  controllo  dei  vari capifamiglia  delle  zone  in  cui  opera:  Vincenzo  Rimi  (Alcamo),
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Santo Fleres (Partinico), Domenico Albano (Borgetto), Salvatore Celeste (San Cipirello), Giuseppe Troia (San Giuseppe  Jato),  don  Ciccio  Cuccia  (Piana  degli  Albanesi),  don Calcedonio Miceli (Monreale). Sono questi padrini a determinare la particolare insorgenza del gruppo monteleprino e la scomparsa di  tutte  le  altre  bande  di  tipo  tradizionale  in  Sicilia.  Giuliano rappresenta  un  fatto  nuovo  nell’organizzazione  criminale  del territorio. Ne segna un salto qualitativo nella direzione dei più alti livelli  istituzionali  e  politici  del  tempo,  a  cominciare  dagli ambienti  più  disponibili  a  sperimentare  il  terrorismo  di  Stato  e l’eversione antidemocratica: “Mormini del Fronte - leggiamo nel lungo  rapporto  -  avrebbe  dovuto  raggiungere  in  Sicilia la  banda Giuliano,  a  contatto  anche  con  la  mafia  locale  in  parte  a disposizione  del  suo  gruppo”.  Non  sappiamo  chi  sia  questo Mormini,  ma  il  documento  ci  dice  che  lavora  per  il  Fronte antibolscevico  nell’isola,  cioè  per  il  “Nuovo  comando  generale” neofascista.  Più  sfumato  appare  il  quadro  che  l’estensore  del documento  presenta  circa  le  relazioni  tra  la  mafia  e  il  bandito. Probabilmente,  gli  sfugge  lo  status  di  dipendenza  del  gruppo terroristico  dal  più  attrezzato  (anche  sotto  il  profilo  sociale) controllo  mafioso  del  territorio.  Sono  infatti  i  padrini  locali  a determinare  l’esistenza,  la  durata  e  persino  i  modi  di  essere  di qualsiasi  organizzazione  criminale  all’interno  della  nicchia  di potere  che  esse  si  costruiscono.  Fino  alla  vigilia  di  Portella,  le famiglie mafiose sembrano paghe del loro tradizionale controllo territoriale. Sono in rapporti con autorevoli esponenti del mondo istituzionale  ma  non  hanno  ancora  compiuto  il  salto  verso  lo Stato.  Stentano  a  percepire  il  terrorismo  come  strategia  di  lotta politica ma non disdegnano di contribuire alla decapitazione delle leadership del movimento democratico.
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Nell’imminenza dell’evento stragista, i vecchi padrini nutrono ancora molti dubbi sul da farsi. A tutti loro pensa Salvatore Lucania (Lercara Friddi,1897),  alias  Lucky  Luciano,  il  super  boss  della  mafia  siculo  - americana che arriva per la prima volta a Palermo nella primavera
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‘46 (aprile, maggio e giugno) per poi ripartire durante l’estate per il Sud America (Brasile, Colombia e Venezuela). Dall’ottobre ’46 al marzo ’47 è a Cuba e il 12 aprile ’47 arriva a Genova a bordo di un piroscafo turco. Il 30 aprile è a Palermo, dove giunge con un treno speciale  '''scortato  da  sei  carabinieri'''.  Il  22  giugno  lascia l’hotel delle Palme per recarsi a Napoli. La data di arrivo e quella di  partenza  sono  illuminanti:  la  presenza  di  Lucky  Luciano  è ritenuta imprescindibile dall’intelligence Usa (Angleton in testa) per appianare le divergenze che potrebbero svilupparsi tra i vari capifamiglia dell’isola nell’attuazione del golpe.
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'''Ad assicurare la necessaria tranquillità sul piano delle cosiddette  forze dell’ordine''' troviamo un personaggio come '''Ettore Messana'''.
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Ma  non  è  da  questo  versante  che  può  arrivare  la certezza  sulle  future  coperture  istituzionali  e  sociali  di  cui l’operazione  stragista  ha  bisogno.  La  mafia  garantisce  non  solo l’omertà necessaria ma anche la prospettiva del controllo interno agli  stessi  apparati  dello  Stato.  E,  al  contempo,  costituisce  il deterrente  al  disvelarsi  di  eventuali  anelli  deboli.  Messana  è l’uomo  giusto  al  posto  giusto,  forte  delle  sue  esperienze  di criminale di guerra per gli atti genocidi compiuti tra il ‘41 e il ‘42 nella  Slovenia  occupata  dalle  truppe  italiane.  Ma  non  subisce alcun  processo.  Al  contrario,  nell’autunno  ’44  è  scelto  ispettore generale  di  Ps  in  Sicilia  dal  secondo  governo  Bonomi,  in straordinaria  coincidenza  con  la  nomina  di  Angleton  a  capo assoluto dello Special counter intelligence (Sci),il controspionaggio alleato in Italia. Si può quindi ipotizzare che il Comando alleato utilizzi i moti siciliani della fine del ’44 (ispirati e  in  gran  parte  organizzati  dai  servizi  segreti  di  Salò)  come contraltare  al  “pericolo  rosso”  che  si  sviluppa  al  nord  (lotta partigiana)  e  al  sud (leggi driforma  agraria  del  ministro comunista Fausto Gullo). Tuttavia,appaiono gravi le responsabilità del capo del governo,Ivanoe Bonomi, che nell’inverno  ’44  -  ’45  ricopre  ad  interim  la  carica  di  ministro dell’Interno.  È  lui  a  mettere  Messana  a  capo  della  Ps  in Sicilia, pur sapendo che questi figura negli elenchi dei criminali di guerra ricercati dalle Nazioni unite per “assassinio, massacri, terrorismo sistematico,  torture  di  civili,  violenza  carnale,  deportazioni  di civili,  internamento  di  civili  in  condizioni  inumane,  tentativi  di denazionalizzazione  degli  abitanti  dei  territori  occupati”  (cfr. Repubblica Slovena, Archivio nazionale di Lubiana, b. 1551, 14 luglio ’45).
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===capoverso===
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Altrettanto sconcertanti risultano le mosse di Alcide De Gasperi. Durante il suo secondo governo (13 luglio ’46 - 20 gennaio ‘47), si  registra  la  fase  matura  degli  accordi  tra  intelligence  Usa, clandestinismo neofascista e corpi dello Stato (ottobre - novembre
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‘46). Questi ultimi fanno riferimento al ministero dell’Interno, al Sim,  alla  Ps  e  all’Arma  dei  carabinieri.  È  evidente  che  il  Sis riferisce,  per  dovere  d’ufficio,  al  ministro  dell’Interno,  carica ricoperta ad interim proprio da De Gasperi. Come abbiamo visto, la  circostanza  è  denunciata  in  quelle  settimane  da  una  serie  di preoccupati  rapporti  top  secret  redatti  a  Roma  dall’intelligence britannica.
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Mario Scelba diventa ministro dell’Interno con il terzo governo De Gasperi (2 febbraio - 13 maggio ‘47) e tale carica ricopre in maniera  ininterrotta  fino  al  ‘54.  Il  ministro  è perfettamente  a conoscenza  del  retroscena  eversivo  neofascista  che  porta  alle stragi  siciliane  del  maggio  -  giugno  ‘47.  Le  migliaia  di  rapporti Sis  prodotti  nella  primavera  -  estate  ’47,  e  che  riconducono  in maniera inequivocabile all’alleanza tra servizi segreti statunitensi, squadre  armate  neofasciste,  Arma  dei  carabinieri  ed  Esercito, sono ovviamente diretti proprio a lui. Tuttavia il 2 maggio ‘47, in piena  Assemblea  costituente,  Scelba  pronuncia  un  accalorato discorso  nel  quale  nega  l’esistenza  di  mandanti  nella  strage  di Portella  della  Ginestra,  definendola  un  fenomeno  da  collegare all’arretratezza feudale della Sicilia. In Italia si avvia così un’altra storia  tra  mistificazioni,  inganni  e  omertà  istituzionali.  Quella della doppia lealtà, del doppio Stato.
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===capoverso : bibliografia specifica===
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Per ulteriori approfondimenti, si rinvia alle seguenti opere:
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* di '''Giuseppe Casarrubea''', Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato, Milano, Franco Angeli, 1997;
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* Fra’ Diavolo e il governo nero. Doppio Stato e stragi nellaSicilia del dopoguerra, Milano, Franco Angeli, 1998;
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* Provincia Regionale di Palermo, Comune di Piana degli Albanesi, Biblioteca comunale “G. Schirò”,
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* Portella della Ginestra. 50 anni dopo  (1947  -  1997),  Caltanissetta  -  Roma,  Salvatore  Sciascia Editore,  1999,  vol.  I  (atti  del  Convegno);  vol.  II  (documenti raccolti,  annotati  e  introdotti  da  Giuseppe  Casarrubea);  vol.  III (documenti  raccolti,  scelti  e  introdotti  da  Giuseppe  Casarrubea,
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2001);
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* Salvatore Giuliano.Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti, Milano, Franco Angeli, 2001;
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* Storia  segreta  della  Sicilia.  Dallo  sbarco alleato a Portella della Ginestra, Milano, Bompiani, 2005;
+
* Morte  di  un  agente  segreto,  Roma,  Nuova  Iniziativa Editoriale; 2006;
+
*di '''Nicola  Tranfaglia''', 
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Come  nasce  la  repubblica.  La  mafia,  il Vaticano  e  il  neofascismo  nei  documenti  americani  e  italiani, 1943 - 1947, Milano, Bompiani, 2004;
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*di '''Giuseppe  Casarrubea  -  Mario  J.  Cereghino''' 
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*Tango  Connection. L’oro nazifascista, l’America latina e la guerra al comunismo in Italia. 1943 -1947, Milano, Bompiani, 2007.
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'''Ricerche  negli  archivi  italiani,  sloveni,  statunitensi  e  britannici: Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino'''
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== Bibliografia ==
+
*[[Ezio Taddei]] ,''Il "caso" Tresca'' 2006 [[ISBN]]:&nbsp888820798-8
+
*Italia Gualtieri ''Carlo Tresca: vita e morte di un anarchico italiano in America 1999'' - 71 pagine
+
"Regione Abruzzo, Centro servizi culturali di [[Sulmona]], Circolo cultura & societa. Giornata della memoria, 20 maggio 1994"
+
*Carlo Tresca, ''L'attentato a Mussolini: ovvero, Il segreto di Pulcinella''[[New York]], 4 edizioni, l'ultimo per tempo, editore Alexandria, Va. , [[Chadwyck-Healey Inc]], 1987.
+
*Gabriella Facondo, ''Socialismo italiano esule negli USA (1930-1942)'', Federazione italiana delle associazioni partigiane, 1993, [[Bastogi]]
+
*[[Piero Calamandrei]], Il Ponte, 1945 [[La Nuova Italia]]
+
*Fiandaca G.-Costantino S., ''La mafia, le mafie tra detti e nuovi paradigmi'', [[Laterza]], Bari, 1994
+
*[[Paolo Pezzino]] , ''Mafia, Stato e società nella Sicilia contemporanea: secoli XIX e XX''
+
*[[Nicola Tranfaglia]] , ''Mafia, politica, affari nell'Italia repubblicana, 1943-91'', [[Laterza]], Bari, 1992
+
*[[Arrigo Petacco]], ''Il prefetto di ferro'', [[Mondatori]], Milano, 1976
+
*[[Cesare Mori]], ''Con la mafia ai ferri corti'', [[Pagano]], [[Napoli]], 1993
+
*[[Salvatore Lupo]], ''Storia della mafia'', [[Roma]], [[Donzelli]], 1994
+
*[[Monte S. Finkelstein]] ''Separatism, the Allies and the Mafia: The Struggle for Sicilian Independence 1943-1948'' (''Separatismo, gli alleati e la mafia: La lotta per indipendenza siciliana 1943-1948''), [[Lehigh Univ Pr]]
+
*Giovanni Raffaele, ''L'ambigua tessitura. Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti'', [[Angeli]], Milano, 1993.
+
*[[Christopher Duggan]]  ''La mafia durante il Fascismo'' 1987, [[Rubbettino]], con Prefazione di [[Denis Mack Smith]]
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== Collegamenti esterni ==
+
*[http://www.instoria.it/home/mafia_fascismo.htm  L'operazione incompiuta del prefetto Mori di Davide Caracciolo]
+
*[http://www.zeurocivitas.org.uk/mafia.htm ''il ritorno della Mafia in Sicilia. Un regalo dei "nemici"Gli USA e la mafia'' e ''I nemici, la Mafia e il Mis'' ]
+
*[http://www.paroledisicilia.com/citazioni/citazioni/la-storia-della-mafia---terza-e-ultima-parte.html La storia della Mafia([[Leonardo Sciascia]] - Fonte: Storia Illustrata – anno XVI – n. 173 – aprile 1972 – A. Mondadori Editore)]
+
*[http://it.internationalism.org/rint/18_statodemocratico LA MAFIA: al cuore dello Stato e della strategia imperialista]
+
*[http://www.liberalfondazione.it/archivio/fl/numero04/verita.htm  vedere Tutta la verità sul caso Tresca di [[Mauro Canali]]],<ref> l'autore e fra quelli accreditati dal [[SISDE]] per i suoi lavori che spesso ne riportano stralci sul sito]</ref>
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*[http://www.leinchieste.com/scelba_portella.htm Mario Scelba: padre della Repubblica o regista di trame? I documenti che qui si presentano, di cui alcuni sottratti di recente al segreto di Stato, aiutano a rispondere di [[Carlo Ruta]]]
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*[http://www.leinchieste.com/casarrubea_dossier_stragi.htm Documenti statunitensi e italiani sulla banda Giuliano, la Decima Mas e il neofascismo in Sicilia di [[Giuseppe Casarrubea]]]<ref>''"Dalle centinaia di documenti rinvenuti nel 1997 dallo storico Aldo Sabino Giannuli presso l'archivio dell'Ufficio Affari Riservati di Federico Umberto D'Amato (noto anche come archivio del Servizio informazioni e sicurezza, Sis), apprendiamo che negli anni 1944 - 1947 la banda di Salvatore Giuliano è direttamente collegata ai gruppi eversivi neofascisti, monarchici e antibolscevichi, in particolare romani e meridionali (cfr. Aldo Sabino Giannuli, Salvatore Giuliano, un bandito fascista, rivista Libertaria, anno 5, n. 4, ottobre - dicembre 2003, pp. 48 - 58). Sul tema, citiamo di seguito alcuni documenti:ecc.ecc.ecc.ecc.ecc.''"[http://www.leinchieste.com/casarrubea_dossier_stragi.htm Documenti statunitensi e italiani sulla banda Giuliano, la [[XMas]] e il [[neofascismo]] in Sicilia di Giuseppe Casarrubea]</ref>
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*[http://www.leinchieste.com/giuliano_e_licausi.htm Lettera di [[Salvatore Giuliano]] a "[[La Voce di Sicilia]]", 31 agosto 1947, e commento-risposta di [[Girolamo Li Causi]] ]
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*[http://www.romacivica.net/anpiroma/rendina.pdf biografia  [[Peter Tompkins]] da [[ANPI]]]
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*[http://www.italia-liberazione.it/it/dossierportelladellaginestra.php da Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia dossier su [[Portella della Ginestra]]]
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*[http://www.centroimpastato.it/publ/online/portella_narcomafie.php3 sheda su [[Portella della Ginestra]] dal sito dedicato a [[Peppino Impastato]]]
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*[http://montagna-longa.noblogs.org/page/50 da Montagnalonga sito curato dai parenti delle vittime di [[Portella della Ginestra]] che presenta anche il rapporto di Giuseppe Peri vicequestore di [[Trapani]]]
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*[http://scuole.monet.modena.it/ipcorni/mafia/stocn2.htm scuole.monet.modena Il "prefetto di ferro"]
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*[http://www.instoria.it/home/vittoria_alleata_sicilia.htm la mafia e gli americani dopo lo sbarco di Davide Caracciolo]
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Tutto ciò si collocò nell'ambito di rivolte sociali messe in atto dagli strati meno abbienti della popolazione siciliana, che portarono ad un gran numero di caduti in piazza. I morti fra i manifestanti furono circa 80, a fronte di due appartenenti agli organi di polizia dello [[Stato]] (rapporto di circa 40 ad 1)<ref name="crono">[http://ita.anarchopedia.org/L%E2%80%99insurrezione_antimilitarista_del_%E2%80%9Cnon_si_parte!%E2%80%9D#Cronologia_delle_rivolte_siciliane_dopo_la_caduta_del_fascismo Cronologia rivolte siciliane del secondo dopo guerra]</ref>.
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==Note==
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Latest revision as of 08:20, 17 May 2009

Un processo lento, che in Italia si è sviluppato per tappe e acquisizioni a partire dal riconoscimento dello status quo feudale nel sud da parte della monarchia sabauda in cambio della propria legittimazione. La mafia, dalle trattative per preparare lo sbarco alleato in Sicilia al sistema di scambio voto-favore dell'epoca democristiana, ha in seguito rappresentato un costante interlocutore per la repubblica. In tale contesto, il ruolo della capitale morale settentrionale è andato focalizzandosi sulla controparte legale, il riciclaggio di denaro. Equilibrio che si è tuttavia definitivamente infranto a cavallo degli anni '80, con lo scoppio di una sanguinosa guerra intestina. Conflitto che, con un bilancio assimilabile a una guerra civile, ha portato al prevalere dei clan più arretrati e feroci, i corleonesi, e a una tardiva reazione istituzionale.(Antistato totalitario e antistato mafiosodi Massimo Annibale Rossi)

La propaganda fascista è stata da sempre abilissima nel dipingere il regime mussoliniano quale acerrimo nemico della mafia. Se è pur vero che numerosi mafiosi furono arrestati durante il fascismo (soprattutto nell’epoca del cosiddetto “Prefetto di Ferro” Cesare Mori), è vero anche che nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di “pesci piccoli” ed è anche vero che i fascisti non ebbero scrupoli nel liberare molti di essi quando si trattò di utilizzarli in sporche operazioni contro gli antifascisti (vedi l’assassinio dell’anarchico Carlo Tresca). I rapporti mafia-fascismo furono ben saldi prima e anche dopo l’8 settembre 1943, quando mafia, fascisti e istituzioni collaborarono in chiave repressiva dei movimenti sociali che si andavano a sviluppare in Sicilia.

Il periodo del prefetto di ferro: Cesare Mori[modifica]

Cesare Mori, figura mitizzata dal fascismo, nel 1922 era prefetto di Bologna, inflessibile applicatore della legge, essendo fra i pochissimi rappresentanti degli "organi di repressione dello Stato" che considerassero lo squadrismo fascista al pari del "sovversivismo" di sinistra e quindi da reprimere in egual maniera. Dopo aver bloccato una spedizione punitiva di squadristi fu duramente contestato dal fascismo rampante, ormai appoggiato dalla borghesia industriale e agraria, per cui all'ascesa al potere di Mussolini Mori fu dispensato dal servizio attivo e si ritirò in pensione nel 1922 a Firenze, assieme alla moglie; medesima sorte toccò nello stesso periodo ai militari Guido Jurgens, Vincenzo Trani e Federico Fusco, tuttavia questi non ebbero altre possibilità di carriera poiché non vollero scendere a compromessi col regime fascista.

In seguito, nel 1924, Mori venne richiamato in servizio e gli fu affidato da Benito Mussolini l'incarico di repressione dei fenomeni criminali in Sicilia (vista la sua fama di inflessibilità). Qui impiegò metodi al quanto sbrigativi, arrivando perfino a prendere in ostaggio donne e bambini per raggiungere il suo scopo; a tale riguardo scrive lo storico Christopher Duggan nel suo "Prefetto di ferro": "I metodi brutali di Mori crearono malcontento nella popolazione, che spesso fu tentata a schierarsi dalla parte dei mafiosi, di fronte a forze di polizia che apparivano quasi come invasori stranieri, senza rispetto delle più elementari regole di legalità" [...]"Ironicamente, l'operato di Mori potrebbe aver rafforzato proprio quella diffidenza nei confronti dello Stato che, come il governo, era stato così desideroso di vincere" [...] "Mori era amico dei latifondisti. [...] Dal 1927 gli agrari erano di nuovo al potere, e la Sicilia ne pagò a caro prezzo la riabilitazione; e gli anni Trenta furono caratterizzati da abbandono e declino"[1].

Cesare Mori però si concentrò soprattutto sui mafiosi di piccolo calibro e ciò è evidenziato persino in un sito web dedicato a Mussolini: "In effetti il fascismo, dopo la grande retata di "pesci piccoli" realizzata da Cesare Mori, viene a patti con l'"alta mafia", nel 1929 richiama a Roma il "Prefetto di Ferro" (verrà nominato senatore) e, in un certo senso, "restituisce" la Sicilia ai capi mafiosi ormai fascistizzati. Infatti, i condoni e le amnistie, subito concesse dal governo dopo il richiamo di Mori, hanno favorito molti pezzi da novanta che, appena tornati in libertà, si sono subito schierati fra i sostenitori del regime anche se, dopo il 1943, gabelleranno i pochi anni di carcere o di confino come prova del loro antifascismo."[2] [I fascisti di codesto sito ammettono con poche righe sia l'inefficienza dell'azione di Mori che la collusione mafia-fascismo. In seguito i rapporti tra mafia e neofascisti si incrinarono, soprattutto dopo il tentato golpe dei Junio Valerio Borghese, e la mafia privilegiò le alleanze con la DC di Giulio Andreotti. E' a questo che si deve forse l'acredine dei neofascisti contro la mafia, anche se vi è altresì da dire che il suddetto sito web in seguito si è dissociato dalle critiche a Mori, addebitando lo scritto all'azione di un qualche anonimo (N.d.R)].

Quando nel 1929 Mori fu rimosso dal suo incarico (fu insignito del titolo di senatore del Regno) il regime fascista "... si preoccupò di diffondere l’idea che la Mafia, ormai, non fosse più un problema, ma essa “era tutt’altro che morta e si era anzi nuovamente istituzionalizzata” (da Mafia e fascismo, Davide Caracciolo, InStoria, GB EditoriA 2008)"[3].

L'efficacia della lotta alla mafia, prima e dopo Cesare Mori, furono quindi condizionati dai rapporti mafia e fascismo, secondo cui spesso il regime si servì della "caccia al mafioso" come strumento repressivo atto a giustificare gli attacchi agli antifascisti (es. assassinio dell'anarchico Carlo Tresca) e\o ai fascisti non in linea con il PNF (caso Alfredo Cucco). Non a caso, dopo la rimozione di Mori, i più importanti mafiosi, collusi col fascismo, subirono pene lievi ed amnistie varie, che li consentì di ritornare ad operare sotto la copertura dei gerarchi fascisti siciliani o persino di divenire gerarchi loro stessi. La mafia era rientrata, come accade anche attualmente, in rapporto simbiotico con i poteri dello Stato.

Considerazioni sull'attività di Cesare Mori[modifica]

Definire quale fu l'operato nella realtà dei fatti del prefetto Cesare Mori non è cosa semplice; si può dire, in linea di massima, che fu congruente allo sviluppo del regime che, se da una parte era impossibilitato a prendere il potere della mafia, dall'altra doveva vincolare la mafia ad un certo "ordine di regime" in modo che la facciata fosse salva e Mori, forse anche in gran parte incolpevole, fosse lo strumento di Mussolini per arrivare a tale obiettivo[4] [5].

Si evince quindi, che è necessario ridimensionare le tesi dello scontro irriducibile fra mafia e fascismo, peraltro evidenziate da questi scritti e testimonianze sull'operato di Cesare Mori [notare anche le diverse opinioni riguardo al suo operato, N.d.R]:

"Il fascismo oramai aveva il pieno appoggio della classe dominante siciliana, quella della grande proprietà terriera, soprattutto da quando furono abolite le norme di legge che limitavano il diritto dei proprietari terrieri ad elevare i canoni di affitto e a liberarsi dei mezzadri. In tale situazione la mafia non aveva motivo di esistere, visto che le contese tra latifondisti e contadini venivano regolate dallo stato fascista [...] Ma ciò che Mori colpì non fu altro che la bassa mafia, come lui stesso raccontò nelle sue memorie, semplici esecutori di ordini che potevano essere briganti, gabellotti e campieri. Ciò a cui egli mirava era l'alta mafia che allignava nelle città attorno ai centri del potere, ove era stretto il legame tra mafia e politica [...] Invece la realtà era che la mafia non era affatto morta, si era nuovamente istituzionalizzata. Se tanti briganti e piccoli delinquenti erano stati rinchiusi nelle carceri o mandati al confino, gli esponenti dell'alta mafia, se non emigrarono in America, aderirono in blocco al fascismo, sicuri di poter proseguire nei loro affari e nei loro traffici una volta che la Sicilia era stata liberata dall'incubo Mori". (Mafia e Fascismo, L'operazione incompiuta del prefetto Moridi Davide Caracciolo)

Il giudizio su Mori espresso sul sito dei Carabinieri, a cura di Alessandro Politi [6], è in linea con quello di altri (per esempio con quello dello storico Christopher Duggan), sottolineando l'effetto che ebbe la fascistizzazione di molti e importanti capi mafiosi ".....La stessa politica della repressione poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata"[7]. Tesi peraltro confermata dai dati della Commissione parlamentare Antimafia, che danno l'idea di cosa significò questo nuovo ordine sociale in Sicilia: dal 1928 al 1935 le paghe agricole, secondo le statistiche ufficiali, diminuirono del 28%.

Giovanni Raffaele, studioso della storia di Sicilia e autore de L'ambigua tessitura. Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti, ben riassume l'azione di Mori [8]: "La conclusione è che nella zona presa di mira da Mori non vi fosse mafia in senso stretto, proprio perché i meccanismi dell'accumulazione, del consenso e del controllo politico seguivano altri canali consolidati, che della mafia - intesa come organizzazione specifica e gerarchicamente strutturata - potevano fare a meno. Dalla ricerca emergono però anche la complicità del fascismo col sistema di mafia e, per certe zone, la forza intatta di un'élite che, per il controllo sociale, di mafia non aveva bisogno."

"Fece infatti piazza pulita di briganti, ma quando si trattò di mettere in galera la gente di rispetto ammanigliata con Roma fu licenziato in tronco. Finì senatore, con velleità letterarie inappagate e un libro di ricordi, "Con la mafia ai ferri corti", che dette qualche grana a Mondadori. Mussolini gli scrisse garantendogli che i suoi quattro anni di Sicilia sarebbero rimasti «scolpiti nella storia della rigenerazione morale, politica e sociale dell'isola nobilissima», ma a quanto risulta la mafia riprese indisturbata il suo cammino. Lo scalpello era moscio.".

Arrigo Petacco, nel suo libro Il Prefetto di Ferro, accusa il fascismo di essersi occupato solo dei "pesci piccoli", riportando in Sicilia i capi mafiosi fascistizzati, liberati o non arrestati grazie a leggi scritte ed utilizzate ad hoc [9]: Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere....

In un articolo pubblicato su il Corriere della Sera, Giovanna Grazzini sostenne la tesi della "buona fede" di Cesare Mori, poi rimosso dall'incarico per via della sua intransigenza[10]: "La sua azione energica permise di distruggere quasi interamente la struttura di base della malavita organizzata siciliana e offrì a Mussolini un argomento per la sua propaganda. Ma quando Mori iniziò a diventare troppo famoso e soprattutto a indagare troppo in alto, venne messo da parte, e le tracce del suo lavoro accuratamente eliminate"[11].

Cesare Mori e il caso Alfredo Cucco[modifica]

Cesari Mori non si pose alcun problema, col consenso di Benito Mussolini, di andare a colpire il fascista siciliano maggiormente in vista, Alfredo Cucco, che probabilmente in questa fase non era integrabile nella linea del PNF in Sicilia, il che giustificava il desiderio di Mussolini di allontanare dal partito (non fu risparmiato neppure l'ex ministro della Guerra, il potente generale Antonino Di Giorgio), seppur temporaneamente, individui che potevano ostacolare l'ascesa del fascismo nell'isola (Cucco era mal visto dagli agrari, molti dei quali erano mafiosi, quindi Mussolini auspicò l'allontanamento di quest'individuo allo scopo di non alienarsi la simpatia dei latifondisti).

Nel 1927 Cucco venne espulso dal PNF "per indegnità morale" e accusato, grazie alle indagini di Cesari Mori, di essere colluso con la mafia. Dopo essere stato assolto quattro anni dopo, Cucco rientrò nell'isola e riprese l'attività politica, quando, grazie anche alla sua assenza, l'insediamento nel PNF siciliano dei latifondisti dell'Isola, collusi con la mafia o essi stessi mafiosi, era oramai completato.

La personalità di Cucco è così descritta da Leonardo Sciascia: "figura del fascismo isolano, di linea radical-borghese e progressista, per come Christopher Duggan e Denis Mack Smith lo definiscono, che da questo libro ottiene, credo giustamente, quella rivalutazione che vanamente sperò di ottenere dal fascismo, che soltanto durante la repubblica di Salò lo riprese e promosse nei suoi ranghi"[12].

Nel libro Le mafie, lo storico Paolo Pezzino ipotizza che l'esautorazione di Cucco fu un particolare caso politico in quanto fascista avverso agli agrari. Infatti, Alfredo Cucco rientrò nel partito solo nel 1937; nel 1938 e fu tra i firmatari del Manifesto della razza, nell'aprile del 1943 Mussolini lo nominò vice segretario nazionale del PNF, quindi aderì alla Repubblica Sociale Italiana dove divenne Sottosegretario alla Cultura popolare. Alla fine della guerra, nonostante tali precedenti, sarà prosciolto "stranamente" da ogni accusa e diverrà un notabile del neonato MSI.

Considerazioni sul caso Tresca[modifica]

Emblematico del rapporto mafia- fascismo (che poi si intersecherà con l'intervento dei servizi segreti americani nel periodo pre, durante e post seconda guerra mondiale) è stato anche la protezione data dal regime nel 1935 a Vito Genovese, che si sdebiterà con la costruzione della "Casa del fascio" di Nola e l'assassinio dell'anarchico Carlo Tresca[13], personaggio scomodo che denunciava pubblicamente i falsi antifascisti. L'uccisione di Tresca permise quindi di porre un velo oscuro sugli ex-fascisti che cercavano di sbarazzarsi del loro scomodo passato e di ricilarsi come antifascisti (Emblematico il caso di Generoso Pope, precedentemente sostenitore di Mussolini e poi antifascista dell'ultim'ora entrato a far parte della Mazzini Society attiva in America). Questa vicenda è riconducibile alla lotta intestina nella "Mazzini Society" (Stati Uniti) riguardo all'ammissione di alcuni italiani, trasferitisi negli USA ma con un passato di sostegno al fascismo, nei comitati di Fronte Unito Antifascista (costituito nel 1943). Nel periodo dell'assassinio di Carlo Tresca, Vito Genovese si trovava in Italia e la ricostruzione delle sue responsabilità è stata più che comprovata. Genovese fu probabilmente il mandante dell'omicidio di Tresca, mentre l'esecutore materiale fu Carmine Galante [14], poi affiliato alla famiglia di Joseph Bonanno [15]. Dopo lo sbarco alleato in Sicilia, Vito Genovese, uno dei personaggi chiave anzi citati, avrà un enorme potere in Sicilia anche nel periodo post bellico dimostrando una costante, duratura e ascendente importanza [16].

Considerazioni sul caso Vito Cascio Ferro[modifica]

Per inquadrare il caso di Vito Cascio Ferro è necessario ricordare la figura del "superpoliziotto" italo-americano Joe Petrosino [17], inizialmente informatore della polizia, soprannominato «’u spione», poi "super poliziotto" protetto da Theodore Roosvelt, allora assessore alla polizia [18]. Petrosino fu impiegato in numerose operazioni contro la criminalità, ma anche contro i rivoluzionari. Tra questi "Petrosino odiava gli anarchici, li considerava delinquenti o pazzi da portare in manicomio"[18].

Secondo quanto riportano molti storici, Petrosino fu assassinato dal boss Vito Cascio Ferro, che in gioventù era stato anarchico, attivista delle "occupazione delle terre" del 1892, rifugiatosi poi in Tunisia per sfuggire alla repressione ordinata dal Ministro degli Interni Francesco Crispi. Emigrato negli USA, fu accolto a Patterson (città in cui risiedeva Gaetano Bresci e molti altri anarchici) come un compagno; in seguito divenne un capo-mafioso e l'esecutore materiale di Joe Petrosino. Si ipotizza che uno dei motivi che lo portò ad assassinare Petrosino fu il sospetto che il "superpoliziotto" avesse torturato in carcere Sophie Knieland, moglie dell'anarchico Gaetano Bresci, in modo da estorcerle qualche informazione su presunti rapporti tra la mafia americana e gli anarchici, peraltro mai dimostrati in alcun modo.

Non si sa bene perché Vito Cascio Ferro abbia voluto vendicare Sophie Knieland, è certo che gli fu trovato in tasca un biglietto della moglie di Gaetano Bresci, anche si ignora il contenuto; resta comunque certo che don Vito aveva molto probabilmente mantenuto amicizie fra gli anarchici di Patterson.

Vito Cascio Ferro fu arrestato da Cesare Mori nel 1927 e condannato all'ergastolo. Detenuto in carcere, morì nel 1943 di fame e sete, dimenticato dai carcerieri che avevano fatto evacuare tutti i detenuti dela prigione che era stata appena bombardata [Vito Genovese, ben più importante dell'anziano e fuori tempo mafioso don Vito Ferro, fu invece protetto dal fascismo, N.d.R], scordandosi però di portar via Vito Cascio Ferro.

E' quindi quantomeno curioso che uno dei pochi mafiosi di grande importanza ad essere catturato durante l'epoca fascista fu don Vito Cascio Ferro, "amico degli anarchici" e con un passato di anarchico, lasciato poi anche morire "per sbaglio".

Il lavoro dello storico Casarrubea dimostrerà che tutti questi episodi sono tra loro legati non affatto casualmente e sono stati troppo a lungo trascurati sia dalla "sinistra" italiana che da molti storici.

Dallo sbarco alleato in Sicilia all'immediato dopoguerra[modifica]

Il capomafia Vito Genovese, in divisa regolare da ufficiale americano, con accanto Salvatore Giuliano, il futuro responsabile della strage di Portella della Ginestra

Il rapporto che la mafia ebbe col fascismo fu quella tipica delle organizzazioni senza ideali, se non quelli "affaristici", che la porta a seguire i propri interessi e a stringere alleanze "momentanee" col potere politico in atto in quel momento. Così, dopo lo sbarco degli alleati, Vito Genovese e Albert Anastasia diventarono stretti collaboratori di Charles Poletti, capo dell'amministrazione militare alleata in Sicilia (poi anche a Napoli e a Milano). A dimostrazione di questo è ben conosciuta una foto in cui Genovese è ritratto (vedi immagine), con la divisa dell'esercito americano in compagnia di Salvatore Giuliano[19].

Giuliano godeva della protezione di Genovese quando questi passò con gli statunitensi ma, dai documenti desecretati dall'OSS, risulta che fu appoggiato sia da fascisti che dagli agenti segreti americani. Secondo quanto riportato dallo storico Giuseppe Casarrubea, risulterebbero alte probabilità che il bandito Giuliano sia addirittura stato un fascista della X MAS. È ancora da rimarcare che i capi mafiosi riciclati dagli americani assolvettero compiti polizieschi, ovvero quelli di eliminare i gruppi criminosi che lavoravano in modo autonomo, cosa che peraltro fecero con zelo. Di questa situazione di cambio di campo, o quantomeno di riciclaggio dei mafiosi amici o meno del fascismo, uno dei principali registi fu Lucky Luciano: "Lucky Luciano, il noto boss rinchiuso nelle carceri americane, passò i nomi di 850 persone su cui “contare" e gli ufficiali dell'OSS, che dirigeranno sul campo "l'operazione sbarco", saranno Max Corvo, Victor Anfuso e Vincent Scamporino[20]. Il loro gruppo sarà conosciuto come il "cerchio della mafia". Tra gli americani, in divisa dell'esercito, c'erano Albert Anastasia (ucciso nel dopoguerra in un negozio di barbiere) e don Vito Genovese, (il don Vito Corleone del film "Il padrino"), stretti collaboratori di Charles_Poletti. Scrivono Roberto Faenza e Marco Fini “Gli americani in Italia”: "È così che quando nel 1943 gli americani sbarcheranno in Sicilia, la prima azione dell'OSS sarà [...] restituire la libertà ai mafiosi imprigionati dal regime fascista".[21]"

Sempre dalla stessa fonte viene precisato gli scopi delle inchieste USA sulla criminalità organizzata italianaerano tutt'altri che quelli di cacciare dei criminali:

"Quando, nel 1951, la Commissione americana si occupò degli italiani è evidente che ne approfittò per liberarsi di alcune componenti anarchiche. Perché allora la componente anarchica era molto presente tra gli italiani negli Stati Uniti: penso a gente come Nicola Sacco , Bartolomeo Vanzetti e Carlo Tresca [22]"

In un'intervista al regista Pasquale Scimeca, questi afferma: "I mafiosi che erano sfuggiti alla repressione del Prefetto Mori, emigrando in America, avevano fatto fortuna, esercitavano una rispettabile influenza e disponevano di non poche entrature in vari ambienti come quelli militari, dove prestavano il loro ausilio come interpreti, o strani accompagnatori. Alcuni di loro furono addirittura arruolati direttamente nei servizi segreti della Marina Americana. Illustrissimi, del calibro di Joe Profacy, Vincent Mangano, Nick Gentile, Vito Genovese e l'immancabile Lucky Luciano, si resero disponibili ad offrire la loro preziosa consulenza sfruttando gli antichi legami mai interrotti con la terra natia. Per portarsi avanti, nel contempo, L’OSS (Office Strategic Service) mandò Max Corvo e Vincent Scamporino, il capo del settore italiano del secret intelligence, a Favignana dove erano rinchiusi i mafiosi “perseguitati” dal Prefetto di ferro e li fece liberare [23] "

Cosi' scrive Giorgio Bongiovanni direttore di Antimafia 2000: "Dopo lo sbarco il loro primo incarico fu quello di mettere ordine, chi poteva farlo meglio di coloro che avevano sempre avuto un controllo serrato del territorio? In pochissimo tempo i padrini ripresero il comando e eliminarono con accanita sistematicità le decine di bande che infestavano l’isola, tutte tranne una: quella di Salvatore Giuliano, ricondotta sotto l’egida della famiglia di Montelepre, che controllava da giusta distanza la mitica azione rivoluzionaria del bandito. In men che non si dica venne a crearsi in Sicilia una catena di persone e personaggi, in numero sempre crescente, disposti a mettersi dalla parte dei vincitori. I capimafia di fatto si sentirono nobilitati e vennero elevati al grado di “liberatori”. Ma la vera legittimazione venne con l’assegnazione dei comuni ai vecchi boss che si ritrovarono di nuovo padroni dei loro feudi e con la fascia tricolore posta di traverso sul petto: Don Calò (Calogero Vizzini) divenne sindaco di Villalba, Salvatore Malta di Vallelunga, Genco Russo (Giuseppe Genco Russo) sovrintendente agli Affari Civili di Mussomeli e altri rivestirono incarichi ufficiali in diversi ambiti[24] "

Tutto ciò si collocò nell'ambito di rivolte sociali messe in atto dagli strati meno abbienti della popolazione siciliana, che portarono ad un gran numero di caduti in piazza. I morti fra i manifestanti furono circa 80, a fronte di due appartenenti agli organi di polizia dello Stato (rapporto di circa 40 ad 1)[25].

Note[modifica]

  1. Si legga articolo da Il "prefetto di ferro"
  2. da il ilduce.net
  3. Lo stato italiano e la guerra civile contro la camorra
  4. Approfondimenti: Mafia e Fascismo L'operazione incompiuta del prefetto Mori, di Davide Caracciolo
  5. Il "prefetto di ferro"
  6. Analisi strategica
  7. Arma " [...] Le statistiche testimoniavano il crollo di reati come abigeati, rapine, estorsioni, omicidi, danneggiamenti ed incendi dolosi, ma i pezzi grossi restavano ancora in giro. E attuavano un disegno classico della mafia. Abbandonavano lo scontro frontale per scegliere la strada della connivenza, cercando di instaurare rapporti con i vertici del fascismo. Mori, alla fine, sarà promosso per essere rimosso quando i danni avrebbero potuto essere irreparabili per i mafiosi. La stessa politica della repressione poliziesca, per quanto efficiente, non aveva spostato di una virgola le condizioni sociali in cui stagnava la Sicilia ed alla fine il regime si accontentò del successo di facciata"
  8. Scheda libro
  9. Stralcio di una lettera di un avvocato siciliano indirizzato a Mori, tratta do Arrigo Petacco, Il prefetto di ferro, 1975, Mondadori
  10. da articolo di Giovanni Grazzini, Il Corriere della Sera, 2 ottobre 1977
  11. da Recensione libro
  12. Scritto di Leonardo Sciascia
  13. Tutta la Verità sul caso Tresca, di Mauro Canali
  14. da Wikipedia inglese: Carmine Galante
  15. Leggere tutta la verità sul caso Tresca di Mauro Canali (l'autore e fra quelli accreditati dal SISDE per i suoi lavori che spesso ne riportano stralci sul sito)]
  16. Approfondimenti: Ipotesi sull'assassinio di Carlo Tresca
  17. da Wikipedia, articolo su Petrosino
  18. 18.0 18.1 da tesi su rapporti fra mafia e fascismo
  19. e lo stato.htm Il bandito Giuliano e lo stato
  20. "Ma Scamporino è anche il legale dei sindacati controllati da Cosa Nostra. In Sicilia, prima dello sbarco, le missioni degli agenti di Scamporino si avvalgono di una fitta rete di protezione mafiosa, che oltre a dare riparo e assistenza, fornisce loro ogni genere d’informazione di valore militare". Si legga anche: da Italia Sociale
  21. da "Corsa infinita" (sito dei bersaglieri)
  22. da Trombealvento
  23. da Una storia di stragi e misteri di Giorgio Bongiovanni
  24. da Una storia di stragi e misteri di Giorgio Bongiovanni direttore di Antimafia 2000
  25. Cronologia rivolte siciliane del secondo dopo guerra