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Libertà di stampa in Italia

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La libertà di stampa in Italia, nasce progressivamente con la caduta del regime fascista di Benito Mussolini, verso la fine della dittatura del maresciallo Pietro Badoglio, nella primavera del 1943, e si diffonde per tutta l'Italia nei territori liberati durante la fine della seconda guerra mondiale. La libertà di stampa non esisteva affatto nelle zone controllate dai miliziani della Repubblica di Salò.

Con la Liberazione di Roma nel 1944 da parte delle truppe angloamericane, esplodono una serie di fermenti politici che covavano sotto la cenere imposta dalla censura fascista, ed ogni idea politica si esprime sotto forma di giornali stampati in fogli ciclostilati che vengono distribuiti o passati di mano in mano per le città e le campagne.

La Libertà di stampa in Italia é sancita dal art. 21 della Costituzione[modifica]

La Costituzione italiana nasce nel 1947, forse il momento storico migliore per concepirla, in un periodo di aperta dialettica e scontro tra gli schieramenti di destra e di sinistra, con la chiesa cattolica che esercita pressioni per salvaguardare la morale ed il buon costume, e residui delle forze di estrema destra che volevano garantire l'accesso ai mezzi d'informazione anche alle minoranze più risicate.

L'articolo 21 della Costituzione Italiana si trova nella Parte I che regola i "Diritti e Doveri dei Cittadini", al Titolo I sotto la voce "Rapporti Civili".

"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni."

Motivazioni dei costituenti[modifica]

Il particolare momento in cui ha operato la Costituente, all'uscita da un ventennio in cui la libertà era stata postposta, aveva spinto una larga maggioranza dei costituenti, con ampia intesa tra forze progressiste e moderate, ad individuare nella libertà di stampa uno dei cardini del nuovo stato democratico. Le uniche riserve erano state quelle di un controllo delle manifestazioni contrarie al buon costume.

La tendenza, però, prevalente era quella di considerare l'espressione solo in senso stretto come libertà di produrre, senza censura preventiva, solo testi a stampa.

L'art 21 e la libertà d'antenna[modifica]

Sulla base di questa visione restrittiva del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero una larga e trasversale parte delle forze politiche ha sempre trovato motivi per restringere la libertà di espressione, giustificando la presenza di un monopolio della Rai in campo radiotelevisivo, giustificata dal fatto che le frequenze disponibili sull'etere sono un numero limitato..

A distanza di trent'anni dallo scontro tra le due opposte visioni affiora ora in modo chiaro che gli aspetti giuridici della questione furono, da una parte e dall'altra usati solo come pretesto per sostenere le proprie tesi. Con una spaccatura orizzontale dello schieramento politico i democristiani e i comunisti difesero ad oltranza il monopolio. Il Partito Repubblicano, tanto più piccolo dal punto di vista di presenza parlamentare, prese netta posizione a favore dei principi di libertà di trasmissione.

La chiave "giuridica" per ribaltare un rapporto politicamente squilibrato fu la possibilità di trasmissione televisiva via cavo, settore in cui la scarsità delle frequenze non era invocabile. Nel dibattito tenuto in occasione dei 35 anni di Telebiella, con un messaggio videoregistrato del ministro Paolo Gentiloni non ci sono state remore nell'ammettere che i sostenitori dell'applicazione liberal dell'articolo 21 avevano forzato la mano nel trovare un pretesto per sollevare la questione incidentale di costituzionalità, (la corte rileva una sostanziale identità tra le motivazioni di remissione e quelle della difesa), ma altrettanto le motivazioni politiche dei partiti "maggiori" appaiono veramente inconsistanti. Sulla questione un governo Andreotti fu costretto alle dimissioni dal ritiro dell'appoggio esterno repubblicano, da cui l'espressione: Giulio Andreotti è inciampato sul cavo di Telebiella.

Da allora Articolo 21 è diventata perciò una locuzione che raggruppa associazioni che sostengono un concetto molto più ampio dello stesso testo della Costituzione e che trovano il campo per una richiesta di un utilizzo delle nuove tecnologie più "liberal".

L'art. 21 nella Svizzera italofona[modifica]

Per un caso fortuito, l'articolo 21 della legge federale svizzera riguarda la libertà dell'arte. Pochè in nome di essa la legge svizzera sul diritto d'autore è molto più permissiva di quella italiana, (ad esempio per scaricare file musicali per scopi non commerciali) l'espressione articolo 21 ha assunto valenze liberal

Il rapporto della Freedom House sulla libertà di stampa in Italia nel 2006[modifica]

Nel rapporto della Freedom House concernente l'Italia per l'anno 2006 viene data una valutazione complessiva di paese "Partly Free" (parzialmente libero) per il terzo anno consecutivo; valutazione che é la risultante numerica di vari aspetti della libertà di stampa. Tra questi aspetti l'Italia riceve le seguenti valutazioni:

  • Ambito legale: nove punti;
  • Influenze politiche: tredici punti
  • Pressioni dagli ambienti economici: tredici punti
  • PUNTEGGIO TOTALE: 35 Punti -> Paese parzialmente libero sotto il punto di vista della L.d.S.

La libertà di parola e di stampa é garantita dalla costituzione. Nel luglio 2005 le camere votarono per l'abolizione della condanna a pene detentive in seguito al reato di libello, ma gli emendamenti non sono stati tramutati in leggi dello stato.

Alcuni politici hanno promosso alcune cause per diffamazione contro vari giornalisti nel 2004 ; nel mese di febbraio, il giornalista Massimiliano Melilli venne condannato a 18 mesi di prigione ed a una multa di 100.000 euro. D'altra parte anche un politico, nello stesso anno, è stato arrestato per diffamazione a mezzo stampa: è il caso del senatore di Forza Italia Lino Jannuzzi, colpevole di aver pubblicato un articolo in cui sosteneva di un summit internazionale segreto con magistrati e politici per definire la strategia per arrestare Silvio Berlusconi. Jannuzzi, che ammise di essersi inventato tutto, venne condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione, salvo essere poi graziato dal Presidente della Repubbblica Carlo Azeglio Ciampi.

Nel luglio 2004, Francesco Cossiga, senatore a vita nonché giornalista di 76 anni, venne condannato agli arresti domiciliari, dopo una sentenza a 29 mesi di carcere per diffamazione. Vari organismi che si occupano della libertà di stampa nel Mondo hanno criticato due successive incursioni eseguite da funzionari del governo Berlusconi contro case ed uffici di giornalisti, in seguito al rifiuto di rivelare le loro "fonti informative".'

La maggior parte delle agenzie di stampa, dei giornali e delle televisioni sono di proprietà privata, ma molto spesso questo proprietario é un partito politico oppure sono gestiti da grandi gruppi economici e finanziari che esercitano qualche tipo di influenza.

Nel dicembre 2004, i giornalisti del Corriere della Sera, protestarono per la crescente interferenza dell' editore e per le pressioni subite dagli azionisti di maggioranza. Il proprietario é il gruppo Rizzoli Corriere della Sera, posseduto da una decina tra le maggiori industrie italiane.

Il virtuale monopolio informativo di Silvio Berlusconi[modifica]

Le preoccupazione sulla concentrazione (anzi il virtuale monopolio) dei mezzi informativi in Italia sono stati un problema, in particolare dalla elezione nel 2001 di Silvio Berlusconi. Diventava Presidente del consiglio l'uomo più ricco di italia, nonché un magnate dei media, con il controllo diretto su tre reti televisive nazionali e due giornali a diffusione e numero lettori di livello nazionale (Il Giornale e Libero). Inoltre nel 2005 controllava indirettamente due reti della RAI, tramite i vari enti di vigilanza a nomina in parte governativa. Berlusconi esercitava anche un potere di veto alla presenza di alcuni giornalisti "scomodi" nel restante canale, come evidenziano bene i casi di estromissione dalla TV di Michele Santoro e Daniele Luttazzi.

In Italia si possono considerare almeno otto giornali nazionali privati che continuano ad esprimere opinioni politiche discordanti tra di loro ed a criticare i governi, con diverso accanimento e sfumature. Mediaset, é il maggiore ente radio-televisivo privato del paese e riceve la maggiore fetta (più del 60%) della pubblicità televisiva nazionale.

L'Osservatorio di Pavia, un ente indipendente che analizza i media, calcolava che nel febbraio 2004, Berlusconi occupava il 42 % del tempo totale dedicato ai politici dalle varie televisioni. Nello stesso anno si dimisero dalla RAI, sia il direttore Lucia Annunziata, che la mezzobusto Lili Gruber, per protesta alla espansione incontrastata di Berlusconi sulla televisione.

Nel luglio 2004 venne approvata la legge sul conflitto di interessi, che doveva risolvere le contraddizioni tra la posizione di Silvio Berlusconi come Presidente del Consiglio e quella di proprietario dei media. Anche se la legge in teoria limita il controllo dei politici sulle loro proprietà, non fà loro divieto di possedere compagnie mediatiche (A differenza degli USA, dove il controllo dei media é interdetto ai politici e dove al Presidente si applica il "blind trust": il politico deve vendere le sue proprietà, ed un gruppo fiduciari acquistano azioni di molte compagnie, con una distribuzione e settore commerciale ignoti al Presidente). La legge italiana del 2005 venne considerata da molti come un fallimento nella riduzione dello strapotere mediatico dell'allora Presidente del Consiglio dei Ministri.

Legge Gasparri del aprile 2005[modifica]

Nel aprile del 2005, il parlamento approvava una riforma delle leggi che regolamentano l'emittenza radiotelevisiva, nota come "legge Gasparri", che introduce alcuni cambiamenti come l'ingiuzione ad alcuni canali di passare alla diffusione per via digitale terrestre e la privatizzazione parziale della RAI. Alla legge venne posto il veto dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi, nel dicembre 2003.

Anche se successivamente la legge venne rivista con l'aggiunta di una clausola che limita il massimo introito che un singolo conglomerato dei media può guadagnare, essa escludeva i guadagni derivati dal possedere agenzie di raccolta pubblicitaria, case di produzione e distribuzione cinematografica oppure discografiche.

Secondo molti la legge promossa da Maurizio Gasparri aumentava il controllo esercitato da Berlusconi sui mezzi informativi. La legge permetteva anche al canale Retequattro di continuare la diffusione per via analogica terrestre. Il decreto é in contrasto con una sentenza del 2002 della Corte costituzionale che imponeva a Retequattro di passare alla diffusione per via digitale satellitare nel gennaio del 2004, in modo di liberare spazi alla concorrenza, sia sotto forma di frequenze terrestri che di quote di pubblicità. Il passaggio sul satellite avrebbe diminuito il valore sul mercato del canale televisivo in questione.

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

Collegamenti esterni[modifica]


L'articolo originale in italiano è tratto dalla versione italiana di Wikipedia


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