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(Sul commercio della proprietà intellettuale)
(Sul commercio della proprietà intellettuale)
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In questo sistema non si può non vivere qualche incongruenza: es. gli abitanti degli ecovillaggi tendono per esempio ad isolarsi dal resto del mondo, che lo vogliono o meno, e tendono quindi a staccarsi dal mondo degli sfruttati e degli oppressi. Abbiamo visto che tutte le comunità anarchiche molto spesso falliscono (es. la cecilia di [[Giovanni Rossi]]), talvolta anche senza lasciare nessuna eredità ai posteri. Io non sminuierei l'opera propagndistica di De Andrè, d'altronde Stirner non ha solo scritto libri? Ognuno ha il suo talento e non si può chiedere a De André di non vivere della sua musica o a Foucault di guadagnarsi il pane andando a zappare e rinunciare di fatto allo studio e alla scrittura (d'altronde cafiero, marx, kropotkin, malatesta erano tutti benestanti abbastanza da poter pensare, scrivere e agire senza avere la costrizione di dover andare a lavorare.)...--[[Utente:Nessuno|Nessuno]] 12:53, 29 set 2010 (UTC)
 
In questo sistema non si può non vivere qualche incongruenza: es. gli abitanti degli ecovillaggi tendono per esempio ad isolarsi dal resto del mondo, che lo vogliono o meno, e tendono quindi a staccarsi dal mondo degli sfruttati e degli oppressi. Abbiamo visto che tutte le comunità anarchiche molto spesso falliscono (es. la cecilia di [[Giovanni Rossi]]), talvolta anche senza lasciare nessuna eredità ai posteri. Io non sminuierei l'opera propagndistica di De Andrè, d'altronde Stirner non ha solo scritto libri? Ognuno ha il suo talento e non si può chiedere a De André di non vivere della sua musica o a Foucault di guadagnarsi il pane andando a zappare e rinunciare di fatto allo studio e alla scrittura (d'altronde cafiero, marx, kropotkin, malatesta erano tutti benestanti abbastanza da poter pensare, scrivere e agire senza avere la costrizione di dover andare a lavorare.)...--[[Utente:Nessuno|Nessuno]] 12:53, 29 set 2010 (UTC)
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::Sono d'accordo sul tuo concetto di radicalità e quindi su tante cose gli anarchici "devono" essere radicali, altrimenti è meglio che cambino dottrina politica. Per me la radicalità è anche quella che si subisce e sta anche nel fatto che non esiste più "gratuità" in qualunque cosa uno faccia e per qualunque attività uno voglia svolgere si è costretti a vederla sempre nell'ottica di un "investimento" o quanto meno di un lavoro da cui trarne un reddito integrativo perché qualunque attività possa sottostare alla società dei consumi capitalistica. Forse non sarà stato il caso della Cecilia, ma molte comunità anarchiche sono state letteralmente distrutte dai rispettivi governi statali perché assolutamente non tollerate. Poi, sulla questione della libertà di poter vendere e fotocopiare un libro col limitato copyright del permesso d'autore, non ne sono affatto convinto ed è cosa ancora tutta da dimostrare. Il permesso d'autore oggi funziona bene su internet perché di fatto chi lo applica non sta vendendo nulla e non ha mai venduto nulla (e questo l'ho spiegato bene sul mio articolo "Anarchia fai da te"), ma per poter stampare e vendere un libro credo che  le case editrici pretendano ancora (o quanto meno preferiscano) possedere i diritti riservati del full-copyright...a meno che tu non ti sia fatto una talmente grande pubblicità su internet con l'adozione di una Licenza di permesso d'autore tale da garantirgli una mole di vendita e tutto sommato ti stampano il libro dato che risparmiano anche sui successivi costi di pubblicità da sostenere, ma gli autori noti si guardano bene dall'applicare il permesso d'autore (almeno credo...). Quindi è ancora tutto un fatto da verificare se hai la libertà di vendere o no col permesso d'autore, per cui potrebbe essere anche solo quell'ennesima favola, quella ennesima operazione di marketing (non a caso viene dagli USA) per rilanciare il mercato tradizionale (in crisi) della carta stampata, illudendo i tanti aspiranti emergenti e garantendo i soliti pochi già noti.--[[Utente:Altipiani azionanti|Altipiani azionanti]] 13:50, 29 set 2010 (UTC)

Revision as of 13:50, 29 September 2010

Ma quando tu dichiari che la tua opera è nel «pubblico dominio anarchico» non stai partendo dal presupposto che l'opera è di tua proprietà? Ci si spossessa di qualcosa che si possiede in modo esclusivo, non di qualcosa che è di tutti. Se qualcosa è di tutti, a che serve dichiarare lo spossessamento? Non trovi che accostare il pubblico dominio all'anarchia non sia altro che perpetrare anche terminologicamente la logica capitalista della proprietà dei beni immateriali? E' come parlare di Stato anarchico, ma quale Stato può essere anarchico? Nell'anarchia lo Stato non esiste!--K2 10:53, 3 dic 2009 (UTC)

E quando tu (detto affettuosamente) proponi Copyzero non stai difendendo semplicemente l'aspetto peggiore del Copyright, vale a dire la certezza della "proprietà intellettuale" di un'opera e solo per garantire l'eventuale (e aggiungo rara, perché quella in realtà dipende da altre cose) prospettiva di poterne ricavare un utile a "costozero", o meglio al costo di 1 € ?! Nello Stato l'anarchia non esiste!--Altipiani azionanti 10:44, 4 dic 2009 (UTC)

Altipiani evidentemente parli di ciò che non conosci e lo fai non in modo affettuoso ma, come tuo solito, offensivo (benché gratuito, ammetto). Non so più come dirtelo: io propongo la libera scelta tra qualsiasi licenza open content e il pubblico dominio. Questo è quello che avviene qui e nelle altre anarchopedie. Tu vorresti soltanto il tuo pubblico dominio per tutti. La differenza mi pare chiara. Data poi la dietrologia che ti caratterizza e dato che il sottoscritto non ha nulla ma proprio nulla da nascondere, ti informo del fatto che la scelta di avere la licenza copyzero di default su questa anarchopedia (licenza che nulla ha a che vedere con il servizio copyzero on-line di movimento costozero, servizio comunque svolto a prezzo di costo e per fini ideali, senza ricavi ed anzi con sole perdite) non proviene tanto da me, che al tempo proposi, come default, una cosa chiamata "anarcopyright" (sicuramente ne trovi traccia nei vecchi archivi del collettivo), quanto dall'altra persona che insieme a me "fondò" l'anarchopedia italiana. Comunque, se sei comunista o sbirro, dillo, non è mica la fine del mondo. :-)--K2 12:03, 6 dic 2009 (UTC)

Mi dispiace se il mio tono, nei tuoi confronti, suona offensivo o poco amichevole e ti garantisco che non capiterà più, purché tu faccia altrettanto nei miei confronti. Non voglio imporre niente a nessuno e mi dispiace se dal mio modo d'agire traspare ciò. Avevo chiesto di aprire un dibattito pubblico sulla mia proposta di PDA che ritenevo importante e di attualità nel mondo anarchico, ma che tutti hanno invece ignorato (tranne te ovviamente e qualcun altro). "INGRESSO LIBERTARIO" è stato un atto simbolico ma non solo; un modo per non rinunciare definitivamente ad anarchopedia e con esso ho chiarito la mia visione nei confronti delle licenze che è una visione semplicemente anarchica, anche se tu e gli altri non siete d'accordo. Ora, personalmente s'intende, mi rifiuto di pubblicare in uno spazio in cui vige una qualsiasi licenza. Viceversa chiunque può tranquillamente attingere da INGRESSO LIBERTARIO, perché come ho più volte ripetuto, quello che succede delle mie produzioni, una volta rilasciate volontariamente nel PDA, non riguarda più me, ma bensì gli altri che possono decidere in qualunque senso. INGRESSO LIBERTARIO rappresenta per me il PDA, quel pubblico dominio volontario, antiscadenza (con la rinuncia dei diritti d'autore) di anarchopedia che prima d'ora non esisteva e che per me deve cominciare ad esistere! Rappresenta quindi quel modo di essere anarchico fino in fondo, bada ma non per coerenza che è un concetto che mi ripugna, ma solo per esigenza: non mi sogno di imporre la stessa cosa a nessuno, ma mi auguro che né tu né chiunque altro, da anarchico, abbia voglia di contrastare.--Altipiani azionanti 13:02, 6 dic 2009 (UTC)

Non solo non ho alcuna intenzione di contrastare il tuo pubblico dominio anarchico (e penso proprio che anche per gli altri sia così), ma è fuori di dubbio che ognuno possa fare su anarchopedia quello che hai fatto tu, cioè crearsi il template che preferisce per rilasciare i suoi contributi con il template che preferisce. Quindi non capisco dove sia il problema, perché nessuno ti impedisce di creare ed usare i template che preferisci. Dov'è il problema? Chi è che ti pone limiti? Come? Anarchopedia è uno spazio in cui non vige - come dici tu - una licenza, ma vige per ogni singolo contributo un certa licenza o un certo pubblico dominio, che lo stesso contributore può creare o liberamente scegliere. Chi ti impedisce di creare voci e metterci lo stesso template di INGRESSO LIBETARIO? Perché INGRESSO LIBERTARIO dovrebbe rappresentare una sorta di oasi felice dal momento che puoi rilasciare con il template relativo tutte le voci che vuoi (ovviamente quelle che crei tu)? Da ultimo, ti dico che pubblicare sulla wiki tutti gli indirizzi di posta elettronica di chi non ti ha risposto, non è molto corretto perché poi quegli indirizzi possono essere bombardati dallo spam. Io spero tu l'abbia fatto non per ripicca ma in buona fede.--K2 13:39, 6 dic 2009 (UTC)

Intanto il template PDA non esisteva ancora. Il problema è che tu quando parli di nuovi interventi ti riferisci solo alla creazione di nuove voci...; ma supponiamo che io voglia postare un mio qualunque contributo (tipo la recente traduzione del testo di Proudhon o anche solo per ampliare una voce) sempre con "antilicenza" PDA in una pagina rilasciata con altra licenza (la licenza vige per ogni pagina e non per ogni intervento) come dovrei fare? Dovrei aggiungere una nota per ogni intervento? Non sarebbe pratico. Forse dovrei creare un nuovo settore nella pagina o una nuova pagina collegata con template PDA? Sarebbe un po' artificioso non credi? Non ci avevo pensato allo spam delle mail ed ho già provveduto ad eliminarle: però ti faccio notare che molti quegli indirizzi compaiono già nella pagina [Elenco spazi anarchici e libertari in italia]--Altipiani azionanti 14:43, 6 dic 2009 (UTC)

Tu vorresti che un altro mettesse, ad esempio, sotto licenza GNU FDL, quello che tu hai creato e messo sotto PDA? Posso cambiare le voci che tu crei, togliere il template PDA e sostituirlo con un altro? Non credo proprio. E allora non vedo su quali basi egualitarie tu posa pretendere di mettere sotto PDA quello che ha creato un altro utente.--K2

Quindi ti sei risposto da solo alle tue domande precedenti "Dov'è il problema? Chi è che ti pone limiti? Come?". Come vedi, per continuare a collaborare con anarchopedia nella modifica delle voci, per me che ora ho scelto la licenza PDA sarebbe un problema, come lo sarebbe per voi sotto licenza GNU FDL se voleste partecipare ad una mia nuova voce sotto PDA. Con INGRESSO LIBERTARIO ho cercato e cerco ancora di sperimentare il livello di interesse e di partecipazione che potrebbe nascere intorno ad una "eventuale" wiki-PDA, ma temo che la cosa sia talmente impopolare da non dover suscitare mai alcun interesse da parte di chicchessia; questo però non giustifica il fatto che una opportunità del genere non debba esistere. Su anarchopedia francofona, però, c'è già chi ha usato il template [[1]] e il post di Aura Ambar della pagina su cui discutiamo dimostra che, per ora, un certo interesse intorno alla questione c'è.--Altipiani azionanti 16:43, 6 dic 2009 (UTC)

Per me non è un problema lasciare il template PDA ad una voce che hai creato tu e che io edito, mentre per te è un problema lasciare, ad esempio, il template GNU FDL ad una voce che non hai creato tu e che tu editi. Quindi, il problema, se c'è, sta nel fatto che a te non sta bene una situazione in cui vi è libera scelta, una situazione in cui, nel rispetto degli altri, ognuno usa il template che preferisce. E' proprio la differenza che c'è tra anarchia e comunismo. Tu vorresti lo stesso template (il tuo) per tutte le voci.--K2 17:04, 6 dic 2009 (UTC)
Intanto tu non hai ancora editato in una pagina con template PDA, a meno che non consideriamo questa su cui stiamo scrivendo: quando lo farai te ne darò atto. Il problema non è questo, il problema è un altro e di natura ben più complessa. La PDA e la GNU o qualunque altra licenza copyleft o di permesso d'autore, non sono tra loro compatibili per le ovvie ragioni di anticopyright della prima e della difesa del copyright delle seconde. Una esclude l'altra. Si è creato per così dire un conflitto di interessi. La PDA non è il semplice e innocuo Pubblico Dominio, bensì è una precisa scelta di un Pubblico Dominio Antiscadenza e Anti-copyright. In linea di principio una pagina PDA in una wiki basata, per default, su licenza GNU non potrebbe neanche esistere perché in contrasto con la regola del copyright (ovviamente è valido anche il discorso inverso). Quindi, anche se tu hai mostrato tolleranza, domani potrebbe intervenire un qualsiasi altro amministratore wiki-anarchopediano a dire che le pagine PDA non possono "coesistere" con la licenza GNU inquantoché non separate dal progetto e che quindi vanno eliminate (e secondo me non è poi tanto rara la possibilità che ciò accada). Del resto non avrebbe neanche tutti i torti e sono io il primo a riconoscerlo, perché la PDA va a minare le profonde ragioni "privatistiche" della GNU FDL. Come vedi non è una questione di comunismo e neanche di tolleranza: del resto anche tu non accetti che si clonino articoli da wikipedia (che eppure sono rilasciati con la solita licenza GNU) solo perché non rappresentano una visione anarchica della voce e non ti comporti certo da comunista quando inviti a non postare più in questo senso. Io ritengo l'anarchia una cosa viva in continua evoluzione e penso sia giunto il momento di fare un ulteriore passo avanti, nel senso in cui l'ho fatto io. Ti garantisco che non voglio creare nessun contrasto all'interno di anarchopedia perché il discorso che pongo io del dominio pubblico antiscadenza è un discorso generale di "ampio respiro" e tu questo l'hai capito bene dato che sai essere molto preciso e incisivo nelle tue analisi ed affermazioni. Mi dispiace che ora tu debba tacciarmi per stalinista, comunista, sbirro o quant'altro, facendomi apparire per quello che non sono e non è neanche nel tuo stile. Del resto oggi se hai i permessi di anarchopedia (e ho visto che li hai presi proprio tutti, ma hai fatto anche bene, vista la lotta per ottenerli) lo devi in parte anche a me, non dimenticarlo, come non devi dimenticare che io ai permessi vi ho rinunciato: ti sembro per questo uno sbirro o uno stalinista? -:))--Altipiani azionanti 18:14, 6 dic 2009 (UTC)
Secondo me dovresti informarti meglio di ciò che tratti perché non hai detto una sola cosa che corrisponda a verità. 1. Se non ho editato una pagina PDA non è certo perché non voglio, è solo perché non è ancora capitato. 2. Il conflitto di cui parli non esiste, chiunque può prendere una pagina in PDA, editarla e metterla sotto qualsiasi altra licenza, altrimenti non è una forma di PD, ma un tipo di licenza. Ti ho detto tante volte (ma evidentemente ancora non l'hai capito) che chiunque può proprietarizzare i derivati delle opere nel pubblico dominio (e anche quelle nel PDA così come l'hai definito nel template). Vuoi combattere la mercificazione della cultura, ma in realtà col PDA la rendi assolutamente possibile. 3. Una pagina in PDA può esistere anche in una enciclopedia basata su licenza GNU FDL: vedi Wikipedia. Le opere sotto PDA possono tranquillamente essere inserite su Wikipedia. 4. Adesso per attacarmi personalmente arrivi a parlare dei permessi di anarcopedia: trova qualcosa di più concreto, caro Altipiani, perché i due tipi di utenza che ho in più (e che può avere qualsiasi amministratore) non danno poteri in più rispetto agli amministratori ma consentono solo di fare lavoretti tecnici che peraltro si sono resi necessari quando è arrivato Pericle. 5. Non è dall'avere i permessi o meno su anarcopedia che si misura la correttezza di una persona, ma da quello che dice e dal comportamento che ha. Qui quello che fa attacchi ad personam sei tu e solo tu. E con questo ho chiuso, caro Altipiani, perché penso che parlare con te sia davvero tempo perso e fino ad oggi sono stato sin troppo paziente con le tue trollesche bassezze. 6. Adesso, come tuo solito, prenditi l'ultima parola e fai la tua esibizione, la tua bella filippica. Hai i miei applausi.--K2 21:49, 6 dic 2009 (UTC)


PDA e Linguaggio

Visto che, (no)volenti e.. molto dolenti...viviamo in questo stato fascista (ossia che: sono vere e proprie "manganellate"...a sangue), non si può far finta di niente. E, nel "convivere", ci si adegua al linguaggio. Si tratta solo di questo.

Anche se Dio non esiste, per parlare con uno che crede in lui mi devo per forza adattare al suo linguaggio. E' la stessa cosa.

Mo', non è che uno a furia di parlare di Dio, ossia..colui che non c'è, creda che esso appaia e si "crei" veramente.. nella Realtà, no?, se non nella nostra "testa" appunto. Come "concetto"; per "comunicare". E basta.

Stessa cosa vale per i "gatti volanti", le fatine, e..ecc.

E' solo un concetto, per esprimersi.

Stessa cosa, vale anche per la "proprietà" intesa in senso lato.

Ciao compagni! ;-) --Aura ambar 02:24, 6 dic 2009 (UTC)

ps: oh! Approffitto per ringraziarvi di avermi messo come 'na specie di viceAdm aggiunto; solo che ora ho pochissimo tempo per entrare in web. Tuttavia, mi farebbe veramente molto piacere aiutarvi, appena posso. Segnalate magari in alcuna pagina quello che c'è da fare. (template, ecc) Ciao!


Sul commercio della proprietà intellettuale

Però secondo me la proprietà intelelttuale può essere messa in commercio, nel senso che potrei pure decidere di vendere un mio libro. Che male c'è? Il problema c'è se impedisco agli altri di poterne usufruire se non seguono le mie condizioni...Cioè io vendo il mio "prodotto", ma se tu vuoi fotocopiartelo o scannerizzarlo io non te lo impedisco...--Nessuno 09:23, 28 set 2010 (UTC)

Si però così facendo non ti sleghi mai dal contesto economico del profitto che è all'origine della diatriba. Io invece la penso nel seguente questo modo:
1) non è etico o anarchico vendere un prodotto dell'ingegno per ricavarne profitto (per profitto intendo anche da vivere) soprattutto perché ciò presuppone la proprietà intellettuale dell'opera stessa;
2) quindi parto dal principio che tutte le opere devono essere in PDA;
3) poi se si vogliono vendere le opere bisogna poterlo fare "solo" a prezzo di costo, ma a patto che le opere siano già in PDA e che la stampa (o la pubblicazione) venga fatta da case editrici in qualità di "associazioni di volontariato non a fini di lucro".--Altipiani azionanti 09:53, 28 set 2010 (UTC)
La proprietà intesa come possesso non ha nulla di poco etico o non anarchico secondo me. E' poco etico o poco anarchico impedirne la libera circolazione ma non ricavarne da vivere...In ogni caso stiamo parlando di una scoietà futura, una società perfetta o quasi, ma oggi? possiamo chiedere ad un intellettuale di non vivere del suo ingegno? Come può questo intellettuale scrivere e pensare se poi durante tutto il giorno deve magari fare il manovale per vivere? E' poco etico che qualcuno guadagni dai diritti sui libri o sulle canzoni scritte anni prima o cose simili, su questo siamo d'accordo, ma poichè chi coltiva patate vive "lucrando" sulla sua abilità manuali non vedo perchè qualcun altro non possa "lucrare" (nel senso di guadagnarsi da vivere) sulle sue capacità intellettuali. D'altronde mi pare che si tratti di dare un prezzo ad una cosa libera..se è libera sta alle persone scegliere tra l'originale 8che ha un costo) o una copia (che è gratis). Mi pare troppo radicale come concetto, d'altronde quali casi editrici oggi potemmo salvare? Nemmeno le Edizioni Anarchismo credo...--Nessuno 12:31, 28 set 2010 (UTC)
Bisogna un po' chiarire da quale parte si sostiene il ragionamento: supponiamo perciò di fare un ragionamento quanto più possibile all'insegna dei principi anarchici. Ebbene, in questo senso, se ammettiamo che la proprietà materiale sia un furto se e quando fatta a soli fini economici (es. la proprietà di una casa finalizzata alla vendita e al puro profitto) mentre non rappresenta più un furto bensì una necessità vitale se "posseduta" a fini abitativi dato che i fini speculativi si estinguono in quanto la casa non si vende, per la proprietà immateriale o intellettuale dir si voglia, secondo me, vale lo stesso principio. Non è lecito, cioé, possedere la proprietà intellettuale di un'opera per ricavarne solo profitto mentre è lecito, anzi auspicabile produrre e diffondere l'opera quando ciò sia fatto non a fini di lucro sia per chi l'opera la pubblicizza (la società editrice senza fini di lucro) che per l'autore che la redige. Io credo che da anarchici dovremmo essere un po' tutti d'accordo su questi principi. Quindi è il fine speculativo di "lucro" che si vuole combattere ed evitare e che poi di fatto, da una ricerca svolta da JOOST SMIERS, si è visto che coinvolge solo in minima parte l'autore ai quali va, mediamente, solo il 10% circa del ricavato, mentre il 90% va a beneficio delle case editrici e a chi investe, ma questo beneficio del 90% lo possono fare "solo" se si accaparrano la temporanea proprietà intellettuale dell'opera. Ecco il punto. E la proprietà intellettuale si chiama copyright ed è tanto quella delle Licenze che quella del full-copyright. Facendo la differenza tra l'originale per il possesso del quale si ha un costo da sostenere e la copia che può essere gratis, non si fa altro che avvalorare il concetto di proprietà dell'originale, le leggi che lo tutelano e il commercio (speculativo) che si crea intorno, facendo diventare la copia gratis quel sottoprodotto scaduto, quel surrogato, degno solo dei poveracci. L'opera non deve essere l'originale (di serie A) o la sua copia gratis (scadente di serie B): l'opera deve essere sempre "autentica" sia da quando la si produce a quando la si distribuisce o la si pubblicizza e per far questo bisogna abolire la proprietà intellettuale. Che questo nella nostra società, ora come ora, non lo si possa fare, ebbhé quello è scontato e non è certo un caso che oggi il potere politico sia in mano a chi detiene l'editoria, però che noi da anarchici possiamo opporci a tale sistema lucrativo dicendo le cose come stanno e almeno nel nostro piccolo "cominciando ad agire" diversamente, non vedo perché non dovremmo farlo, soprattutto potendolo fare (la rinuncia ai diritti d'autore non è illegale ed apre, a mio modesto avviso, tutte queste nuove opportunità). Che poi uno voglia ostinarsi a fare il mestiere dell'intellettuale - che oggi, tra l'altro, nonostante il solo 10% degli introiti rende molto bene - questa è solo una sua libera scelta, ma per me, una tale tizio, non potrà mai dirsi anarchico o pretendere addirittura di vendermi il suo ultimo libro sull'anarchia...--Altipiani azionanti 13:56, 28 set 2010 (UTC)
La tua idea è legittima ma troppo radicale: De André avrebbe avuto un comportamento poco etico secondo questi principi. Mi pare un pò esagerato...Non capisco perchè uno possa guadagnarsi da vivere vendendo il pane e non possa farlo vendendo libri (se non mangio muoio, se non leggo no..mi pare meno etico vendere pane..anche se ovviamente non voglio mica criminalizzare i panettieri..:):)..). Dal momento che io vendo un libro e non impedisco a nessuno di farne quello che vuole, o addirittura lo metto a disposizione di tutti su internet, non capisco che male ci sia nel venderlo. Non si tratta di copie di serie a e copie di serie b, perchè in un testo ciò che conta è il contenuto e non la forma, giacchè se leggo un libro fotocopiato o un libro originale le notizie contenute non cambiano. Si tratterebbe di scegliere: vuoi una copia o vuoi l'originale? Se vuoi l'originale paghi un prezzo ragionevole, altrimenti prendi una copia gratis..che male c'è? E poi quanti bravi pensatori rischieremmo di perdere costringendoli a fare lavori per cui non sono portati, visto che non potrebbero mantenersi sfruttando il loro talento intellettuale?--Nessuno 08:51, 29 set 2010 (UTC)
Io ragiono basandomi semplicemente su una logica di "sostenibilità" (ecologica, etica, politica, ecc...). E' anche vero che l'anarchia è un'isola nella società, ma bisogna cominciare a ragionare come se noi abitassimo e facessimo già parte di quell'isola e di quel luogo, dove vigono i principi dell'economia sostenibile, partecipativa fondata sull'impegno comunitario e dove non serve a nulla svolgere un'attività lavorativa per guadagnare i soldi per vivere perché questa idea a livello economico (per tutte le ragioni che ben sappiamo) non è sostenibile, mentre è più sostenibile un'idea federalista di comunità (vedi ecovillaggi) che si organizza in maniera adeguata per far fronte, volta per volta, ai bisogni collettivi. In questa logica si privilegiano i servizi creati dalla cooperazione comunitaria e si bandisce il superfluo, l'inutile e tutte quelle infrastrutture che porterebbero a tali degenerazioni, come il lavoro finalizzato al denaro senza curarsi del resto. In questo tipo di società (anarchica) il discorso della stampa del libro a pagamento e di quello gratis non ha più alcun senso, come anche quello della vendita del pane, perché nessuno rischierebbe di morire di fame...e se pensarla in questo modo significa essere radicali, ebbene lo sono e preferisco esserlo. Bisogna cioé cominciare a distinguere la differenza che passa tra l'avere idee anarchiche e professarle (come De André) e il vivere da anarchici (come per esempio i tanti anonimi che vivono all'insegna della sostenibilità degli ecovillaggi)--Altipiani azionanti 09:54, 29 set 2010 (UTC)
Quando i fatti riguardano De André, che tra l'altro non si è mai dichiarato anarchico (era più un simpatizzante), punta il dito sull'incoerenza, quando i fatti riguardano lui, che si dichiara anarchico, vuole il PDA ma si compra il Mac e non distingue tra software liberi e proprietari, allora il dito lo punta su te che glielo fai notare e sdrammatizza dicendo che di incoerenze a questo mondo ce ne sono tante... "Bisogna cioé cominciare a distinguere la differenza che passa tra l'avere idee anarchiche e professarle e il vivere da anarchici"... eh, cominciasse lui faremmo già un passetto avanti. :-) --K2 10:43, 29 set 2010 (UTC)
La radicalità sta nel fatto che non lasci margini e chi non condivide queste idee, che sono legittime ma non possono essere in qualche modo imposte. Eticamente, che si sia anarchici o meno, secondo me uno è a posto dal momento che non pone il copyright sulle sue opere. Io scrivo un libro, gli attribuisco un prezzo e poi do la possibilità ad ognuno di fare quello che vuole: comprarlo, fotocopiarlo, scannerizzarlo, prenderne stralci per scrivere altre opere, ecc.

In questo sistema non si può non vivere qualche incongruenza: es. gli abitanti degli ecovillaggi tendono per esempio ad isolarsi dal resto del mondo, che lo vogliono o meno, e tendono quindi a staccarsi dal mondo degli sfruttati e degli oppressi. Abbiamo visto che tutte le comunità anarchiche molto spesso falliscono (es. la cecilia di Giovanni Rossi), talvolta anche senza lasciare nessuna eredità ai posteri. Io non sminuierei l'opera propagndistica di De Andrè, d'altronde Stirner non ha solo scritto libri? Ognuno ha il suo talento e non si può chiedere a De André di non vivere della sua musica o a Foucault di guadagnarsi il pane andando a zappare e rinunciare di fatto allo studio e alla scrittura (d'altronde cafiero, marx, kropotkin, malatesta erano tutti benestanti abbastanza da poter pensare, scrivere e agire senza avere la costrizione di dover andare a lavorare.)...--Nessuno 12:53, 29 set 2010 (UTC)

Sono d'accordo sul tuo concetto di radicalità e quindi su tante cose gli anarchici "devono" essere radicali, altrimenti è meglio che cambino dottrina politica. Per me la radicalità è anche quella che si subisce e sta anche nel fatto che non esiste più "gratuità" in qualunque cosa uno faccia e per qualunque attività uno voglia svolgere si è costretti a vederla sempre nell'ottica di un "investimento" o quanto meno di un lavoro da cui trarne un reddito integrativo perché qualunque attività possa sottostare alla società dei consumi capitalistica. Forse non sarà stato il caso della Cecilia, ma molte comunità anarchiche sono state letteralmente distrutte dai rispettivi governi statali perché assolutamente non tollerate. Poi, sulla questione della libertà di poter vendere e fotocopiare un libro col limitato copyright del permesso d'autore, non ne sono affatto convinto ed è cosa ancora tutta da dimostrare. Il permesso d'autore oggi funziona bene su internet perché di fatto chi lo applica non sta vendendo nulla e non ha mai venduto nulla (e questo l'ho spiegato bene sul mio articolo "Anarchia fai da te"), ma per poter stampare e vendere un libro credo che le case editrici pretendano ancora (o quanto meno preferiscano) possedere i diritti riservati del full-copyright...a meno che tu non ti sia fatto una talmente grande pubblicità su internet con l'adozione di una Licenza di permesso d'autore tale da garantirgli una mole di vendita e tutto sommato ti stampano il libro dato che risparmiano anche sui successivi costi di pubblicità da sostenere, ma gli autori noti si guardano bene dall'applicare il permesso d'autore (almeno credo...). Quindi è ancora tutto un fatto da verificare se hai la libertà di vendere o no col permesso d'autore, per cui potrebbe essere anche solo quell'ennesima favola, quella ennesima operazione di marketing (non a caso viene dagli USA) per rilanciare il mercato tradizionale (in crisi) della carta stampata, illudendo i tanti aspiranti emergenti e garantendo i soliti pochi già noti.--Altipiani azionanti 13:50, 29 set 2010 (UTC)