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(Sul commercio della proprietà intellettuale)
(Sul commercio della proprietà intellettuale)
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In sostanza non mi sta bene che tu dica cosa è etico e cosa non lo è, cosa è anarchico e cosa non lo è...per il resto va bene--[[Utente:Nessuno|Nessuno]] 08:50, 30 set 2010 (UTC)
 
In sostanza non mi sta bene che tu dica cosa è etico e cosa non lo è, cosa è anarchico e cosa non lo è...per il resto va bene--[[Utente:Nessuno|Nessuno]] 08:50, 30 set 2010 (UTC)
::Quello che hai detto tu è giustissimo, però è valido solo al di fuori di ogni sistema economico basato sulla "valutazione" monetaria dei beni e delle prestazioni, ma questo, come ben sai, è impossibile nel nostro contesto sociale, mentre è ancora pura utopia in un eventuale contesto di vita  libertaria, se non altro perché una valida forma di impegno libertario dovrebbe essere possibile semplicemente attingendo da un senso di autoresponsabilità che purtroppo non tutti posseggono. Ma allora se non ci possiamo azzardare a dire cosa è etico e cosa no, cosa è anarchico e cosa no, se non possiamo provare a superare quell'oceano che ci corre tra la teoria e la pratica (magari non a nuoto che sarebbe ridicolo, ma usando almeno una "caravella") cosa stiamo cercando di fare professandoci "anarchici"? Dimmelo tu. Non credi che in questo modo stiamo solo mettendoci la coscienza a posto, facendo di fatto il gioco del nostro nemico. Quello di non poter confrontarsi su una qualsiasi forma reale per il suo rischio di risultare erronea o approssimata nei confronti della teoria, questo si che invalida la teoria stessa, la quale diventa sempre più lontana, improbabile e inapplicabile. Quindi io non sono d'accordo sullo "stiamo attenti a quello che facciamo perché potremmo fare una cazzata" e piuttosto, proprio in base al principio della libertà di azione dell'individualismo anarchico, agisco anche a costo di sbagliare...e soprattutto agisco "volontariamente", a nome personale se il confronto con gli altri non è stato positivo (ti faccio notare quest'altro basilare elemento del PDA, secondo cui l'azione di rinuncia ai diritti d'autore è consapevole, volontaria e quindi quanto mai stabilisco degli obblighi nei confronti degli altri; diciamo semmai che ho posto dei limiti volontari e consapevoli alla mia espansione partendo dalla rinuncia dei diritti d'autore che è la strada migliore per combattere un'idea di profitto fine a se stesso, guadagnandoci qualcosa semmai in termini morali e di solidarietà). Piuttosto penso, e di questo sono più che convinto, che inneggiare al rispetto della coerenza, quando ciò è riferito alla pura teoria, serve solo ad aumentare il divario tra il dire e il fare o a creare immobilismo se non addirittura intolleranza nei confronti degli altri. Allora potrei dirti anch'io che non è per niente giusto raccogliere le idee di altri che nel passato hanno detto, secondo loro, cosa è l'anarchia, cosa è anarchico e cosa non lo è, come è profondamente sbagliato (hai capito K2) cancellare gli interventi di chi non la pensa come te in nome della tolleranza: l'enciclopedia si redige da anarchici e quando un altro contribuisce in modo diverso, apparentemente poco anarchico (a me che non sia un fascista) allora ci si limita semplicemente a fare una nota e a dire, come si è già fatto altre volte nei miei confronti, questa è l'opinione di caio o sempronio, quando vedi che caio o sempronio in pratica non agiscono per "lottizzare l'enciclopedia" (come invece è successo per spa.anarchopedia). Piuttosto si chiede ai contributori di agire nel rispetto reciproco, ma non si fa il poliziotto o ci si erge a censore. E' così chiaro che io non condivido l'anarcocapitalismo che basta leggere solo i miei contributi, ma è altrettanto chiaro che sono "contro ogni tipo di censura... che non sia anarchica" (questo "che non sia anarchica" vuol dire - spiego per chi non l'avesse capito - che da una collaborazione si può solo aggiungere, apprezzare o al massimo criticare, ribaltando il senso comune di censura in quanto divieto, cancellazione - vedi articolo censore anarchico)--[[Utente:Altipiani azionanti|Altipiani azionanti]] 10:12, 30 set 2010 (UTC)
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::Quello che hai detto tu è giustissimo, però è valido solo al di fuori di ogni sistema economico basato sulla "valutazione" monetaria dei beni e delle prestazioni, ma questo, come ben sai, è impossibile nel nostro contesto sociale, mentre è ancora pura utopia in un eventuale contesto di vita  libertaria, se non altro perché una valida forma di impegno libertario dovrebbe essere possibile semplicemente attingendo da un senso di autoresponsabilità che purtroppo non tutti posseggono. Ma allora se non ci possiamo azzardare a dire cosa è etico e cosa no, cosa è anarchico e cosa no, se non possiamo provare a superare quell'oceano che ci corre tra la teoria e la pratica (magari non a nuoto che sarebbe ridicolo, ma usando almeno una "caravella") cosa stiamo cercando di fare professandoci "anarchici"? Dimmelo tu. Non credi che in questo modo stiamo solo mettendoci la coscienza a posto, facendo di fatto il gioco del nostro nemico. Quello di non poter confrontarsi su una qualsiasi forma reale per il suo rischio di risultare erronea o approssimata nei confronti della teoria, questo si che invalida la teoria stessa, la quale diventa sempre più lontana, improbabile e inapplicabile. Quindi io non sono d'accordo sullo "stiamo attenti a quello che facciamo perché potremmo fare una cazzata" e piuttosto, proprio in base al principio della libertà di azione dell'individualismo anarchico, agisco anche a costo di sbagliare...e soprattutto agisco "volontariamente", a nome personale se il confronto con gli altri non è stato positivo (ti faccio notare quest'altro basilare elemento del PDA, secondo cui l'azione di rinuncia ai diritti d'autore è consapevole, volontaria e quindi quanto mai stabilisco degli obblighi nei confronti degli altri; diciamo semmai che ho posto dei limiti volontari e consapevoli alla mia espansione partendo dalla rinuncia dei diritti d'autore che è la strada migliore per combattere un'idea di profitto fine a se stesso, guadagnandoci qualcosa semmai in termini morali e di solidarietà). Piuttosto penso, e di questo sono più che convinto, che inneggiare al rispetto della coerenza, quando ciò è riferito alla pura teoria, serve solo ad aumentare il divario tra il dire e il fare o a creare immobilismo se non addirittura intolleranza nei confronti degli altri. Allora potrei dirti anch'io che non è per niente giusto raccogliere le idee di altri che nel passato hanno detto, secondo loro, cosa è l'anarchia, cosa è anarchico e cosa non lo è, come è profondamente sbagliato cancellare gli interventi di chi non la pensa come te in nome della tolleranza (hai capito K2): l'enciclopedia si redige da anarchici e quando un altro contribuisce in modo diverso, apparentemente poco anarchico (a me basta che non sia un fascista) allora ci si limita semplicemente a fare una nota e a dire, come si è già fatto altre volte nei miei confronti, questa è l'opinione di caio o sempronio, quando vedi che caio o sempronio in pratica non agiscono per "lottizzare l'enciclopedia" (come invece è successo per spa.anarchopedia). Piuttosto si chiede ai contributori di agire nel rispetto reciproco, ma non si fa il poliziotto o ci si erge a censore. E' così chiaro che io non condivido l'anarcocapitalismo che basta leggere solo i miei contributi, ma è altrettanto chiaro che sono "contro ogni tipo di censura... che non sia anarchica" (questo "che non sia anarchica" vuol dire - spiego per chi non l'avesse capito - che da una collaborazione si può solo aggiungere, apprezzare o al massimo criticare, ribaltando il senso comune di censura in quanto divieto, cancellazione - vedi articolo censore anarchico)--[[Utente:Altipiani azionanti|Altipiani azionanti]] 10:12, 30 set 2010 (UTC)

Revision as of 10:18, 30 September 2010

Ma quando tu dichiari che la tua opera è nel «pubblico dominio anarchico» non stai partendo dal presupposto che l'opera è di tua proprietà? Ci si spossessa di qualcosa che si possiede in modo esclusivo, non di qualcosa che è di tutti. Se qualcosa è di tutti, a che serve dichiarare lo spossessamento? Non trovi che accostare il pubblico dominio all'anarchia non sia altro che perpetrare anche terminologicamente la logica capitalista della proprietà dei beni immateriali? E' come parlare di Stato anarchico, ma quale Stato può essere anarchico? Nell'anarchia lo Stato non esiste!--K2 10:53, 3 dic 2009 (UTC)

E quando tu (detto affettuosamente) proponi Copyzero non stai difendendo semplicemente l'aspetto peggiore del Copyright, vale a dire la certezza della "proprietà intellettuale" di un'opera e solo per garantire l'eventuale (e aggiungo rara, perché quella in realtà dipende da altre cose) prospettiva di poterne ricavare un utile a "costozero", o meglio al costo di 1 € ?! Nello Stato l'anarchia non esiste!--Altipiani azionanti 10:44, 4 dic 2009 (UTC)

Altipiani evidentemente parli di ciò che non conosci e lo fai non in modo affettuoso ma, come tuo solito, offensivo (benché gratuito, ammetto). Non so più come dirtelo: io propongo la libera scelta tra qualsiasi licenza open content e il pubblico dominio. Questo è quello che avviene qui e nelle altre anarchopedie. Tu vorresti soltanto il tuo pubblico dominio per tutti. La differenza mi pare chiara. Data poi la dietrologia che ti caratterizza e dato che il sottoscritto non ha nulla ma proprio nulla da nascondere, ti informo del fatto che la scelta di avere la licenza copyzero di default su questa anarchopedia (licenza che nulla ha a che vedere con il servizio copyzero on-line di movimento costozero, servizio comunque svolto a prezzo di costo e per fini ideali, senza ricavi ed anzi con sole perdite) non proviene tanto da me, che al tempo proposi, come default, una cosa chiamata "anarcopyright" (sicuramente ne trovi traccia nei vecchi archivi del collettivo), quanto dall'altra persona che insieme a me "fondò" l'anarchopedia italiana. Comunque, se sei comunista o sbirro, dillo, non è mica la fine del mondo. :-)--K2 12:03, 6 dic 2009 (UTC)

Mi dispiace se il mio tono, nei tuoi confronti, suona offensivo o poco amichevole e ti garantisco che non capiterà più, purché tu faccia altrettanto nei miei confronti. Non voglio imporre niente a nessuno e mi dispiace se dal mio modo d'agire traspare ciò. Avevo chiesto di aprire un dibattito pubblico sulla mia proposta di PDA che ritenevo importante e di attualità nel mondo anarchico, ma che tutti hanno invece ignorato (tranne te ovviamente e qualcun altro). "INGRESSO LIBERTARIO" è stato un atto simbolico ma non solo; un modo per non rinunciare definitivamente ad anarchopedia e con esso ho chiarito la mia visione nei confronti delle licenze che è una visione semplicemente anarchica, anche se tu e gli altri non siete d'accordo. Ora, personalmente s'intende, mi rifiuto di pubblicare in uno spazio in cui vige una qualsiasi licenza. Viceversa chiunque può tranquillamente attingere da INGRESSO LIBERTARIO, perché come ho più volte ripetuto, quello che succede delle mie produzioni, una volta rilasciate volontariamente nel PDA, non riguarda più me, ma bensì gli altri che possono decidere in qualunque senso. INGRESSO LIBERTARIO rappresenta per me il PDA, quel pubblico dominio volontario, antiscadenza (con la rinuncia dei diritti d'autore) di anarchopedia che prima d'ora non esisteva e che per me deve cominciare ad esistere! Rappresenta quindi quel modo di essere anarchico fino in fondo, bada ma non per coerenza che è un concetto che mi ripugna, ma solo per esigenza: non mi sogno di imporre la stessa cosa a nessuno, ma mi auguro che né tu né chiunque altro, da anarchico, abbia voglia di contrastare.--Altipiani azionanti 13:02, 6 dic 2009 (UTC)

Non solo non ho alcuna intenzione di contrastare il tuo pubblico dominio anarchico (e penso proprio che anche per gli altri sia così), ma è fuori di dubbio che ognuno possa fare su anarchopedia quello che hai fatto tu, cioè crearsi il template che preferisce per rilasciare i suoi contributi con il template che preferisce. Quindi non capisco dove sia il problema, perché nessuno ti impedisce di creare ed usare i template che preferisci. Dov'è il problema? Chi è che ti pone limiti? Come? Anarchopedia è uno spazio in cui non vige - come dici tu - una licenza, ma vige per ogni singolo contributo un certa licenza o un certo pubblico dominio, che lo stesso contributore può creare o liberamente scegliere. Chi ti impedisce di creare voci e metterci lo stesso template di INGRESSO LIBETARIO? Perché INGRESSO LIBERTARIO dovrebbe rappresentare una sorta di oasi felice dal momento che puoi rilasciare con il template relativo tutte le voci che vuoi (ovviamente quelle che crei tu)? Da ultimo, ti dico che pubblicare sulla wiki tutti gli indirizzi di posta elettronica di chi non ti ha risposto, non è molto corretto perché poi quegli indirizzi possono essere bombardati dallo spam. Io spero tu l'abbia fatto non per ripicca ma in buona fede.--K2 13:39, 6 dic 2009 (UTC)

Intanto il template PDA non esisteva ancora. Il problema è che tu quando parli di nuovi interventi ti riferisci solo alla creazione di nuove voci...; ma supponiamo che io voglia postare un mio qualunque contributo (tipo la recente traduzione del testo di Proudhon o anche solo per ampliare una voce) sempre con "antilicenza" PDA in una pagina rilasciata con altra licenza (la licenza vige per ogni pagina e non per ogni intervento) come dovrei fare? Dovrei aggiungere una nota per ogni intervento? Non sarebbe pratico. Forse dovrei creare un nuovo settore nella pagina o una nuova pagina collegata con template PDA? Sarebbe un po' artificioso non credi? Non ci avevo pensato allo spam delle mail ed ho già provveduto ad eliminarle: però ti faccio notare che molti quegli indirizzi compaiono già nella pagina [Elenco spazi anarchici e libertari in italia]--Altipiani azionanti 14:43, 6 dic 2009 (UTC)

Tu vorresti che un altro mettesse, ad esempio, sotto licenza GNU FDL, quello che tu hai creato e messo sotto PDA? Posso cambiare le voci che tu crei, togliere il template PDA e sostituirlo con un altro? Non credo proprio. E allora non vedo su quali basi egualitarie tu posa pretendere di mettere sotto PDA quello che ha creato un altro utente.--K2

Quindi ti sei risposto da solo alle tue domande precedenti "Dov'è il problema? Chi è che ti pone limiti? Come?". Come vedi, per continuare a collaborare con anarchopedia nella modifica delle voci, per me che ora ho scelto la licenza PDA sarebbe un problema, come lo sarebbe per voi sotto licenza GNU FDL se voleste partecipare ad una mia nuova voce sotto PDA. Con INGRESSO LIBERTARIO ho cercato e cerco ancora di sperimentare il livello di interesse e di partecipazione che potrebbe nascere intorno ad una "eventuale" wiki-PDA, ma temo che la cosa sia talmente impopolare da non dover suscitare mai alcun interesse da parte di chicchessia; questo però non giustifica il fatto che una opportunità del genere non debba esistere. Su anarchopedia francofona, però, c'è già chi ha usato il template [[1]] e il post di Aura Ambar della pagina su cui discutiamo dimostra che, per ora, un certo interesse intorno alla questione c'è.--Altipiani azionanti 16:43, 6 dic 2009 (UTC)

Per me non è un problema lasciare il template PDA ad una voce che hai creato tu e che io edito, mentre per te è un problema lasciare, ad esempio, il template GNU FDL ad una voce che non hai creato tu e che tu editi. Quindi, il problema, se c'è, sta nel fatto che a te non sta bene una situazione in cui vi è libera scelta, una situazione in cui, nel rispetto degli altri, ognuno usa il template che preferisce. E' proprio la differenza che c'è tra anarchia e comunismo. Tu vorresti lo stesso template (il tuo) per tutte le voci.--K2 17:04, 6 dic 2009 (UTC)
Intanto tu non hai ancora editato in una pagina con template PDA, a meno che non consideriamo questa su cui stiamo scrivendo: quando lo farai te ne darò atto. Il problema non è questo, il problema è un altro e di natura ben più complessa. La PDA e la GNU o qualunque altra licenza copyleft o di permesso d'autore, non sono tra loro compatibili per le ovvie ragioni di anticopyright della prima e della difesa del copyright delle seconde. Una esclude l'altra. Si è creato per così dire un conflitto di interessi. La PDA non è il semplice e innocuo Pubblico Dominio, bensì è una precisa scelta di un Pubblico Dominio Antiscadenza e Anti-copyright. In linea di principio una pagina PDA in una wiki basata, per default, su licenza GNU non potrebbe neanche esistere perché in contrasto con la regola del copyright (ovviamente è valido anche il discorso inverso). Quindi, anche se tu hai mostrato tolleranza, domani potrebbe intervenire un qualsiasi altro amministratore wiki-anarchopediano a dire che le pagine PDA non possono "coesistere" con la licenza GNU inquantoché non separate dal progetto e che quindi vanno eliminate (e secondo me non è poi tanto rara la possibilità che ciò accada). Del resto non avrebbe neanche tutti i torti e sono io il primo a riconoscerlo, perché la PDA va a minare le profonde ragioni "privatistiche" della GNU FDL. Come vedi non è una questione di comunismo e neanche di tolleranza: del resto anche tu non accetti che si clonino articoli da wikipedia (che eppure sono rilasciati con la solita licenza GNU) solo perché non rappresentano una visione anarchica della voce e non ti comporti certo da comunista quando inviti a non postare più in questo senso. Io ritengo l'anarchia una cosa viva in continua evoluzione e penso sia giunto il momento di fare un ulteriore passo avanti, nel senso in cui l'ho fatto io. Ti garantisco che non voglio creare nessun contrasto all'interno di anarchopedia perché il discorso che pongo io del dominio pubblico antiscadenza è un discorso generale di "ampio respiro" e tu questo l'hai capito bene dato che sai essere molto preciso e incisivo nelle tue analisi ed affermazioni. Mi dispiace che ora tu debba tacciarmi per stalinista, comunista, sbirro o quant'altro, facendomi apparire per quello che non sono e non è neanche nel tuo stile. Del resto oggi se hai i permessi di anarchopedia (e ho visto che li hai presi proprio tutti, ma hai fatto anche bene, vista la lotta per ottenerli) lo devi in parte anche a me, non dimenticarlo, come non devi dimenticare che io ai permessi vi ho rinunciato: ti sembro per questo uno sbirro o uno stalinista? -:))--Altipiani azionanti 18:14, 6 dic 2009 (UTC)
Secondo me dovresti informarti meglio di ciò che tratti perché non hai detto una sola cosa che corrisponda a verità. 1. Se non ho editato una pagina PDA non è certo perché non voglio, è solo perché non è ancora capitato. 2. Il conflitto di cui parli non esiste, chiunque può prendere una pagina in PDA, editarla e metterla sotto qualsiasi altra licenza, altrimenti non è una forma di PD, ma un tipo di licenza. Ti ho detto tante volte (ma evidentemente ancora non l'hai capito) che chiunque può proprietarizzare i derivati delle opere nel pubblico dominio (e anche quelle nel PDA così come l'hai definito nel template). Vuoi combattere la mercificazione della cultura, ma in realtà col PDA la rendi assolutamente possibile. 3. Una pagina in PDA può esistere anche in una enciclopedia basata su licenza GNU FDL: vedi Wikipedia. Le opere sotto PDA possono tranquillamente essere inserite su Wikipedia. 4. Adesso per attacarmi personalmente arrivi a parlare dei permessi di anarcopedia: trova qualcosa di più concreto, caro Altipiani, perché i due tipi di utenza che ho in più (e che può avere qualsiasi amministratore) non danno poteri in più rispetto agli amministratori ma consentono solo di fare lavoretti tecnici che peraltro si sono resi necessari quando è arrivato Pericle. 5. Non è dall'avere i permessi o meno su anarcopedia che si misura la correttezza di una persona, ma da quello che dice e dal comportamento che ha. Qui quello che fa attacchi ad personam sei tu e solo tu. E con questo ho chiuso, caro Altipiani, perché penso che parlare con te sia davvero tempo perso e fino ad oggi sono stato sin troppo paziente con le tue trollesche bassezze. 6. Adesso, come tuo solito, prenditi l'ultima parola e fai la tua esibizione, la tua bella filippica. Hai i miei applausi.--K2 21:49, 6 dic 2009 (UTC)


PDA e Linguaggio

Visto che, (no)volenti e.. molto dolenti...viviamo in questo stato fascista (ossia che: sono vere e proprie "manganellate"...a sangue), non si può far finta di niente. E, nel "convivere", ci si adegua al linguaggio. Si tratta solo di questo.

Anche se Dio non esiste, per parlare con uno che crede in lui mi devo per forza adattare al suo linguaggio. E' la stessa cosa.

Mo', non è che uno a furia di parlare di Dio, ossia..colui che non c'è, creda che esso appaia e si "crei" veramente.. nella Realtà, no?, se non nella nostra "testa" appunto. Come "concetto"; per "comunicare". E basta.

Stessa cosa vale per i "gatti volanti", le fatine, e..ecc.

E' solo un concetto, per esprimersi.

Stessa cosa, vale anche per la "proprietà" intesa in senso lato.

Ciao compagni! ;-) --Aura ambar 02:24, 6 dic 2009 (UTC)

ps: oh! Approffitto per ringraziarvi di avermi messo come 'na specie di viceAdm aggiunto; solo che ora ho pochissimo tempo per entrare in web. Tuttavia, mi farebbe veramente molto piacere aiutarvi, appena posso. Segnalate magari in alcuna pagina quello che c'è da fare. (template, ecc) Ciao!


Sul commercio della proprietà intellettuale

Però secondo me la proprietà intelelttuale può essere messa in commercio, nel senso che potrei pure decidere di vendere un mio libro. Che male c'è? Il problema c'è se impedisco agli altri di poterne usufruire se non seguono le mie condizioni...Cioè io vendo il mio "prodotto", ma se tu vuoi fotocopiartelo o scannerizzarlo io non te lo impedisco...--Nessuno 09:23, 28 set 2010 (UTC)

Si però così facendo non ti sleghi mai dal contesto economico del profitto che è all'origine della diatriba. Io invece la penso nel seguente questo modo:
1) non è etico o anarchico vendere un prodotto dell'ingegno per ricavarne profitto (per profitto intendo anche da vivere) soprattutto perché ciò presuppone la proprietà intellettuale dell'opera stessa;
2) quindi parto dal principio che tutte le opere devono essere in PDA;
3) poi se si vogliono vendere le opere bisogna poterlo fare "solo" a prezzo di costo, ma a patto che le opere siano già in PDA e che la stampa (o la pubblicazione) venga fatta da case editrici in qualità di "associazioni di volontariato non a fini di lucro".--Altipiani azionanti 09:53, 28 set 2010 (UTC)
La proprietà intesa come possesso non ha nulla di poco etico o non anarchico secondo me. E' poco etico o poco anarchico impedirne la libera circolazione ma non ricavarne da vivere...In ogni caso stiamo parlando di una scoietà futura, una società perfetta o quasi, ma oggi? possiamo chiedere ad un intellettuale di non vivere del suo ingegno? Come può questo intellettuale scrivere e pensare se poi durante tutto il giorno deve magari fare il manovale per vivere? E' poco etico che qualcuno guadagni dai diritti sui libri o sulle canzoni scritte anni prima o cose simili, su questo siamo d'accordo, ma poichè chi coltiva patate vive "lucrando" sulla sua abilità manuali non vedo perchè qualcun altro non possa "lucrare" (nel senso di guadagnarsi da vivere) sulle sue capacità intellettuali. D'altronde mi pare che si tratti di dare un prezzo ad una cosa libera..se è libera sta alle persone scegliere tra l'originale 8che ha un costo) o una copia (che è gratis). Mi pare troppo radicale come concetto, d'altronde quali casi editrici oggi potemmo salvare? Nemmeno le Edizioni Anarchismo credo...--Nessuno 12:31, 28 set 2010 (UTC)
Bisogna un po' chiarire da quale parte si sostiene il ragionamento: supponiamo perciò di fare un ragionamento quanto più possibile all'insegna dei principi anarchici. Ebbene, in questo senso, se ammettiamo che la proprietà materiale sia un furto se e quando fatta a soli fini economici (es. la proprietà di una casa finalizzata alla vendita e al puro profitto) mentre non rappresenta più un furto bensì una necessità vitale se "posseduta" a fini abitativi dato che i fini speculativi si estinguono in quanto la casa non si vende, per la proprietà immateriale o intellettuale dir si voglia, secondo me, vale lo stesso principio. Non è lecito, cioé, possedere la proprietà intellettuale di un'opera per ricavarne solo profitto mentre è lecito, anzi auspicabile produrre e diffondere l'opera quando ciò sia fatto non a fini di lucro sia per chi l'opera la pubblicizza (la società editrice senza fini di lucro) che per l'autore che la redige. Io credo che da anarchici dovremmo essere un po' tutti d'accordo su questi principi. Quindi è il fine speculativo di "lucro" che si vuole combattere ed evitare e che poi di fatto, da una ricerca svolta da JOOST SMIERS, si è visto che coinvolge solo in minima parte l'autore ai quali va, mediamente, solo il 10% circa del ricavato, mentre il 90% va a beneficio delle case editrici e a chi investe, ma questo beneficio del 90% lo possono fare "solo" se si accaparrano la temporanea proprietà intellettuale dell'opera. Ecco il punto. E la proprietà intellettuale si chiama copyright ed è tanto quella delle Licenze che quella del full-copyright. Facendo la differenza tra l'originale per il possesso del quale si ha un costo da sostenere e la copia che può essere gratis, non si fa altro che avvalorare il concetto di proprietà dell'originale, le leggi che lo tutelano e il commercio (speculativo) che si crea intorno, facendo diventare la copia gratis quel sottoprodotto scaduto, quel surrogato, degno solo dei poveracci. L'opera non deve essere l'originale (di serie A) o la sua copia gratis (scadente di serie B): l'opera deve essere sempre "autentica" sia da quando la si produce a quando la si distribuisce o la si pubblicizza e per far questo bisogna abolire la proprietà intellettuale. Che questo nella nostra società, ora come ora, non lo si possa fare, ebbhé quello è scontato e non è certo un caso che oggi il potere politico sia in mano a chi detiene l'editoria, però che noi da anarchici possiamo opporci a tale sistema lucrativo dicendo le cose come stanno e almeno nel nostro piccolo "cominciando ad agire" diversamente, non vedo perché non dovremmo farlo, soprattutto potendolo fare (la rinuncia ai diritti d'autore non è illegale ed apre, a mio modesto avviso, tutte queste nuove opportunità). Che poi uno voglia ostinarsi a fare il mestiere dell'intellettuale - che oggi, tra l'altro, nonostante il solo 10% degli introiti rende molto bene - questa è solo una sua libera scelta, ma per me, una tale tizio, non potrà mai dirsi anarchico o pretendere addirittura di vendermi il suo ultimo libro sull'anarchia...--Altipiani azionanti 13:56, 28 set 2010 (UTC)
La tua idea è legittima ma troppo radicale: De André avrebbe avuto un comportamento poco etico secondo questi principi. Mi pare un pò esagerato...Non capisco perchè uno possa guadagnarsi da vivere vendendo il pane e non possa farlo vendendo libri (se non mangio muoio, se non leggo no..mi pare meno etico vendere pane..anche se ovviamente non voglio mica criminalizzare i panettieri..:):)..). Dal momento che io vendo un libro e non impedisco a nessuno di farne quello che vuole, o addirittura lo metto a disposizione di tutti su internet, non capisco che male ci sia nel venderlo. Non si tratta di copie di serie a e copie di serie b, perchè in un testo ciò che conta è il contenuto e non la forma, giacchè se leggo un libro fotocopiato o un libro originale le notizie contenute non cambiano. Si tratterebbe di scegliere: vuoi una copia o vuoi l'originale? Se vuoi l'originale paghi un prezzo ragionevole, altrimenti prendi una copia gratis..che male c'è? E poi quanti bravi pensatori rischieremmo di perdere costringendoli a fare lavori per cui non sono portati, visto che non potrebbero mantenersi sfruttando il loro talento intellettuale?--Nessuno 08:51, 29 set 2010 (UTC)
Io ragiono basandomi semplicemente su una logica di "sostenibilità" (ecologica, etica, politica, ecc...). E' anche vero che l'anarchia è un'isola nella società, ma bisogna cominciare a ragionare come se noi abitassimo e facessimo già parte di quell'isola e di quel luogo, dove vigono i principi dell'economia sostenibile, partecipativa fondata sull'impegno comunitario e dove non serve a nulla svolgere un'attività lavorativa per guadagnare i soldi per vivere perché questa idea a livello economico (per tutte le ragioni che ben sappiamo) non è sostenibile, mentre è più sostenibile un'idea federalista di comunità (vedi ecovillaggi) che si organizza in maniera adeguata per far fronte, volta per volta, ai bisogni collettivi. In questa logica si privilegiano i servizi creati dalla cooperazione comunitaria e si bandisce il superfluo, l'inutile e tutte quelle infrastrutture che porterebbero a tali degenerazioni, come il lavoro finalizzato al denaro senza curarsi del resto. In questo tipo di società (anarchica) il discorso della stampa del libro a pagamento e di quello gratis non ha più alcun senso, come anche quello della vendita del pane, perché nessuno rischierebbe di morire di fame...e se pensarla in questo modo significa essere radicali, ebbene lo sono e preferisco esserlo. Bisogna cioé cominciare a distinguere la differenza che passa tra l'avere idee anarchiche e professarle (come De André) e il vivere da anarchici (come per esempio i tanti anonimi che vivono all'insegna della sostenibilità degli ecovillaggi)--Altipiani azionanti 09:54, 29 set 2010 (UTC)
Quando i fatti riguardano De André, che tra l'altro non si è mai dichiarato anarchico (era più un simpatizzante), punta il dito sull'incoerenza, quando i fatti riguardano lui, che si dichiara anarchico, vuole il PDA ma si compra il Mac e non distingue tra software liberi e proprietari, allora il dito lo punta su te che glielo fai notare e sdrammatizza dicendo che di incoerenze a questo mondo ce ne sono tante... "Bisogna cioé cominciare a distinguere la differenza che passa tra l'avere idee anarchiche e professarle e il vivere da anarchici"... eh, cominciasse lui faremmo già un passetto avanti. :-) --K2 10:43, 29 set 2010 (UTC)
La radicalità sta nel fatto che non lasci margini e chi non condivide queste idee, che sono legittime ma non possono essere in qualche modo imposte. Eticamente, che si sia anarchici o meno, secondo me uno è a posto dal momento che non pone il copyright sulle sue opere. Io scrivo un libro, gli attribuisco un prezzo e poi do la possibilità ad ognuno di fare quello che vuole: comprarlo, fotocopiarlo, scannerizzarlo, prenderne stralci per scrivere altre opere, ecc.

In questo sistema non si può non vivere qualche incongruenza: es. gli abitanti degli ecovillaggi tendono per esempio ad isolarsi dal resto del mondo, che lo vogliono o meno, e tendono quindi a staccarsi dal mondo degli sfruttati e degli oppressi. Abbiamo visto che tutte le comunità anarchiche molto spesso falliscono (es. la cecilia di Giovanni Rossi), talvolta anche senza lasciare nessuna eredità ai posteri. Io non sminuierei l'opera propagndistica di De Andrè, d'altronde Stirner non ha solo scritto libri? Ognuno ha il suo talento e non si può chiedere a De André di non vivere della sua musica o a Foucault di guadagnarsi il pane andando a zappare e rinunciare di fatto allo studio e alla scrittura (d'altronde cafiero, marx, kropotkin, malatesta erano tutti benestanti abbastanza da poter pensare, scrivere e agire senza avere la costrizione di dover andare a lavorare.)...--Nessuno 12:53, 29 set 2010 (UTC)

Sono d'accordo sul tuo concetto di radicalità e quindi su tante cose gli anarchici "devono" essere radicali, altrimenti è meglio che cambino dottrina politica. Per me la radicalità è anche quella che si subisce e sta per esempio nel fatto che non esista più "gratuità" in qualunque cosa uno faccia e qualunque attività si svolga si è costretti a vederla sempre nell'ottica di un "investimento" o quanto meno di un lavoro da cui trarne un reddito integrativo perché qualunque attività possa sottostare alla società dei consumi capitalistica. Forse non sarà stato il caso della Cecilia, ma molte comunità anarchiche sono state letteralmente distrutte dai rispettivi governi statali perché assolutamente non tollerate. Poi, sulla questione della libertà di poter vendere e fotocopiare un libro col limitato copyright del permesso d'autore, non ne sono affatto convinto ed è cosa ancora tutta da dimostrare. Il permesso d'autore oggi funziona bene su internet perché di fatto chi lo applica non sta vendendo nulla e non ha mai venduto nulla (e questo l'ho spiegato bene sul mio articolo "Anarchia fai da te"), ma per poter stampare e vendere un libro credo che le case editrici pretendano ancora (o quanto meno preferiscano) possedere i diritti riservati del full-copyright...a meno che tu non ti sia fatto una talmente grande pubblicità su internet con l'adozione di una Licenza di permesso d'autore tale da garantirgli una mole di vendita e tutto sommato ti stampano il libro dato che risparmiano anche sui successivi costi di pubblicità da sostenere, ma gli autori noti si guardano bene dall'applicare il permesso d'autore (almeno credo...). Quindi è ancora tutto un fatto da verificare se hai la libertà di vendere o no col permesso d'autore, per cui potrebbe essere anche solo quell'ennesima favola, quella ennesima operazione di marketing (non a caso viene dagli USA) per rilanciare il mercato tradizionale (in crisi) della carta stampata, illudendo i tanti aspiranti emergenti e garantendo i soliti pochi già noti.--Altipiani azionanti 13:50, 29 set 2010 (UTC)
Linux è gratis ma viene anche venduto. Se linux fosse distribuito sotto PD-PDA-PDquelchetipare, allora non sarebbe più gratis da molto tempo perché le aziende che sviluppano le distro rilascerebbero le nuove versioni sotto FULL-COPYRIGHT. E questa è la pura e semplice verità, caro il mio "Apple azionanti".--K2 14:35, 29 set 2010 (UTC)
Infatti "solo le nuove versioni" sarebbero probabilmente full-copyright, mentre la vecchia versione in PDA resterebbe tale. Comunque mi pare che stai abusando un po' troppo dei permessi e questo non ti fa certo onore...vedi di darti una controllata--Altipiani azionanti 15:53, 29 set 2010 (UTC)
Non sono un uomo d'onore e non ci tengo ad esserlo. La controllata, caro controllore, dattela tu, che vai in giro a dire falsità riguardo al collettivo e sei capace solo ad insultare. Mi manca pure di vederti prendere le difese di Letizia e poi te le ho viste fare tutte. Per quanto riguarda le nuove versioni di linux, linux è nato molti anni fa (un'era fa dal punto di vista informatico) e la prima distro non la usa più nessuno da molti anni. Ci arrivi da solo o devo andare avanti con la spiegazione? Un po' di onestà intellettuale, su. --K2 16:10, 29 set 2010 (UTC)
Questi vostri battibecchi mi stanno venendo un pò a noia...Comunque quello che io contesto ad Altipiani non è l'idea in sè, quanto non lasciare altre possibilità oltre al PDA; non solo si nega ad una persona di arrichirsi con la scrittura (e sin qua potrebbe andar bene) ma addirittura si nega lui anche la semplice possibilità di procuarsi i soldi per un piatto di pasta e un letto caldo. Mi pare francamente esagerato, anche perchè non capisco perchè dovrebbe esser più etico guadagnarsi da vivere vendendo il pane o costruendo case che contribuiscono a cementare la nostra amata madre terra...--Nessuno 17:04, 29 set 2010 (UTC)
Se due si dicono le cose in faccia, poi il rapporto migliora. Ci vuole lo scontro altrimenti è peggio. Ora siamo abbastanza scarichi e vedrai che le cose andranno meglio. Fino alla prossima volta. :-)--K2 17:42, 29 set 2010 (UTC)
Nessuno, tu sai bene che un modello economico anarchico, se fatta eccezione del Parecon degli statunitensi Albert ed Hahnel, in realtà non esiste e tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, per cui, come diceva anche Bakunin, se uno persegue solo la teoria muore nella teoria e le idee non si concretizzano mai. Quindi, secondo me, facciamo bene a discutere praticamente di un argomento e fare le dovute critiche e considerazioni in merito, perché grazie ad esse si può arrivare a definire meglio la concretizzazione di un'idea. Quando dici che io non lascio altre possibilità con il PDA affermi da un lato una cosa vera se ti riferisci alla radicalità dell'idea contro il copyright (e quindi la proprietà intellettuale in senso economico) ma stai dicendo una cosa errata se ti riferisci alla possibilità di ricavare quanto serve per vivere. Poi ti spiego perché e come. Intanto quando dico che non è etica la professione dell'intellettuale, intendo dire che non è etico svolgere l'attività esclusiva di intellettuale per vivere (= professione). In realtà, come anche tu hai già osservato, non sarebbe parimenti etico (sempre in una società anarchica s'intende) il lavoro del panettiere, e aggiungo io, non sarebbe etica qualunque attività di lavoro quando svolta in maniera esclusiva, perché il più delle volte ciò crea alienazione e quanto meno disparità (e questo è alla base della Parecon: anche se uno è portato a fare meglio una cosa, relativamente alla retribuzione, è sbagliato retribuirlo di più: non si può ad esempio retribuire di più il lavoro di un forzuto che raccoglie le mele rispetto a uno di costituzione esile, perché altrimenti si premierebbe la sua genetica che diventerebbe una ingiusta discriminante). La stessa cosa dicasi in riferimento alla divisione del lavoro: non è mai bene specializzarsi in un unico lavoro, perché ciò porterebbe inevitabilmente alla creazione di classi di lavoro privilegiato non manuale, più retribuito e quindi alle gerarchie). Premesso ciò ritorno al discorso del PDA. Intanto, in virtù di quanto appena detto, contesto la tua affermazione secondo la quale se uno è portato a fare l'intellettuale deve poterlo fare: io invece dico che deve poterlo "anche" fare, non in modo esclusivo, ma nella maniera in cui si impegni a fare anche altre cose perché il lavoro, come la dieta, gli interessi, i rapporti umani, e tutte le altre cose della vita, devono "variare" (consideriamolo una sorta di principio della diversità applicato all'agire ;-)). Ora, se ammettiamo per esempio che l'editoria sia gestita da una associazione senza fini di lucro e se si condividono liberamente le opere d'ingegno in internet tramite P2P, poi mettiamo che io voglia una copia cartacea di un'opera che mi interessa, mi rivolgo a questa associazione che è in grado di stamparmi un'unica copia ad un prezzo fisso di costo che magari io pago per ottenere il libro ed una percentuale del prezzo potrebbe andare all'autore (paternità dell'opera). In questo modo nessuno si arricchirebbe più dalle opere d'ingegno e chiunque potrebbe fare anche l'intellettuale per vivere (oltre a qualche altro mestiere, s'intende). Ma quello che sarebbe più importante è la sostenibilità di tutta l'operazione: primo non ci sarebbe più il copyright che verrebbe bandito con la rinuncia ai diritti d'autore; secondo non si stamperebbero inutilmente delle copie da distribuire alle librerie e che rischierebbero di restare invendute, ma si stamperebbero (in fotocopia + rilegatura, perché rispetto alla stampa costa molto meno e si può fare anche una singola copia) "solo" quelle copie richieste dai lettori da internet o da centri di lettura specializzati come le biblioteche ad un costo che si configura come "rimborso spese"; terzo ognuno avrebbe più libertà di leggere, ma anche di scrivere. Ma tu mi potresti rispondere, perché c'è bisogno del PDA in tutto questo? Non si può fare con la licenza del permesso d'autore? Ti rispondo di no, perché altrimenti non ci sarebbe più l'associazione di volontariato non a fini di lucro come casa editrice e alla quale si iscrivono tutti gli autori del PDA anche per ricevere il "pattuito e rappresentativo" compenso su ogni copia venduta. In definitiva, alla maniera del PDA, non sarebbe più il mercato affaristico dell'editoria ad impormi con la pubblicità un prodotto ed al loro libero prezzo di mercato, ma sarebbe il lettore che si va a cercare il prodotto che gli interessa, con tutti i benefici che ne derivano di minor spesa edi libera diffusione della cultura. Spero di essere stato chiaro nell'esprimermi...--Altipiani azionanti 21:28, 29 set 2010 (UTC)
Guarda che tutti entro questo sistema cadono in contraddizione, dal momento stesso che uno registra in comune la nascita del figlio sta avvalorando lo Stato, quindi coerenza vorrebbe che non si registrasse. Se però qualcuno mi chiedesse un parere io direi che se lo facesse sarebbe un pazzo piuttosto che un vero anarchico. Bakunin stesso ad un certo punto deve comprare la Baronata (terreno privato su cui costruisce una casa), cadendo in contraddizione rispetto alla sua intransigenza contro la proprietà. Sempre Bakunin scrive le sue confessioni allo zar quando la sua situazione giudiziaria si fa pesante...Perchè accadono queste cose? perchè gli anarchici sono esseri umani e non esseri perfetti, secondo perchè entro questo sistema le incongruenze le viviamo tutti e non c'è proprio possibilità di evitarle, anzi direi che l'eterna lotta che vivremo è quella contro noi stessi piuttosto che contro l'autorità. La tua idea va bene, ma no sono d'accordo nel fatto che tu stabilisca degli obblighi e non sono nemmeno d'accordo nella divisione del lavoro: ognuno dà per quanto è nelle sue possibilità e nelle sue peculiarità. Se uno è bravo nel fare il chirurgo perchè dobbiamo fargli fare il muratore? Perché Nietzsche avrebbe dovuto fare il bracciante? L'uguaglianza sta nella possiiblità per tutti di fare quello per cui si è intimamente portati e non nel fatto che tutti devono fare tutto. Ovviamente in alcune circostanze tutti devono rimboccarsi le maniche: es. un disastro naturale, un terremoto, una guerra, ecc....

In sostanza non mi sta bene che tu dica cosa è etico e cosa non lo è, cosa è anarchico e cosa non lo è...per il resto va bene--Nessuno 08:50, 30 set 2010 (UTC)

Quello che hai detto tu è giustissimo, però è valido solo al di fuori di ogni sistema economico basato sulla "valutazione" monetaria dei beni e delle prestazioni, ma questo, come ben sai, è impossibile nel nostro contesto sociale, mentre è ancora pura utopia in un eventuale contesto di vita libertaria, se non altro perché una valida forma di impegno libertario dovrebbe essere possibile semplicemente attingendo da un senso di autoresponsabilità che purtroppo non tutti posseggono. Ma allora se non ci possiamo azzardare a dire cosa è etico e cosa no, cosa è anarchico e cosa no, se non possiamo provare a superare quell'oceano che ci corre tra la teoria e la pratica (magari non a nuoto che sarebbe ridicolo, ma usando almeno una "caravella") cosa stiamo cercando di fare professandoci "anarchici"? Dimmelo tu. Non credi che in questo modo stiamo solo mettendoci la coscienza a posto, facendo di fatto il gioco del nostro nemico. Quello di non poter confrontarsi su una qualsiasi forma reale per il suo rischio di risultare erronea o approssimata nei confronti della teoria, questo si che invalida la teoria stessa, la quale diventa sempre più lontana, improbabile e inapplicabile. Quindi io non sono d'accordo sullo "stiamo attenti a quello che facciamo perché potremmo fare una cazzata" e piuttosto, proprio in base al principio della libertà di azione dell'individualismo anarchico, agisco anche a costo di sbagliare...e soprattutto agisco "volontariamente", a nome personale se il confronto con gli altri non è stato positivo (ti faccio notare quest'altro basilare elemento del PDA, secondo cui l'azione di rinuncia ai diritti d'autore è consapevole, volontaria e quindi quanto mai stabilisco degli obblighi nei confronti degli altri; diciamo semmai che ho posto dei limiti volontari e consapevoli alla mia espansione partendo dalla rinuncia dei diritti d'autore che è la strada migliore per combattere un'idea di profitto fine a se stesso, guadagnandoci qualcosa semmai in termini morali e di solidarietà). Piuttosto penso, e di questo sono più che convinto, che inneggiare al rispetto della coerenza, quando ciò è riferito alla pura teoria, serve solo ad aumentare il divario tra il dire e il fare o a creare immobilismo se non addirittura intolleranza nei confronti degli altri. Allora potrei dirti anch'io che non è per niente giusto raccogliere le idee di altri che nel passato hanno detto, secondo loro, cosa è l'anarchia, cosa è anarchico e cosa non lo è, come è profondamente sbagliato cancellare gli interventi di chi non la pensa come te in nome della tolleranza (hai capito K2): l'enciclopedia si redige da anarchici e quando un altro contribuisce in modo diverso, apparentemente poco anarchico (a me basta che non sia un fascista) allora ci si limita semplicemente a fare una nota e a dire, come si è già fatto altre volte nei miei confronti, questa è l'opinione di caio o sempronio, quando vedi che caio o sempronio in pratica non agiscono per "lottizzare l'enciclopedia" (come invece è successo per spa.anarchopedia). Piuttosto si chiede ai contributori di agire nel rispetto reciproco, ma non si fa il poliziotto o ci si erge a censore. E' così chiaro che io non condivido l'anarcocapitalismo che basta leggere solo i miei contributi, ma è altrettanto chiaro che sono "contro ogni tipo di censura... che non sia anarchica" (questo "che non sia anarchica" vuol dire - spiego per chi non l'avesse capito - che da una collaborazione si può solo aggiungere, apprezzare o al massimo criticare, ribaltando il senso comune di censura in quanto divieto, cancellazione - vedi articolo censore anarchico)--Altipiani azionanti 10:12, 30 set 2010 (UTC)