Still working to recover. Please don't edit quite yet.

User:Lupo rosso/bozze articoli Gobetti e Gramsci

From Anarchopedia
Jump to: navigation, search

Appunti per Piero Gobetti

Bandiera di Giustizia e Libertà, movimento antifascista costituitosi a Parigi nel 1930
<<Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un ordine nuovo. Non sento in me la forza di seguirli nell'opera loro, almeno per ora. Ma mi par di vedere che a poco a poco si chiarisca e si imposti la più grande battaglia del secolo. Allora il mio posto sarebbe dalla parte che ha più religiosità e spirito di sacrificio>>, lettera ad Ada Prospero, 1920

Piero Gobetti nato a Torino il 19 giugno 1901 morto a seguito di ripetuti pestaggi di squadristi fascisti a Parigi il 15 febbraio 1926


Fondò e diresse le riviste Energie Nove [1], La Rivoluzione Liberale[2] e Il Baretti.[3]

Piero Gobetti nel 1922 , già pubblicava <<La Rivoluzione Liberale>>. Riportiamo due citazioni di Gobetti che in modo superficiale e molto approssimativo illustrano il suo pensiero su cui si fonderà l'azione in gran parte di Carlo Rosselli e di buona parte del pensiero liberal-socialista che grande importanza ebbe nello sviluppo del movimento rivoluzionario antifascista Giustizia e Libertà:

<<La borghesia ha perso ogni funzione propositiva, è una classe parassita che si è adagiata e aspetta tutto dallo Stato; si blocca così ogni istanza di rinnovamento: la funzione liberale e libertaria è assunta dal proletariato>>
<<O accettare la lotta di classe e chiamare gli operai al mito libertario od accontentarsi del fascismo , palingenesi collaborazionista e morale socialdemocratica>>.

La Gioventù

Finite le elementari frequenta il liceo "Gioberti" dove conosce Ada Prospero sua futura sua moglie. Stdente precocissimo a soli 17 anni pubblica la sua prima rivista, Energie Nove , e' ancora influenzato dai dettami ideologici di Prezzolini, Gentile, Croce , Einaudi. Durabnte la Rivoluzione di Ottobre viene attirato dal bolscevismo e si mette a studiare il russo asssiema alla futura moglie . Immediatamente definisce il fascismo <<movimento plebeo e liberticida>> , l'antifascismo <<nobilità dello spirito>> , Gobetti legge la rivoluzione di Lenin e Trotzky come rivoluzione liberale in quanto azione e movimento e secondo il suo pensiero tutto ciò che e' dinamico va verso il liberalismo . Vede di buon occhio nei bolscevichi come una élite in grado di portr innanzi istanze innovative , è un esponente della sinistra liberale progressista , legata allo storico meridionalista Gaetano Salvemini . Conosce e ammira Antonio Gramsci e segue con gran interesse il giornale prima socialista e poi comunista Ordine Nuovo , per cui Gobetti sempre più risulta vicino al proletariato torinese , e di logica conseguenza diviene un irrudicibile antifascista.


Lettera di Camillo Berneri a Piero Gobetti

da non prender come oro colato provare ad estrarne sintesi per possibile articolo ma e' un casino

<<Camillo Berneri (Lodi 1897 – Barcellona 1937) è una figura emblematica dell’antifascismo europeo che ha vissuto nell’Aretino negli anni fra la prima guerra mondiale e l’esilio. Giovane militante socialista a Reggio Emilia, aderirà poi all’anarchismo. Nel 1916 si trasferisce con la madre Adalgisa Fochi, insegnante delle Scuole magistrali, ad Arezzo. Qui frequenta il Liceo cittadino. Negli anni successivi è docente supplente di Storia e Filosofia al Liceo di Cortona. Intellettuale, scrittore e pubblicista con una vasta produzione, allievo di Salvemini all’università di Firenze, è amico, fra gli altri, di Pietro Pancrazi, di Piero Gobetti, di Ernesto Rossi e dei fratelli Rosselli. Esponente dell’Unione Anarchica Italiana, partecipa alla prima attività antifascista clandestina, è redattore e/o diffusore di vari fogli fra cui il “Non mollare”. Esiliato in Francia, nel 1936 è fra i promotori della sezione italiana della Colonna “Ascaso” CNT-FAI (conosciuta poi come la “Colonna Rosselli”) composta da volontari antifascisti anarchici, repubblicani e di Giustizia e Libertà. Viene assassinato a Barcellona il 5 maggio 1937 dai sicari di Stalin.>>[4]

[5]

<<Caro Gobetti,

m’è accaduto più volte, trovandomi a discutere delle mie idee con persone colte, di dover constatare, per le domande rivoltemi e per le obbiezioni mossemi, che il movimento anarchico, che pure fa parte, e non piccola, della storia del socialismo, è o semi-ignorato o malamente conosciuto. Non mi sono, quindi, stupito, leggendo l’articolo del prof. Gaetano Mosca sul materialismo storico, nel vedere annoverato tra i socialisti utopisti il Proudhon, che rimarrebbe mortificato nel vedersi posto a braccetto con quel Blanc, che egli saettò con la più aspra ironia per aver posto “l’Eguaglianza a sinistra, la Libertà a destra e la Fratellanza in mezzo, come il Cristo fra il buono e il cattivo ladrone.”

Per escludere il Proudhon dagli scodellatori della zuppa comunista, basterebbe la critica alla formula, che divenne poi il credo Krapotkintano “da ciascuno secondo le sue forze ed a ciascuno secondo i suoi bisogni,” formula che egli chiama una casuistica avvocatesca, poiché non vede chi potrà fare la valutazione delle capacità e chi sarà giudice dei bisogni. (Cfr. L’Idée générale de la Révolution au dix-neuviéme siécle. - Garnier, Paris, 1851, p. 108).

L’errore in cui è caduto il Mosca è interessante, poiché dimostra come sia sfuggito a molti studiosi della storia del socialismo questa verità: che il collettivismo dell’Internazionale ebbe un valore essenzialmente critico. Fatto che è stato negato anche da alcuni anarchici, come da L. Fabbri, che sostiene essere l’anarchismo “tradizionalmente e storicamente socialista” in quanto ha per base della sua dottrina economica “la sostituzione della proprietà socializzata alla proprietà individuale” (cfr. Lettere ad un socialista; Pensiero - 1910, n. 14, p. 213).

Basta una rapida scorsa alla storia della Iª Internazionale per smentire questa affermazione. L’Internazionale nacque in Francia, nell’atmosfera ideologica del mutualismo proudhoniano, e, come dice Marx in una sua lettera relativa al Congresso di Ginevra (1866), non aveva, nel suo primo tempo, espressa alcuna idea collettivista né comunista. Il rapporto Longuet nel Congresso di Losanna (1867) dimostra che Proudhon dominava ancora. E tale dominio si riscontra nel Congresso di Bruxelles (1868), in cui, tuttavia, si affacciò l’idea collettivista, ma in modo generico e limitata alla proprietà fondiaria e alle vie di comunicazione. La collettivizzazione affermata nel IV Congresso, quello di Basilea (1869), fu limitata al suolo. L’influenza praudhoniana, dunque, è parallela all’anti-comunismo e all’anti-collettivismo.

Al collettivismo aderirono Bakounine e seguaci; ma vedendo in esso più che un progetto di forma economica, una formula di negazione della proprietà capitalista. Bakounine era entusiasta di Proudhon. Egli (Cfr. Oeuvres, I, 13-26-29) esalta il liberismo nord-americano [non erano ancora sorti i trusts], e dice “La libertà dell’industria e del commercio è certamente una gran cosa, ed è una delle basi essenziali della futura alleanza internazionale fra tutti i popoli del mondo.” E ancora: “I paesi d’Europa ove il commercio e l’industria godono comparativamente della più grande libertà, hanno raggiunto il più alto grado di sviluppo.” L’entusiasmo per il liberismo non gli impedisce di riconoscere che fino a quando esisteranno i governi accentrati e il lavoro sarà servo del capitale “la libertà economica non sarà direttamente vantaggiosa che alla borghesia.” In quel direttamente vi è una seconda riserva. Infatti egli vedeva nella libertà economica una molla di azione per la classe borghese, che egli afferma essere ingiusto considerare estranea al lavoro (Cfr. Oeuvres, I, pp. 30 e segg.), e non poteva non riconoscere la funzione storica del capitalismo attivo. Interessanti sono anche i motivi delle simpatie del B. per il liberalismo nord-americano, poiché ci spiegano che cosa egli intendesse per proprietà.

Il B. fa presente che il sistema liberista nord-americano “attira ogni anno centinaia di migliaia di coloni energici, industriosi ed intelligenti,” e non si impressiona punto all’idea che costoro divengano, o tentino divenire, proprietari.

Anzi, si compiace che vi siano coloni che emigrano nel Far West e vi dissodino la terra, dopo essersela appropriata, e nota che “la presenza di terre libere e la possibilità per l’operaio di diventare proprietario, mantiene i salari ad una notevole altezza ed assicura l’indipendenza del lavoratore” (Cfr. Oeuvres, I, 29).

La concezione del valore energetico della proprietà, frutto del proprio lavoro, è la nota fondamentale della ideologia economica del B. e dei suoi più diretti seguaci. Tra questi Adhémar Schwitzguébel, che nei suoi scritti (Cfr. Quelques écrits, a cura di J. Guillaume, Stock, Paris, pagina 40 e seguenti) sostiene che l’espropriazione rivoluzionaria deve tendere a concedere ad ogni produttore il capitale necessario a far valere il suo lavoro. La dimostrazione storica dell’anti-comunismo bakunista sta nel fatto che le tendenze comuniste nell’Internazionale italiana trionfarono nel 1867, quando l’attività del Bakounine era quasi interamente sospesa (Cfr. Introd. del Guillaume alle Oeuvres de B., p. XX) e nel fatto che in Spagna, ove l’Alleanza aveva piantato profonde radici, perdura una corrente anarchica collettivista in senso bakunista.

Se il collettivismo dell’Internazionale fosse stato compreso dal Mazzini non ci sarebbe stato il fenomeno della sua critica anti-comunista. Così criticava il Mazzini: “L’Internazionale è la negazione di ogni proprietà individuale, cioè di ogni stimolo alla produzione… Chi lavora e produce, ha diritto ai frutti del suo lavoro: in ciò risiede il diritto di proprietà… Bisogna tendere alla creazione d’un ordine di cose in cui la proprietà non possa più diventare un monopolio, e non provenga nel futuro che dal lavoro.” Saverio Friscia, nella “Risposta di un internazionalista a Mazzini,” (pubblicata sopra il giornale bakunista L’Eguaglianza di Girgenti, e ripubblicata dal Guillaume, che la trova superba e l’approva toto corde [Cfr. Oeavres de B., vol. VI, pp, 137-140]) rispondeva: “Il socialismo non ha ancora detto la sua ultima parola; ma esso non nega ogni proprietà individuale.” Come lo potrebbe, se combatte la proprietà individuale (leggi: capitalista) del suolo, per la necessità che ogni individuo abbia un diritto assoluto di proprietà su ciò che ha prodotto? Come lo potrebbe se l’assioma “chi lavora ha diritto ai frutti del suo lavoro, costituisce una delle basi fondamentali delle nuove teorie sociali?”. E dopo aver analizzato le critiche del Mazzini, esclama: “Ma non è questo del puro socialismo? Che cosa volevano Leroux e Proudhon, Marx e Bakunin, se non che la proprietà sia il frutto del lavoro? E il principio che ogni uomo deve essere retribuito in proporzione alle sue opere, non risponde forse a quell’ineguaglianza di attitudini e di forze ove il socialismo vede la base dell’eguaglianza e della solidarietà umana?.”

In questa risposta del Friscia è netta l’opposizione della proprietà per tutti alla proprietà monopolistica di alcuni; il principio dell’eguaglianza relativa (economica); ed in fine il principio dello stimolo al lavoro rappresentato dalla ricompensa proporzionata, automaticamente, alle opere. Non pensi, caro Gobetti, che potrebbe essere utile, su R. L., una serie di studi sul liberalismo economico nel socialismo? Credo colmerebbe una grande lacuna e leverebbe di mezzo molti e vecchi equivoci. Credo ne risulterebbe, fra le tante cose interessanti, questa verità storica: essere stati gli anarchici, in seno all’Internazionale, i liberali del socialismo. Storicamente, cioè nella loro funzione di critica e di opposizione al comunismo autoritario e centralizzatore, lo sono tutt’ora.

Tuo C. Berneri.>>

Bibliografia

  • Piero Gobetti, La filosofia politica di Vittorio Alfieri, Torino, Piero Gobetti Editore, Torino, 1923
  • Piero Gobetti, La frusta teatrale, Milano, Corbaccio, 1923
  • Piero Gobetti, Felice Casorati pittore, Torino, Piero Gobetti Editore, 1923
  • Piero Gobetti, Dal bolscevismo al fascismo. Note di cultura politica, Torino, Piero Gobetti Editore, 1923
  • Piero Gobetti, Matteotti, Torino, Piero Gobetti Editore, 1924
  • Piero Gobetti, La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, Bologna, Cappelli, 1924
  • Piero GobettiRisorgimento senza eroi: studi sul pensiero piemontese nel Risorgimento


  • Rivista storica dell'anarchismo. Socialisti liberali e anarchici nella lotta contro il fascismo. Quali rapporti?BFS Edizioni 2003 ISBN: 9788886389907
  • Scritti politici, a cura di P. Spriano, Torino, Einaudi, 1960
  • L'editore ideale, a cura di F. Antonicelli, Milano, Scheiwiller, 1966
  • Scritti storici, letterari e filosofici, a cura di P. Spriano, Torino, Einaudi, 1969
  • Scritti di critica teatrale, a cura di G. Guazzotti e C. Gobetti, Torino, Einaudi, 1974
  • Il Baretti, Torino, Bottega d'Erasmo, 1977
  • Lettere dalla Sicilia, a cura di G. Finocchiaro Chimirri, introduzione di N. Sapegno, Palermo, Nuova editrice meridionale, 1988
  • Nella tua breve esistenza. Lettere 1918-1926, a cura di E. Alessandrone Perona, Torino, Einaudi, 1991
  • Giuseppe Prezzolini, Gobetti e «La Voce», Firenze, Sansoni, 1971
  • Manlio Brosio, Riflessioni su Piero Gobetti, Quaderni della Gioventù liberale italiana di Torino, 6, 1974
  • Antonio Carlino, Politica e dialettica in Piero Gobetti, Lecce, Milella, 1981 ISBN 8870480348
  • Paolo Bagnoli, Piero Gobetti. Cultura e politica di un liberale del Novecento, Firenze, Passigli, 1984 ISBN 8836800165
  • AA. VV., Piero Gobetti e la Francia, Milano, Franco Angeli, 1985
  • Luigi Anderlini, Gobetti critico, in Letteratura italiana. I critici, vol. V, Milano, Marzorati, 1987, pp. 3233-3251
  • AA. VV., Piero Gobetti e gli intellettuali del Sud, Napoli, Bibliopolis, 1995
  • Giacomo De Marzi, Piero Gobetti e Benedetto Croce, Urbino, Quattroventi, 1996 ISBN 8839203893
  • Alberto Cabella, Elogio della libertà. Biografia di Piero Gobetti, Torino, Il Punto, 1998 ISBN 8886425570
  • Marco Gervasoni, L'intellettuale come eroe. Piero Gobetti e le culture del Novecento, Firenze, La Nuova Italia, 2000 ISBN 8822142403
  • Paolo Bagnoli, Il metodo della libertà. Piero Gobetti tra eresia e rivoluzione, Reggio Emilia, Diabasis, 2003, ISBN 8881033887
  • Giuseppe Virgilio, Piero Gobetti. La cultura etico-politica del primo Novecento tra consonanze e concordanze leopardiane, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2004 ISBN 8888546367
  • Flavio Aliquò Mazzei, Piero Gobetti. Profilo di un rivoluzionario liberale, Firenze, Pugliese, 2008 ISBN 8886974167

da studiare

<<Giornata di studi organizzata da «il manifesto» (Roma), dal Centro studi libertari (Milano) e dalla «Rivista storica dell’anarchismo» (Pisa), in collaborazione con la Libreria Anomalia di Roma>>

<<Camillo Berneri (1898-1937) è stato tra gli intellettuali italiani più creativi e importanti del periodo tra le due guerre mondiali. Dalle fila socialiste passò an- cora diciottenne all’anarchismo, cui portò grande passione per l’approfondimento storico e filosofico. Nei primi anni Venti accompagnò costantemente all’im- pegno militante lo sforzo di conferire all’anarchismo dimensioni teoriche e politiche che ne valorizzassero le potenzialità politiche immediate.Allievo di Gaetano Salvemini tra i suoi punti di riferimento privilegiati troviamo il socialismo libretario ed il radicalismo liberale , collaborò alle riviste di Piero Gobetti per l'appunto e intrecciò un dialogo/confronto con Carlo Rosselli proseguito sino alla morte.>>


<<conosciute per lo studio dei rapporti fra Berneri e Gobetti (piuttosto scarne e che in realtà nulla ci dicono sulle relazioni personali eventualmente esistite fra i due: conoscenza diretta, frequentazioni, eccetera), la relazione affronterà il tema principalmente alla luce delle assonanze (veramente impressionanti) fra le loro posizioni politicoculturali. Pur muovendosi l’uno nel campo liberale e l’altro in campo anarchico (come maestri: Croce per uno, Malatesta per l’altro!), Gobetti e Berneri parlano linguaggi per molti versi simili (è noto, d’altra parte,che Berneri nel 1923 definì su «La Rivoluzione Liberale» gli anarchici come «i liberali del socialismo»...). Su molti aspetti della battaglia politica e culturale del primo dopoguerra, i due lasciano trasparire assonanze comuni: un comune debito verso la lezione salveminiana, un atteggiamento in larga parte simile verso la Russia sovietica, una sorprendente apertura tattica in occasione della crisi aventiniana, ma soprattutto una ricerca per molti aspetti analoga di una coniugazione politica fra i principi del liberismo individualista e le ra- gioni della moderna lotta di classe e del mo- vimento dei lavoratori. È su quest’ultimo terreno, in particolare, che si sviluppa la parte più feconda della ricerca e della riflessione dei due; ed è su questo terreno che ambedue sembrano in effetti degli «eretici» nei rispettivi campi di appartenenza: Gobetti, liberale, che esalta il movimento operaio come base di una nuova classe dirigente, e Berneri, anarchico, che riprende(sempre su «Rivoluzione liberale») proposte schiettamente laburiste di organizzazione del movimento dei lavoratori (e non a caso, quindi, finirà anni dopo, quando Gobetti sarà già morto, per aderire alla formazione di Giustizia e Libertà, discutendo criticamente con l’ideologo del socialismo liberale, Carlo Rosselli). Attraverso questa chiave di lettura specifica è possibile pertanto definire Berneri e Gobetti come due figure che, nei rispettivi campi politici, intuirono alcune linee di fon- do dello sviluppo in atto nella società capitalistica, (ambedue, per esempio, furono molto attenti alle tematiche fordiste) e ne colsero le profonde implicazioni rivoluzio- narie sul terreno delle culture politiche: in altre parole, due intelligenze che (pur senza liberarsi completamente – sia chiaro – da scorie ideologiche ed elitarie) si resero con- to di come lo sviluppo capitalistico in senso industrialista fosse destinato a sconvolgere non solo gli assetti delle classi e dei gruppi sociali, ma anche le tradizionali definizioni della scienza politica. Da qui la loro «ere- sia», che è dunque proprio l’elemento che ne fa ancora oggi due personaggi tanto affascinanti e stimolanti.>>da Camillo Berneri un anarchico tra Antonio Gramsci e Piero Gobetti

Voci Correlate

collegamenti esterni

Da fare indubbiamente

Stralcio articolo di Antonio Gramsci relativo agli Arditi del Popolo (L'Ordine Nuovo del 1921)

Antonio Gramsci Vita e opere di Antonio Gramsci


Antonio Gramsci, come da articoli su l'Ordine nuovo e invia emmissari ad intervistare Argo Secondari , e' convinto che il sorgente Fronte Unito Arditi del Popolo sia

<<il primo tentativo di riscossa operaia contro le orde della reazione>> [Ordine Nuovo 8 luglio del 1922 NDR], e con l'acutezza intellettuale e politica che lo distingue fra i dirigenti comunisti del tempo cerca anche di Gabriele D'Annunzio tramite il tenente comunista della Legione di Fiume Marco Giordano , quando si rende conto che l'Impresa di Fiume sta evolvendo in maniera libertaria , comunista e rivoluzionaria . Le posizioni di Antonio Gramsci sono in linea con l'allora posizione dell'Internazionale Comunista , mentre il gruppo dirigente del Partito Comunista d'Italia e' in genrale avverso a tali posizioni non peer niente Vittorio Ambrosini su scrive un articolo su "L'Internationale Communiste" in cui converge con le critiche le critiche rivolte al Partito Comunista d'Italia da Vorovskij , delegato a rappresentare il governo sovietico a Roma . Umberto Terracini di conversa riconferma il modo di vedre del gruppo dirigente del Partito Comunista d'Italia su Correspondance Internationale del dicembre del 1921. Renato Cigarini Ardito, legionario fiumano , fu stato amico di Antonio Gramsci e prese la tessera del Partito Comunista d'Italia nel 1923, periodo in cui il fscismo ha sconfitto le forze proletarie e rivoluzionarie .



<<Da giovane, con la benedizione di Antonio Gramsci, Cigarini aveva partecipato alla marcia su Fiume al seguito di Gabriele D´Annunzio, la stella rossa appuntata sul bavero della divisa da ardito. Tessera comunista dal 1923, galera, confino, Resistenza...>> la Stella Rossa sul bavero gliela aveva appuntatta lo stesso Antonio Gramsci [6]


<<Vi furono alcune decine di morti da entrambe le parti negli scontri: Antonio Gramsci difese dalle colonne di L'Ordine Nuovo tanto D'annunzio quanto la Legione di Fiume mentre i dirigenti del Partito Nazionale Fascista dal canto loro elaborarono una mozione di condanna per l'attacco a Fiume, firmata all'unanimità eccetto un'unica astensione: quella di Benito Mussolini.>>

[7]



<<Da alcuni appunti di Antonio Gramsci scritti nel maggio 1921. Mario Giordano, il legionario fiumano che frequentava assiduamente la redazione dell' Ordine nuovo, non aveva torto a insistere per farmi incontrare d' Annunzio a Gardone. Sono stato accolto all' «Hotel du Lac» di Gardone da Nino Danieli, l' altro legionario fiumano che avevo conosciuto a Torino, dove d' Annunzio lo aveva nominato suo rappresentante durante l' impresa di Fiume. Danieli crede nell' alleanza tra quello che resta del fiumanesimo e il campo «bolscevico puro». Il 9 gennaio gli avevo detto di voler far superare le prevenzioni contro d' Annunzio a quei comunisti che accusano il gruppo dell' Ordine nuovo di bergsonismo e anche, appunto, di dannunzianesimo.>>[8]





<<Anche per questo, ai primi del maggio 1937, da Radio Barcellona Berneri rendeva omaggio alla figura, intellettuale e militante, di Antonio Gramsci, da poco scomparso>> da [9]



<<Con questi articoli, apparsi nel n. 145 del 30 maggio 1937, Prometeo accomuna e unisce Antonio Gramsci e Camillo Berneri (morti tra l'aprile e il maggio di quell'anno) nella commemorazione. Il primo articolo, nella prima pagina del giornale, è di presentazione dei due caduti; a pagina 2 invece, sotto il titolo comune di «il martirilogio proletario» [senza essere pignoli la dizione esatta dovrebbe essere «martirologio»:l'ortografia non era il forte dei compagni della Frazione] , c'è un articolo su Antonio Gramsci e uno su Camillo Berneri; qui abbiamo riprodotto solo il primo ( ci promettiamo di ritornare su Berneri in altra occasione).>>[10]

<<No, né Gramsci né Berneri, dopo il loro olocausto, non appartengono né al centrismo né all'anarco-sindacalismo.

Essi appartengono ormai unicamente al proletariato che nel loro sacrificio saprà ritemprarsi e trovare le energie necessarie per continuare la lotta fino alla vittoria finale.>>[11]

Camillo Bernerie e Antonio Gramsci

I due rivoluzionari furono assassinati a poche settimane di distanza.

Gramsci e' morto in un ospedale dove il regime fascista l'aveva messo dopo aver rovinato la gia' fragile costotuzione con molti anni di carcere mentre Berneri e' stato assassinato a Barcellona con un metodo degno del piu' sporco squadriamo fascista mentre la famiglia era stata indotta in inganno dicendole che sarebbe stato rilasciato.

Note

  1. Energie Nove
  2. La Rivoluzione Liberale
  3. [http://circe.lett.unitn.it/le_riviste/riviste/bibliografia_spe/biblio/Baretti-Romani.pdf Il Baretti]
  4. [http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/325/20.htm rivista anarchica anno 37 n. 325 aprile 2007]
  5. Il Liberismo Nell’Internazionale Lettera di Camillo Berneri a Piero Gobetti
  6. da La Repubblica del 13 agosto 2005
  7. Gabriele D'Annunzio: tra decadentismo e modernità
  8. il Duce della marcia su Roma si fosse chiamato d' Annunzio
  9. Camillo Berneri un anarchico tra Antonio Gramsci e Piero Gobetti
  10. Archivio sulla sinistra Antonio Gramsci - Camillo Berneri (Prometeo n. 145, maggio 1937) Prometeo, giornale della Frazione Italiana della Sinistra Comunista
  11. Archivio sulla sinistra Antonio Gramsci - Camillo Berneri (Prometeo n. 145, maggio 1937) Prometeo, giornale della Frazione Italiana della Sinistra Comunista